LETTERA AI CRISTIANI DEL XXI
SECOLO
" DALLA GENESI ALL'APOCALISSE
"
Sintesi essenziale della
storia e dell'antistoria cristocentrica della salvezza
di Virgilio Fichera
«Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture….» (Lc
24,47).
CAPITOLO 1
INTRODUZIONE ALLA
TEOLOGIA DELLA CONOSCENZA:
a) Come il vero Dio
prova evidentemente di essere Dio: Che cos’è il miracolo?
> Premessa.
Tutta la teologia cristiana
parte dal presupposto che Gesù Cristo è l'unico e vero Dio che si è fatto
uomo ed ha rivelato all'uomo tutto ciò che si può sapere di Dio e del suo
rapporto religioso con Lui.
Ed il presupposto di partenza è vero.
Ma perché tale presupposto
sia vero la teologia cristiana moderna e postmoderna però non lo dice, in
quanto lo dà per scontato, cadendo così in una petizione di principio.
Afferma
infatti di credere per fede che Gesù Cristo oltre che
vero uomo è anche vero Dio,
Ma
la fede non è una categoria obiettiva della conoscenza tant’è
che le altre religioni credono per fede in un Dio o in déi diversi da quello
cristiano, anche se si sostiene che la fede cristiana è una virtù
“teologale” infusa dal vero Dio nell’intelletto umano.
Affermazione quest’ultima
che è anche vera, se si mostra però che è vero il presupposto.
Resta dunque
da mostrare perché il Dio dei cristiani è il vero Dio, e non lo è invece
quello delle altre religioni, che tale è creduto solo per fede.
Rispondere
oggi a questa domanda - la cui risposta era ben conosciuta dai primi
apostoli di Cristo e da quelli che dai primi erano discesi fino ad un certo
tempo - è di fondamentale importanza per la religione cristiana anche
perché essa non è una religione autoctona. Una religione cioè che
rimane negli ambiti nazionali ove essa è sorta come ad esempio l’induismo -
ma è una religione a proselitismo "cattolico", ossia a diffusione
planetaria, volta cioè a convertire a sé tutti i popoli e le nazioni del
mondo abitato (="ecumene” o, come oggi si dice, a diffusione
globale).
Pretesa
quest'ultima che risulterebbe incomprensibile – e quindi ingiustificata - se
non si riuscisse a mostrare con evidenza di fatto, e cioè in modo
valido verso tutti, che realmente Gesù Cristo è
il vero Dio.
Ma, ovviamente, prima, devono i cristiani essere
convinti di questo, perché se non lo sanno loro come potranno sperare di
convincere gli altri ad accogliere Cristo?!
Noi non ci soffermeremo qui sulle varie dimostrazioni più o
meno filosofiche circa l'esistenza di Dio
perché intendiamo mostrare che è Dio – ovviamente il vero Dio – il solo che
può dimostrare di essere realmente tale, nel senso che è il vero Dio l’unico
che può dimostrare Se stesso a noi e non noi a dimostrare Lui a noi stessi.
Scrive Madeleine Delbrel: «Quando di uno si dice: «E’
qualcuno!», ci si capisce subito. Diciamo allora che Dio è «Qualcuno»,
perché questa è la migliore traduzione dell’ “io credo in Dio”. Questo dice
un po' qualcosa di Dio, mentre tutte le altre parole che vogliono "dare
un'idea di Dio" parlano in effetti di un Dio come di una idea, non vivente,
non attiva, non effettuale». In altri termini
non parlano di Dio come di «Qualcuno» ma come di qualcosa.
Nella storia della Salvezza
la presenza di Qualcuno che opera con una potenza onnipotente - e per
questo viene chiamato Dio - risulta chiaramente fin dal primo versetto della
Genesi, in quanto è scritto che “questo Qualcuno” possiede la
capacità di creare. E cioè: la capacità di
fare dal nulla la realtà dell’esistenza in
cui consiste l’onnipotenza. (creare infatti questo vuol dire:
“fare dal nulla”)
Al versetto
1 del capitolo 1 della Genesi è scritto infatti: “In principio Dio
creò - ossia fece dal nulla - il cielo e la terra” (Gn 1,1), che
prima erano inesistenti.
Questi fatti
eccezionali, stupefacenti di creazione, che manifestano a tutti visibilmente
la presenza invisibile del vero Dio sono chiamati "miracoli".
Etimologicamente la parola "miracolo" viene dal latino "miraculum" =
"fatto meraviglioso" da “mirari” = “meravigliarsi” = “guardare con
ammirazione”.
Il miracolo
– ossia l’esistenza e la presenza nella Storia del vero Dio – contrassegna
tutta la Storia dalla Salvezza, dall’inizio (Genesi) alla fine (Apocalisse).
Va però a questo punto fin
da qua tenuto presente che satana (chi è satana e come
maleficamente opera lo vedremo in seguito) ha cercato sempre di
nascondere e comunque di banalizzare il significato suddetto
di "miracolo", per cui, essendoci in parte riuscito, è indispensabile
ripristinarne il vero significato di esso..
Scrive in
proposito Adrianus de Groot con riguardo ai tempi attuali:
«Con una certa spensierata
facilità noi abbiamo continuamente sulle labbra il termine "miracolo".
Ogni giorno parliamo di
"miracoli della scienza, della tecnica" (così come usiamo
l’intercalare dialettico “Dio mio – Oh, mio Dio”!) ed
esprimiamo con questa parola la nostra ammirazione davanti alle umane
possibilità che solo poco tempo addietro sembravano impossibili.
Chiamiamo perciò,
erroneamente, miracolo una possibilità che ci libera da una necessità in
maniera del tutto improvvisa, oppure la realizzazione di un desiderio di
fronte al quale ci trovavamo impotenti», come ad esempio la scoperta della
cura di una malattia prima incurabile (“miracolo della medicina”) etc…etc…(….).
Ma non è
certamente questo il vero significato di "miracolo": questa è semmai a
copertura culturale (= comunemente ma erroneamente generalizzata) del suo
vero significato.
Cosa questa che risulta
chiaramente quando ci capita di sentir parlare realmente
di un miracolo, perché allora risulta evidente che esso non ha niente a che
vedere con le forze umane, né con la scienza di questo mondo, né con le sue
leggi, né con i suoi principi e nemmeno con i suoi eventuali futuri e più o
meno prevedibili progressi…Ci accorgiamo allora – se non vogliamo peccare di
superficialità - che il vero significato di “miracolo” è quello di
“fatto contrario alle leggi di questo mondo e prodotto per potenza
sovrannaturale, e cioè, per onnipotenza”, ossia: da Dio.
Il vero miracolo ha perciò
sempre a che fare col vero Dio.
E’
perciò auspicabile il recupero del vero significato della
parola “miracolo": essendo che questa conoscenza è strettamente
connessa con quella fondamentale ed obbiettiva - valida cioè verso tutti
- circa l’esistenza e la presenza nella Storia del vero Dio,
ossia dell’unico Autore possibile del miracolo
di fronte ai tanti che vengono ritenuti tali semplicemente per fede.
Nella Storia della Salvezza la presenza di
«Qualcuno»
che dimostra di essere onnipotente - e cioè Dio – è rivelata direttamente
anche da Gesù Cristo quando dice che “ a Dio
tutto è possibile”
(Mt 19,26).
I miracoli in senso proprio sono dunque dei
fatti reali che prima di esistere non esistevano, o fatti reali
che prima esistevano e poi non sono più esistiti. Essi sono
obbiettivamente conoscibili da tutti anche da un bambino.
Il miracolo di annientamento di una realtà
già esistente si riferisce, ad esempio, a handicap congeniti che
spariscono senza lasciare tracce (la mano inaridita), mentre nei Vangeli
sono descritti anche miracoli che sono insieme di annientamento e di nuova
creazione (=fare dal nulla), come di chi, ad es., viene guarito
istantaneamente da una lebbra che ha ormai devastato parti del corpo (la
lebbra viene annientata, ma vengono contestualmente rifatte dal nulla le
parti del corpo devastate).
Un miracolo di annientamento e, insieme, di
nuova creazione riguarda anche quello, cosi chiamato, della trasformazione
dell’acqua in vino alle nozze di Cana (Gv 2,1-10). In effetti Gesù
ha annientato l’acqua di alcuni recipienti che ne erano pieni fino all’orlo
e realizzato dal nulla del vino, sostituendo con esso l’acqua
precedentemente contenuta in essi. Poteva ovviamente far esistere dal nulla
il vino riempiendo di esso i recipienti vuoti, ma per non abbagliare troppo,
come in altri casi, ha preferito procedere per gradi.
Si tratta comunque – si insiste - di fatti
reali, di realtà dell’esistenza – non di apparenze, miraggi od
illusioni individuali e\o collettive, ma di realtà fatte dal nulla o
di realtà che vengono riportate al nulla.
Quando - per fare un esempio - Gesù Cristo
riporta nel nulla dell’inesistenza l’acqua contenuta fino
all’orlo in alcuni recipienti e fa sorgere dal nulla il vino che
sostituisce l’acqua di detti recipienti, si deve allora in verità
affermare che realmente l’acqua di prima non è più esistita
e realmente il vino fatto dal nulla è esistito, tant’è che realmente
fu bevuto con gran soddisfazione dai commensali e lodato per la sua speciale
qualità anche dal maestro di tavola (Gv 2,1-11).
Quando – per fare un altro esempio – Gesù
Cristo fa sorgere dal nulla migliaia di pani e di pesci pronti ad
essere mangiati, non è che si tratta di un miraggio collettivo che
sparisce senza saziare e senza lasciare traccia, ma si tratta
realmente di veri e propri pesci e di veri e propri pani che
hanno saziato una folla di più di cinquemila uomini senza contare le donne
ed i bambini e di cui sono state raccolte e portate via in apposite ceste
abbondanti avanzi (Mt 16,9-10).
Se si sa che cosa sono i miracoli, allora
bisogna riconoscere che solo il vero Dio può farli, per cui solo dai
miracoli Lo si può in modo certo riconoscerlo.
Il
miracolo contravviene al principio della Scienza umana di questa dimensione
d’esistenza del mondo secondo cui “in natura
nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”.
Ecco perché tali fatti miracolosi, che venivano chiamati
“Taumaturgie”
(parola questa che deriva dal greco col significato originario di “fatto
miracoloso”, stupefacente, per cui taumaturgo vuol dire: “operatore di
miracoli”: parola caduta ormai in disuso e svuotata da tutto il suo
significato sovrannaturale, al punto tale da significare banalmente:
“guaritore”), costituiscono delle
“Teofanie”,
ovvero manifestazioni proprie del vero Dio in quanto possono essere compiute
solo dal vero Dio e
dagli uomini a cui il vero Dio – nel Suo Nome - le vuole far compiere per il
Bene dell’umanità, se costoro hanno fede nel fare sulla terra la Sua volontà.
Costoro sono i Suoi veri
profeti o santi in questo mondo, i Suoi rappresentanti o inviati, ministri o
apostoli….
I miracoli d’Amore (Amore di Carità) sono il biglietto da
visita del vero Dio, la Sua carta di
identità perché solo il vero Dio
li può fare e far fare in quanto atti di onnipotenza per mezzo dei quali Dio
si manifesta agli uomini: l’unico mezzo con il
quale il vero Dio attesta in questo mondo
in modo inequivoco
di
essere il vero Dio in un modo comprensibile ed adatto all’intelligenza di
chiunque, anche di un bambino.
I miracoli infatti sono
“dei segni certissimi (=evidenti) della divina Rivelazione
adatti all’intelligenza di tutti» (Conc. Vat. I, sess. III, c. 5)
e quindi conoscibili da tutti - anche da un bambino –e
NON per fede ma per scienza.
Tutti quindi - grandi e bambini, eruditi ed
ignoranti, teologi e catechisti, ebrei e musulmani, buddisti ed induisti… -
possono riconoscere dai miracoli CHI è il vero Dio, allo stesso modo
di come tutti possono conoscere i fatti della storia realmente accaduti e
che accadono in questo mondo.
> Miracolo e fede: col
miracolo si conosce chi è il vero Dio, con la corrispondenza al dono della
fede si fa la Sua Volontà.
Nell’ambito della conoscenza
del vero Dio, la fede - paradossalmente tanto
enfatizzata in questi tempi di scarsa religiosità cristiana – quando non di
pratico ateismo - tra gli stessi popoli "cristiani" -
non c'entra perciò per nulla proprio perché il vero Dio si fa
conoscere NON per fede ma con l’evidenza di fatto propria dei miracoli che
costituiscono perciò il Suo inconfondibile connotato saliente.
La fede infatti, di cui
parleremo più in particolare - contrariamente a quanto ancora comunemente si
pensa anche in ambito cattolico, liturgico e teologico - riguarda una realtà
diversa che non è quella della conoscenza del vero Dio, che si conosce
con evidenza di fatto, ma è quella del fare la Volontà di Dio,
dopo aver prima saputo però certamente – ossia mediante il
miracolo - CHI è il vero Dio, che dunque fornisce la prova di esserlo
realmente.
Ricordiamo che anche
Giovanni Battista, colui cioè che indicò l’uomo-Dio presente nel mondo,
ebbene - anche lui! - ebbe bisogno di conferme teofaniche
(=miracoli) per eliminare ogni dubbio circa l’identità del Messia. Egli
infatti inviò dal carcere suoi emissari per chiedere personalmente a
Gesù se «era Lui Quello che doveva venire o dovevano
aspettarne un Altro». E Gesù rispose:
«Andate e riferite a Giovanni ciò
che voi udite e vedete (ossia la grandiosità
divina dei miracoli d’amore che Gesù andava compiendo): i ciechi
recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi
riacquistano l'udito, e morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona
novella, ed è beato colui che non si scandalizza di me.» (cfr.:Mt
11,2-6; Lc 11,1-6).
Per miracolo – ossia per aver fatto il mondo
dal nulla – riconosciamo CHI è Dio, e per questo Lo chiamiamo “Creatore”,
che Vuol dire: “Colui che ha fatto dal nulla i quattro regni d’esistenza
dell’Universo: il regno minerale, quello vegetale, quello animale e quello
umano che in sé sublimandoli tutti li ricapitola (cfr.: Gn cap.1 e 2).
Il miracolo per creazione può
perciò essere inedito, se Dio crea - ossia fa dal nulla - una
realtà dell’esistenza del tutto nuova come è avvenuto per la
Creazione primigenia dell’Universo, di cui sopra. Essa infatti NON esisteva
in nessuno dei suoi 4 regni o generi di esistenza ed in nessuna delle sue
parti prima che la Trinità l’avesse fatta tutta dal nulla = l’avesse cioè
creata.
Ma il miracolo per creazione può essere
ANCHE già edito: riguardare cioè realtà già esistenti e conosciute di
questo mondo, se Dio fa dal nulla (=crea) realtà già create, che,
cioè esistevano di già.
Sia però per il miracolo inedito
della Creazione del mondo ricapitolato dall’essere umano in Adamo ed Eva,
sia per quello NON inedito operato da Gesù – per
esempio – con la nuova creazione dei pani e dei pesci che già esistono in
natura (cfr.: Lc 9,13 e ss.) occorre comunque la stessa divina
onnipotenza, ossia l’onnipotenza sovrannaturale che solo
l’unico vero Dio possiede può dispensare a chi vuole (a profeti,
patriarchi, santi…).
Ora Gesù Cristo – come mostreremo
ancora ad abundantiam – dimostra di avere proprio questo potere di
onnipotenza - altrimenti detto sovrannaturale – quello cioè di generare dal
nulla e di revocare nel nulla la realtà dell’esistenza.
Egli ha cioè lo stesso uguale potere
onnipotente e sovrannaturale del vero Dio che ha creato l’Universo in quanto
può fare e rifare miracolosamente dal nulla oppure annientare
miracolosamente nel nulla la Realtà dell’esistenza,
(stabilendo le sue leggi e modificandole anche
all’occorrenza) sia essa quella megagalattica dell’universo culminante
nel primo uomo e nella prima donna, di cui in Genasi cap. 1-1-31, sia quella
minima – ad esempio - di alcune giare piene fino all’orlo di acqua
miracolosamente annientata (eliminata dalla realtà: “sparita”)
e sostituita con dell’ottimo buon vino miracolosamente fatto
realmente esistere dal nulla.
Prima dell’Avvento di Cristo
il vero Dio provava con
l'onnipotenza d'amore dei suoi miracoli che faceva fare ai
Suoi profeti (es.: Elia, compie – con l’onnipotenza del vero
Dio - la prima resurrezione dai morti riferita dalla Scrittura: 1Re17,17-24)
o faceva Egli stesso (es.: roveto che brucia realmente
senza consumarsi di fronte a Mosè (Es 3,1-15))
la verità delle Sue Rivelazioni per dar all'uomo la certezza
che era quella la Volontà di Dio da fare perché era quella di Colui che, con
la sua miracolosa onnipotenza, dimostrava di essere tale.
Dopo l’avvento di Cristo,
è addirittura Dio stesso
nella Persona del Figlio che si è fatto uomo che dimostra con
i miracoli di essere Lui il vero Dio, Colui cioè che possiede la stessa
onnipotenza d'amore del Creatore, e quindi, come vedremo, del Redentore e
Salvatore del mondo.
Dunque Gesù Cristo è il vero Dio,
Creatore dell’Universo e di ogni essere umano insieme al Padre e allo
Spirito, perché così, e cioè come Dio Uno ma in Sé
Trino (Mt 28,19), Egli si è auto-rivelato, quando ad esempio,
parlando con la Samaritana al pozzo di Giacobbe, ebbe a dirle, che la
salvezza viene si dai Giudei (Vecchio Testamento) “ma è giunto
(con Lui) il momento”clou” in cui i veri adoratori
adoreranno Dio-Padre – cioè Suo Padre naturale – in Spirito
Santo (Dio) e Verità”- Verità che è quella “tutta intera”, vale a dire
“assoluta”, che Egli – quale Figlio naturale di Dio - è venuto
definitivamente a portare sulla terra in Se stesso: “Io sono (…)
“LA” Verità (v.: Gv 14,6 in relazione anche a: 16,13-15) e
che lo Spirito Santo effuso a Pentecoste farà conoscere al mondo intero
prima della Sua venuta finale (Gv 16,7-11).
Si tratta della Verità non solo
assoluta ma ultima e definitiva che riguarda il vero Dio, Creatore e
Signore dell’Universo, che tale si auto-rivela (Gv
3,31-36+14,6…etc) e tale dimostra miracolosamente di essere (Gv
10,37-38).
Un’altra Rivelazione diretta sulla Trinità,
fatta da Gesù è quella contenuta in Gv 15,1-8, laddove si parla del
Vignaiolo (=il Padre) che pota i tralci (= i discepoli del Figlio) della
Vite (=il Figlio) affinché la linfa (Lo Spirito Santo) trasmessa ad essi (=
ai discepoli di Cristo) dalla Vite faccia sì che diano più frutto, perché
altrimenti se i tralci non vengono potati dal Padre e non rimangano
attaccati a Cristo che (mediante Maria) dà loro Spirito Santo (la Vita di
Dio) si seccano e vengono buttati nel fuoco
L’Evangelista Giovanni – che ha visto la bontà
di Gesù all’opera con i Suoi miracoli d’Amore che
rendevano felici gli infelici, facendo dal nulla ciò che non era
(es.: far vedere un cieco nato: Gv 9,1-41) oppure annientando nel
nulla ciò che era (es: il male delle devastazioni corporee prodotte
in modo irreversibile dalla lebbra: Lc 17,15-19) - è
perfettamente consapevole di questa onnipotenza divina di Gesù Cristo,
tanto è vero che identifica Gesù Cristo con la Parola
onnipotente di Dio, ovvero con Il Figlio unigenito di Dio(Padre) - Dio Egli
stesso insieme al Padre (Gv 1,1-2) - che si è fatto uomo
(Gv 1,14).
Lo identifica cioè con il Creatore di
tutto ciò che esiste, con Colui che – prima di farsi uomo – aveva
già col Padre e lo Spirito (cfr.: Gn 1,1-2) fatto il mondo dal
nulla: il primo mondo Uni-verso, quello della Genesi culminante nel
Paradiso terrestre di Adamo ed Eva (cfr.:Gv 1,3 in relaz. a Gn
1,1-31).
Quindi, ha pienamente ragione l'evangelista
Giovanni quando afferma che il Gesù dei Miracoli d’amore,
venuto in questo mondo nella carne per portare a compimento con la Sua
passione, morte e resurrezione, la redenzione salvifica dell’umanità e
dell’intero Cosmo, è lo stesso Dio che insieme al Padre e allo
Spirito Santo ha fatto il mondo dal nulla.
Si badi bene a questo punto che l’onnipotenza
che qualifica l’Azione del Vero Dio, la Sua Capacità cioè di fare dal nulla
la realtà anche se costituita dall’Universo intero, è comunemente
attribuita a Dio, sia dagli Ebrei che dai Musulmani, per cui, se Gesù Cristo
dimostra d’avere – come stiamo mostrando - tale onnipotenza non si vede come
NON si possa accettare – da parte di queste religioni - la verità - per
dimostrata realtà - della Sua Divinità.
A parte il gran miracolo della creazione
genesiaca originale del mondo prima di questo mondo (Gn capitoli 1 e
2) che fu inedita, i miracoli di cui parleremo e che Gesù compie in questo
mondo riguardano tutti realtà - già edite - concernenti cioè la dimensione
di esistenza di questo mondo, che si presenta (come abbiamo dovuto
accennare) ridimensionata rispetto a quella primigenia del mondo originale,
di cui ai due capitoli appena citati del Libro della Genesi.
Numerosi sono i fatti miracolosi (fatti che sono
per definizione percepibili) NON inediti di creazione o di
annientamento, descritti nelle Scritture, di cui moltissimi nel nuovo
Testamento.
Essi riguardano:
1) la natura fisica: le nozze di
Kana (sparisce l’acqua e compare il vino), la tempesta sedata di colpo, la
già detta moltiplicazione dei pani e dei pesci, l’annientamento provvisorio
della legge di gravità con Gesù e Pietro che camminano sulle acque o di Gesù
che sparisce alla vista dei Suoi persecutori ogni qualvolta i suoi
persecutori vogliono ucciderlo prima che sia giunta la Sua ora…
2) l’essere umano: ripristino
immediato a completa sanità di un corpo devastato dalla lebbra;
ripristino immediato della funzionalità muscolare e scheletrica di
paralitici ed handicappati congeniti, di persone affette da malattie
incurabili o che trovansi sulla soglia della morte, ripristino della vista a
ciechi nati e dell’udito e della parola a sordomuti, guarigioni istantanee
da grandi traumatismi, resurrezione dai morti, ossia richiamo dell’anima
distaccata dal suo corpo ormai cadavere nel suo proprio corpo, che,
addirittura, come quello di Lazzaro, viene rifatto dal nulla perchè giunto
in avanzato stato di putrefazione…
3) l’esorcismo, ossia lo
spossessamento dal corpo umano dell’essere diabolico - ossia di un ex angelo
caduto, in possesso di poteri preternaturali (superiori
a quelli naturali dell’uomo vivente in questa dimensione d’esistenza, ma non
a quelli sovrannaturali di Dio) - è anch’essa opera visibile
che fa parte dell’onnipotenza sovrannaturale invisibile di Dio.
A proposito del Sacramento dell’annientamento dei peccati
commessi e perdonati - uno dei più importanti per l’uomo dopo l’Eucarestia
(miracolo
specificamente proprio di Dio, che Dio però – come tutti i miracoli – può
delegare agli uomini)
– va detto che nel noto episodio evangelico
degli amici del paralitico,
Gesù Cristo AVALLA – mediante un miracolo
visibile - di possedere il poter divino invisibile di annientare i peccati,
che solo Dio può possedere e solo Lui delegare ai Suoi Profeti e Santi.
L’episodio evangelico è quello del paralitico e dei suoi
amici. Non potendo costoro presentare a Gesù - per via della folla che Lo
circondava all’interno di una casa - il loro amico che trasportavano su di
una barella, alzano l’ingegno e lo calano, con tutto il suo lettuccio, dal
tetto della casa stessa (probabilmente quella di Pietro a Cafarnao) ove Gesù
si trovava ad insegnare la Parola di Dio
assieme ai suoi discepoli ed a molte persone della città, tra cui alcuni
“scribi”, che erano i teologi - o presunti tali - del vecchio Testamento.
Pienamente consapevole delle sue possibilità miracolose, Gesù
- apparentemente in modo molto strano, invece
di guarire subito il paralitico con un miracolo visibile,
gli si rivolge dicendo:
«Figliuolo,
ti
sono rimessi i tuoi peccati».
«Costui bestemmia»,
pensarono subito gli scribi presenti al fatto, perché i peccati li può
rimettere soltanto Dio
(ed
è verissimo: perché il peccato separa infinitamente, ovvero in modo
incolmabile, l'uomo da Dio, e quindi, solo Dio lo può annientare, riunendo
l’uomo finito a Lui che è infinito).
Ma Gesù Cristo che
aveva letto nei loro cuori (altro miracolo che solo Dio può fare!), li sfida
a cogliere la verità emergente dai fatti, dimostrando loro con un miracolo
strepitoso ed evidente, che solo Dio può fare o far fare, di avere comunque
il potere divino di rimettere i peccati. Egli infatti con la Sua Parola
guarì all'istante il paralitico, dopo aver detto agli scribi - che chiusi
avevano gli occhi e con gli occhi chiusi continuarono a restare, malgrado
l'evidenza del miracolo:
«Perché pensate così nei vostri cuori? Che
cosa è più facile: dire al paralitico: -Ti sono rimessi i peccati, o dire: -
Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina?
(ovviamente se si tratta di menzogna è più facile dire : -Ti sono rimessi i
tuoi peccati” e basta). Ora
– prosegue Gesù - perché sappiate che il Figlio
dell'uomo
(che, come mostreremo, è anche il Figlio naturale di Dio)
ha
(egualmente a Dio)
Il potere sulla terra di rimettere peccati, ti
ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio, e va' a casa
tua. Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di
tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: -Non abbiamo mai
visto nulla di simile!»
(Mc
2,1-12).
Dunque il miracolo spirituale
(detto
così impropriamente perché umanamente non percepibile)
del perdono dei peccati del paralitico che solo Dio può fare e far fare -
miracolo importantissimo in quanto consente la ripresa dei rapporti
dell’anima con Dio mediante la riduzione al nulla del fatto-peccato commesso
che li aveva interrotti –– si è effettivamente
verificato in quanto avallato dal miracolo visibile – che solo Dio può fare
(e far fare) – della guarigione istantanea di un paralitico, costretto ormai
a vivere a letto.
Ma Gesù Cristo con i Suoi miracoli visibili che
solo Dio può fare ma anche far fare, è Dio in Persona,
oppure un grande profeta di Dio a cui Dio - come è quasi sempre capitato
per il passato - fa fare i miracoli che solo Lui può fare e far fare?
Da
quello che risulta dai Vangeli, Gesù Cristo dimostra di essere Dio in
Persona, perché non solo fa, ma anche fa
fare, dona gratuitamente (=Grazia) cioè ai suoi profeti e santi il potere
sovrannaturale di fare i miracoli.
(Lc 9,1-6,,.etc).
Quando
infatti i Giudei vogliono lapidarlo perché - gli dicono -
«Tu, che sei uomo, ti fai Dio»
(Gv 10,33), Egli si appella alle Sue opere miracolose che sono opere uguali
a quelle che solo Dio - che Egli chiama Suo Padre - può fare e far fare (Gv
10,36-38), così come Egli non solo fa ma
fa pure fare dimostrando così di essere Dio
senza potersi confondere con un profeta di Dio.
Ciò risulta evidentemente dal fatto che
Egli non solo fa ma fa pure fare ai Suoi discepoli - su Suo mandato -
le stesse Sue opere miracolose
(Mt 10,5-8..etc.).
Abbiamo già detto che in una delle volte in cui
i farisei avevano preso le pietre per lapidarlo, Gesù chiede loro di sapere
per quale opera buona lo volessero lapidare. I Giudei risposero che non Lo
lapidavano per un'opera buona ma perché Lui, pur essendo uomo, si
faceva Dio.
E la risposta sarebbe stata congrua se
l’uomo-Dio non avesse fatto e fatto fare sotto i loro occhi miracoli
grandiosi che solo Dio poteva fare. Infatti Gesù disse loro che anche
se non volevano credere a Lui, avrebbero dovuto almeno credere alle Sue
opere (divinamente miracolose),
perché sapessero che Lui è
in Dio e Dio in Lui (cfr.: Gv 10,31-38).
L'auto-rivelazione divina di Gesù - il Suo rapporto trinitario col Padre e
con lo Spirito - non è perciò senza prove.
Egli
infatti, mandato dal Padre nel mondo, compie le opere del Padre-Dio e
dimostra così, con l'evidenza dei miracoli
che solo Dio può fare e far fare, che il Padre è in Lui e Lui è nel Padre.
Questa non è bestemmia, come sostenevano i Giudei (Gv 10,36), ma è semplice
e pura divina auto-rivelazione.
E’ la
proclamazione più categorica e più solenne della divinità di Gesù Cristo che
si trovi nel Vangelo, perché il Padre e il Figlio sono messi sul piano della
più assoluta parità di relazione.
La
proclamazione suddetta di Gesù è uno sviluppo di quella in cui Lui afferma:
«Io e il Padre(=Dio) siamo una cosa sola»
(Gv
10,30:
alla lettera "siamo uno",
in greco: "en esmen").
Dunque Gesù Cristo ha chiara e certa coscienza
di essere Dio-Figlio che si è incarnato (cfr., ad es: Gv 5,17-30; 8,58;
10,17-18; 10,27-29; 12,44-45; Mc14,61-62..etc.), di essere cioè Dio che
scegliendo Maria come madre ha deciso di farsi uomo. Ha chiara coscienza
cioè di essere uomo-Dio e lo dice tra l'altro rivolto ai Suoi avversari
(farisei, scribi e Giudei del Suo tempo e di tutti i tempi) con una frase
meravigliosa e folgorante in cui è contenuta tutta la teologia
dell'Incarnazione: «Prima che Abramo fosse,
Io-Sono» (non come Dio fattosi uomo e nato dalla vergine Maria – si intende
– ma come Dio Figlio di Dio, nato prima di tutti i secoli).
Se Dio è un Essere sempre esistente, con la
frase suddetta Gesù attribuisce a Sé la sempiternità di Dio, che si suole
affermare anche con l'espressione che Dio è
Causa di Se stesso
(=”Causa Sui”, Principio senza principio).
Ma
poiché Egli è anche un uomo, si afferma anche implicitamente - mettendo le
due cose insieme - la Sua nascita nel tempo quale vero uomo, ossia la Sua
Incarnazione, che sarà per sempre.
Non
cesserà cioè col compimento della Sua Missione avvenuto con la Sua
miracolosa resurrezione dai morti, perché l’unione della Sua Natura divina a
quella umana è un’unione sostanziale,
ossia eternamente inseparabile.
Tanto
è vero questo che il Figlio di Dio divenuto anche Figlio dell’uomo con la
Sua nascita dalla vergine madre Maria, ascende al Padre donde era disceso
per incarnarsi, non solo con la Sua Natura divina come era disceso,
ma anche con la Sua natura umana assunta con
l’incarnazione e trasfigurata dalla resurrezione.
Si
capisce allora bene perché Gesù Cristo è Figlio naturale (=unigenito) di Dio
da sempre e per sempre (anche dopo aver assunto la natura umana) e Figlio
naturale (=unigenito) di Maria nel tempo (fin dal primo istante del Suo
concepimento: soltanto dopo, cioè, aver assunto la natura umana ) e per
sempre.
Ben a diritto perciò Maria può
chiamarsi la madre dell’uomo-Dio Gesù Cristo, la madre del Signore, la madre
di Dio
(Lc 1,30-38. 43).
> Se Gesù Cristo è
realmente Dio, allora la Sua Parola è Parola di Dio, ossia: Verità assoluta.
Dalla narrazione evangelica risulta che Gesù Cristo non si
limita soltanto ad auto-proclamarsi Dio, sia pure con affermazioni mai dette
prima e di una densità ed essenzialità che solo Dio può pensare, ma fornisce
soprattutto - come abbiamo già mostrato - una
testimonianza provata
ed universalmente valida
di esserlo,
attraverso le Sue opere miracolose, che solo Dio può fare e far fare e che
Egli fa e fa fare (Mt 10,5-8…etc.).
Se
dunque Gesù Cristo è realmente Dio, allora Egli è anche Verità assoluta in
tutto ciò che dice ed in tutto ciò che fa
( Gv 4,24; 8,32; 14,6; 17,17; 18,37).
Dalla descrizione evangelica dei miracoli più
eclatanti compiuti da Gesù, risulta tuttavia una Sua qual certa reticenza a
riguardo della loro divulgazione per evitare che essa potesse venire male
interpretata sortendo effetti diversi (messianismo politico) da quelli che
invece derivano dagli scopi sovrannaturali e definitivi della Sua missione
nel mondo (e di cui diremo). Quando, per fare un esempio, Egli fa
risuscitare miracolosamente Lazzaro, il cui cadavere è già in avanzato stato
di putrefazione, prega il Padre, pur sapendo che il Padre Lo ascolta sempre
perché Lui ed il Padre sono lo stesso Dio. Ma questo Egli fa per evitare che
il Suo miracolo possa avere un’interpretazione diversa da quella propria
dell’ambito religioso, di cui diremo. Lo stesso capita per altri miracoli,
come quando, ad esempio, dà la vista al cieco nato facendo in modo tale che
la valenza del miracolo sia discussa in ambito religioso-teologico…
Gesù Cristo vuol mostrare
pubblicamente che Egli è il Messia Dio-Figlio di Dio quando sarà ormai
vicina a giungere la Sua Ora ed Egli potrà mostrare
come in realtà eserciterà il suo compito di Messia, senza che sia possibile
più equivocare riguardo ad esso: «Il Figlio dell'uomo - egli
preannunciò ai Suoi discepoli - deve soffrire molto, essere riprovato
dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, essere messo a morte e
risorgere il terzo giorno» (Lc 9, 22).
Non solo Cristo ha la coscienza di essere Dio, dicevamo, ma
pone ai Suoi discepoli la domanda circa la Sua
identità divina.
E, dopo aver saputo cosa la gente pensasse di Lui (la gente Lo considerava
uno tra i più grandi profeti di Dio. Mt 16,13-14) -
domandò loro a bruciapelo: “ E Voi chi dite che
io sia?”
(Mt 16,15).
Pietro, prendendo la parola per tutti - ispirato da Dio, ma
anche spettatore di molte opere strabilianti del Maestro – risponde:
“Tu sei il Cristo
(=l’unto di Spirito di Santità. Il Messia), il
Figlio del Dio vivente
(non
quindi un Messia-uomo- profeta di Dio, ma il Figlio stesso del vero Dio).(Mt
16,16).
Ecco fotografata così la vera identità di Gesù Cristo.
E Gesù approva
(Mt 16,17), indicando Pietro come la “pietra” su cui sarebbe stata fondata
la Sua Chiesa terrena (Mt 16,18-19).
Riepilogando: che Gesù
Cristo affermi e dimostri di essere Dio, di possedere cioè i poteri
dell'onnipotenza divina con i miracoli di carità che fa personalmente e fa
fare ai Suoi discepoli inviati in missione nel Suo Nome risulta chiaramente
e distintamente dalla descrizione dei Libri evangelici.
Ma non soltanto perché Cristo fa fare i miracoli si evidenzia
che Egli è quello che dice di essere (Figlio naturale di Dio da sempre e per
sempre e da Maria nel tempo (a partire dal primo istante dell'incarnazione)
e per sempre, ma anche perché il Suo
atteggiamento nel fare i miracoli è l'atteggiamento autorevole di chi ne è
l'Autore, non l'esecutore, ed è lo stesso atteggiamento autorevole di chi
innova e completa la Parola perché Egli infatti non parla come i loro scribi
e farisei ma come Chi ha autorità
(Mt
7,29).
Questo stesso atteggiamento autorevole, lo si può vedere per
esempio guardando alla resurrezione del figlio della vedova di Nain operato
da Gesù mentre sulla bara i portatori lo stavano conducendo al sepolcro (Lc
7,11-15). Miracolo questo che appartiene a quelli profetizzati da Isaia ed
enumerati da Gesù ai discepoli mandati da Giovanni il Battezzatore
che voleva sapere dalla bocca di Gesù se era Lui il
vero Messia che doveva venire o bisognava aspettarne un altro.
Egli quindi non solo prova di
essere uomo-Dio-Figlio di Dio da sempre e Figlio di Maria nel tempo e per
sempre,
ma anche di
essere il Messia profetizzato ed atteso da Israele, in particolare, e da
tutti popoli del mondo in generale.
Anche
i Re Magi, infatti, che rappresentavano tutti i popoli diversi da Israele,
aspettavano, come Israele, il Messia, l'inviato divino che avrebbe redento e
salvato l'universo, ma, a differenza dei capi di Israele, Lo attendevano per
accoglierlo, adorarlo e gratificarlo, non per ucciderlo come pensava di fare
quell’invasato diabolico di Erode, e, purtroppo, non solo lui.
Gesù dimostra quindi non solo
di essere
Dio-Figlio di Dio, mandato dal Padre nel mondo per redimere e salvare il
mondo, ma mostra anche come
questa missione dovrà da Lui essere compiuta, e cioè:
secondo Isaia passando per il Calvario
(Is
cap. 53) e secondo Daniele
(Dn 7,13-14 ) arrivando alla gloria divina
della auto-resurrezione
dai morti
(Lc 9,18-22).
La comprensione di
questo passaggio è di fondamentale importanza per il cristiano.
«Gesù sta per
concludere il suo ministero itinerante in Galilea e dare inizio alla salita
verso Gerusalemme, meta di tutto il suo cammino e annuncio. A questa tappa
Egli si prepara con la preghiera, ritirandosi nel dialogo intimo col Padre,
e vi conduce i discepoli attraverso una graduale rivelazione di ciò che lo
attende a Gerusalemme.
Gesù ha appena autorevolmente e personalmente cacciato un
demonio liberando un ragazzo e consegnandolo perfettamente libero al padre.
La gente è ammirata e stupefatta per le cose che fa, riconoscendo la
grandezza di Dio alle opere compiute da Gesù, proprio perché sa che la
potenza degli angeli indemoniati, che come mostreremo è
potenza preternaturale
superiore a quello umana, può essere vinta soltanto dall’onnipotenza d’amore
di Dio che – come abbiamo evidenziato – è potenza sovrannaturale che produce
dal nulla ed annienta nel nulla la realtà dell’esistenza.
Solo Dio quindi ha potenza diretta e
delegabile sui demoni.
E noi sappiamo che Egli è venuto a liberare il
mondo dal demonio.
Fin qui – vedendolo
miracolosamente operare i discepoli\apostoli storici di Cristo ci arrivano
senza particolari sforzi mentali.
Ma è sul come
Gesù libererà il mondo da satana che i discepoli sono duri da capire, perché
essi intendono il potere divino di vittoria sui demoni, alla stregua dei
poteri umani di questo mondo, come potere cioè di sopraffazione del
vincitore sul vinto.
Ma non è così che il Figlio di Dio fattosi uomo è venuto per
redimere l'universo a partire dall'essere umano liberandolo da satana. Egli
vincerà il maligno, liberando il mondo dal male senza versare sangue altrui,
ma vincerà satana sottoponendosi a satana e
vincendo il potere di violenza e di morte con il potere d'amore e di
resurrezione
(cfr. Gv 14,30 in relaz. a: 16,11).
Ecco perché Gesù,
rivolgendosi nuovamente ai suoi discepoli dice loro:
«Mettete bene nelle vostre orecchie queste
parole: il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli
uomini».
Ma proprio mentre Gesù
rivela loro questa grandiosa ma per Lui pesantissima Verità, ecco che i
discepoli discorrono tra di loro su chi tra di essi è il più grande nella
gerarchia di potenza di quel Regno di Dio al seguito di Cristo che essi
pensavano ancora in modo molto mondano, come cioè una sorta di potentato
politico sul mondo, al pari di quello dei Cesari di Roma, che da dominatori
essi vedevano come conquistati e dominati dal Messia, nuovo caput mundi (Mt
20,25, ss.).
Immaginavano
Cristo insomma come una specie di Alessandro Magno, che tentò di instaurare
una sorta di monarchia universale, con la conseguenza
che, mentre Gesù ha appena annunciato una onnipotenza che passa per la Via
della piccolezza, del servizio e del perdere la propria Vita per donarla
gratuitamente a coloro che accoglieranno i frutti della Sua redenzione
salvifica, i Suoi discepoli ne sognano una del
tutto diversa da quella indicata dal Maestro: una specie di impero
universale della terra sotto l’egemonia politica di Israele con a capo i
discendenti di altri figli di Davide, dopo Gesù che sarebbe stato
l’iniziatore del nuovo impero ebraico dell’intero pianeta.
E purtroppo questa visione diabolica del Messia che è la
caricatura di quella divina, NON ha lasciato – durante i secoli della Storia
della salvezza dopo Cristo – e non lascia ancora del tutto l’immaginario
umano, falsando l’obbiettivo ultimo della vera Speranza cristiana che nel
suo aspetto finale non è di questo mondo (Gv 18,36).
Con
ciò altro non causando che ritardi al compimento definitivo e finale del
piano messianico di redenzione salvifica in DIO del genere umano, che, come
vedremo, contempla anche una nuova Creazione dai nuovi cieli e da una nuova
terra. In essa il Bene sarà per sempre separato dal male (2Pt 3,13), e non
mischiato con esso, come è proprio di questa creazione del mondo sviato da
Dio, caduto, decaduto, crocifisso e mortale.
La resurrezione di Lazzaro - il cui cadavere era
già in avanzato stato di putrefazione (Gv 11,39) - è l'ultimo e più
grandioso miracolo fatto da Gesù per attestare concretamente che Egli -
essendo uguale a Dio - ha il potere sovrannaturale di far tornare in vita
l'essere umano anche se il suo corpo è ritornato ad essere polvere (cfr.:Gn
3,19). Di riunificare cioè alla sua anima rigenerata alla Capacità
d'amare divina (= Carità) il corpo ritornato in polvere, che Dio ri-farà poi
definitivamente immortale e glorioso come quello di Cristo risorto. Ne
consegue che l'essere umano, che è l'unione sostanziale di anima e di corpo,
non solo ritornerà come fu creato nel paradiso terrestre dalla Trinità prima
del peccato (Gn 3,1-8) e della caduta originali (Gn 3,16-24), ma verrà
elevato, come scrive Dante, «oltre l'antico onor» . Sarà
infatti divinizzato ed assunto definitivamente nell'intimità trinitaria
della vita di Dio dentro Dio. In quel "riposo" del settimo giorno nel quale
Dio - se non ci fosse stato l’impedimento satanico dell’induzione al peccato
originale - avrebbe già portato il genere umano fin dal paradiso terrestre.
Lazzaro risorto - si può dire - tornerà a morire - per cui la
morte non è ancora definitivamente debellata nell'uomo
pur se Dio mostra di avere il potere sovrannaturale di
poterlo definitivamente fare, come poi è effettivamente successo per noi con
il dono della Sua resurrezione gloriosa dai morti.
Dunque anche la Speranza cristiana della
resurrezione della carne
riposa
su fatti miracolosi e incontrovertibili operati in questo caso direttamente
da Dio.
Ritornando alla resurrezione di Lazzaro è da osservare che
anche qui Gesù agisce in quanto Dio, perché opera il miracolo che solo Dio
può fare in potenza propria, quale Figlio naturale di Dio, Dio Egli stesso,
anche se, per non abbagliare gli astanti, si mette in posa di pregare il
Padre, e Lo prega, sapendo ovviamente che Lui l’ascolta sempre, essendo il
Figlio col Padre una cosa sola (Gv 10,29):
«Togliete la pietra.- Lazzaro vieni fuori!»
(Gv 11,43).
Egli, è vero, alzando gli occhi al Cielo ringrazia il Padre
prima di constatare la resurrezione di Lazzaro, che però sapeva essere già
avvenuta, ma lo fa sia perché Lui ed il Padre sono
«una cosa sola»
(Gv 10’30) e quindi il Padre Lo ascolta sempre (Gv11,41-42\a), e poi perché
non vuole abbagliare con una manifestazione di diretta onnipotenza divina la
folla (Gv 11,42\b), che, come abbiamo detto, avrebbe potuto tralignare la
natura del Suo messianismo, non essendo Egli ancora morto e risorto.
Se, nel compiere le opere miracolose questo è l'atteggiamento
tenuto in prima persona da Gesù che è Dio, non lo è però quello tenuto dai
Suoi santi, che invece operano tali miracoli
non in nome proprio ma in Nome di Cristo che è Dio, se, per lo Spirito,
hanno raggiunto nel Suo Nome il livello di ascesi adeguato
(Gv
14,12-14in relaz, a: Gv 7,37-39).
La prima a riconoscere
nei Vangeli la Divinità di Gesù Cristo quando ancora Egli era nel seno della
Madre Maria fu la cugina Elisabetta – ispirata da Dio-Spirito Santo (Lc
1,42-43). Il bambino Gesù – a Sua volta – dal seno della immacolata vergine
e madre Maria - santificò colui che sarebbe divenuto Giovanni il Battista,
il precursore di Gesù (Lc 1,44).
Questi è chiamato l'ultimo ed
il più grande tra i profeti del vero Dio
perché ha indicato Dio nella Persona di Gesù Cristo
ancor prima di vedere i suoi miracoli come i Suoi discepoli.
E
lo ha
fatto
con delle frasi dense di tale teologia cristologica da ritenere certo che
non possono non essere state ispirate da Dio stesso in quanto indicano con
certezza Chi è il vero Messia dei Popoli.
Gesù - asseriva il Battista -
non parla a Nome di Dio, ma è Dio stesso che parla in Nome proprio
(Gv
3,34).
Egli è dunque Parola
diretta e personale di Dio.
Egli non
dice
la Parola di Dio, "è"
la Parola stessa di Dio, il Verbo di Dio (= dal latino "verbum" uguale a
"parola"), la Sua Parola definitiva che era accanto a Dio (quale Figlio
naturale di Dio) ed è Dio uguale al Padre (Gv 1,1).
Il profeta viene dalla terra, e Dio lo ispira a parlare nel
Suo Nome e a fargli fare, sempre nel Suo Nome, i miracoli che solo Dio può
fare e soprattutto far fare, ma Gesù viene dal
Cielo e parla del Cielo non per sentito dire o per ispirazione ma per
esperienza diretta
(Gv 3,31).
Egli è Dio uguale al
Padre ed il Padre lo ama a tal punto da dargli tutti i Suoi poteri,
mettendogli in mano ogni cosa (Gv 1,30) per cui Egli può dare la Vita eterna
di Dio a chi crede in Lui» (Gv 3,36). È questo Egli fa donando ai Suoi veri
discepoli - fin da qua - lo Spirito Santo - che è Signore e dà la vita
eterna di Dio - "senza misura", ossia in modo sovrabbondante, pentecostale (Gv
3,34).
Il Battista dice esplicitamente di sé che egli
non è il Cristo. ossia l’unto da Dio, il Messia atteso, come molti
ritenevano che fosse, ma il profeta del Messia mandato innanzi a Lui ad
aprirgli la strada col pentimento dei peccati (Gv 3,28). Messia che, pur
essendo nato dopo di lui, viene prima di lui, è cioè Dio (Gv
1,30). Frase questa che riecheggia quella di Gesù: «prima che Abramo
fosse “Io Sono"».
Ecco perché Il Cristo, che è Dio, deve crescere,
e Giovanni Battista, che è profeta di Dio, deve, di fronte a Lui, diminuire
(Gv 3,30).
Soltanto i miracoli descritti nei quattro
Vangeli canonici sono 65, ma Giovanni – che li chiama segni (che
confermano la divinità di Gesù e la Verità della Sua Rivelazione in quanto
proveniente da Dio) - scrive che rispetto a quelli descritti nel Suo Vangelo
essi furono molti di più, e che quei pochi (ivi compreso quello grandioso e
trasmissibile all’uomo dell’auto-resurrezione definitiva dai morti) che egli
ha riportato nel suo Libro, li ha riportati «affinché crediate
(=conosciate) che Gesù è il Cristo, il Figlio (naturale) di Dio, e perché,
credendo (conoscendo questo), abbiate (con il dono
della fede, di cui diremo) La Vita (eterna di Dio) nel
Suo Nome (per mezzo di Lui).» (Gv 20,30-31)
Con ciò possiamo dire che tutti e quattro i
Vangeli – ma soprattutto quello di Giovanni – hanno lo scopo più o meno
apertamente dichiarato di dimostrare che Gesù Cristo non è soltanto un
grand’uomo, ma, sia per la Sua insuperata ed insuperabile Sapienza e
Verità, e soprattutto per i Suoi umanamente ed angelicamente impossibili
miracoli d’Amore, è anche Dio.
I Vangeli ci dicono che la gloria di Dio
in Gesù Cristo- ossia la Sua divina onnipotenza, lo splendore della
Sua Maestà divina, l'esistenza e la presenza benefica di Dio nella storia
(questo vuol dire “gloria”) - si rendeva visibile, ossia
umanamente percepibile, nel fatto miracoloso.
L'inizio della manifestazione pubblica della
gloria divina di Gesù Cristo, nel Vangelo di Giovanni, è esplicitamente
attribuita ai miracoli:
«Così Gesù diede inizio ai suoi
miracoli in Cana di Galilea, manifestò la Sua gloria (divina) e i Suoi
discepoli credettero in Lui.» (Gv 2,11).
Nel Vangelo di Giovanni, il cui leit-motiv è il mostrare che
– con i segni miracolosi che ha fatto e fatto fare - l’uomo Gesù è anche Dio
(Gv 20,30-31), la parola “fede”- che
presenta margini di opinabilità quando non di incomprensibilità umana - non
viene citata neppure una volta a riguardo della certa esperienza umana del
Miracolo dei miracoli: quello di Cristo morto e risorto,
Per descrivere Questo Miracolo dei miracoli infatti abbondano
i verbi “cercare”, “trovare”, “vedere” e “credere ai propri occhi”
– ossia conoscere -
o agli occhi di coloro che sicuramente hanno visto. Per questo Giuda – il
traditore suicidatosi - viene sostituito con uno che fu tra i compagni degli
Apostoli storici di Gesù per tutto il tempo in cui
“il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a loro, incominciando
dal battesimo di Giovanni e fino al giorno in cui (risorto ormai da 40
giorni da morte) si è elevato in Cielo mentre era in mezzo a loro”
(At
1,21-22).
Momento culminante del
Vangelo di Marco è la constatazione della divinità di Gesù da parte del
centurione romano ai piedi della croce, sia per i miracoli che
accompagnarono la Sua morte (Mr 15,33. 38), sia per il modo come l’aveva
visto spirare (Mr 15,39):
«Veramente quest’uomo
era (Figlio di) Dio!»
– egli disse.
Anche gli interventi di Gesù
dopo la resurrezione dai morti sono tutti miracolosi - e quindi da credere
per evidenza di fatto: non per fede.
Miracoloso è il Suo
entrare a porte chiuse (superando la legge "domestica" della impenetrabilità
dei corpi) e miracoloso è il Suo sparire ed il Suo mostrarsi in posti
diversi contemporaneamente. Eppure Egli non è un fantasma, perché mangia (Lc
24,41-43) e vive malgrado i segni mortali delle ferite riportate (Lc
24,36-40).
La terza volta che Gesù appare ai Suoi discepoli (presenti 7
su 11) viene ormai creduto con certezza essere il Signore (Dio). Nella
circostanza - come agli inizi della loro chiamata - i discepoli, pur non
avendo prima dell'apparizione pescato nulla, fanno poi su indicazione di
Gesù redivivo una pesca prodigiosa, mentre il Signore Gesù, che li segue da
terra, fa sorgere miracolosamente dal nulla
«un fuoco di brace con del pesce sopra e del pane», e, invitandoli a
mangiare, li offre loro
(Gv 21,1-15\a).
Anche
qui - a parte la evidente simbologia eucaristica - è
l’obbiettività del miracolo
che la fa da padrone ad
ulteriore dimostrazione della divinità di Gesù Cristo risorto.
Soltanto Dio, infatti, è importantissimo ripeterlo, può far
esistere dal nulla una realtà che prima non esisteva. Egli infatti in questo
caso fa esistere realmente
dal nulla "quel"
fuoco di brace, "quel"
pesce e "quel"
pane, nel senso che “quel” fuoco scotta e cuoce realmente il pesce che vi è
posto sopra, il quale realmente, insieme al pane, viene poi mangiato da Gesù
risorto e dai Suoi discepoli.
Non si tratta quindi di fenomeni irreali (illusioni
collettive, miraggi, impressioni oniriche e quant’altro) nel cui ambito
satana è maestro, ma di veri e propri atti
miracolosi, nel cui ambito satana nulla può..
CAPITOLO 2
INTRODUZIONE ALLA TEOLOGIA DELLA CONOSCENZA:
b) Storia e contro-storia della
salvezza.
Miracoli divini e prodigi
diabolici.
Diversi
dai miracoli – come abbiamo accennato - sono i
prodigi, discernendo
però questi ultimi tra prodigi benefici e prodigi diabolici.
I primi – a fin di bene - possono essere fatti e fatti fare
in questo mondo dalle creature angeliche (oltre che - ovviamente - anche da
Dio).
I
secondi – a fin di male – possono essere fatti e fatti fare anche dagli ex
angeli che si ribellarono a Dio, ossia dai demoni, di cui diremo a partire
dalla I^ Parte di questa Storia della salvezza, nonché dai loro ministranti
uomini che in questo mondo hanno già venduto per sempre la loro anima al
diavolo: stregoni, maghi, fattucchieri….etc.
I
prodigi dei demoni
si chiamano più propriamente magie
(=stregonerie, incantesimi, negromanzie,
sortilegi, fatture, “scienze occulte”).
Essi
hanno in questo mondo lo scopo maligno
– in odio a Dio e all’uomo - di confondere e sedurre l’essere umano
distogliendolo da Dio – talvolta addirittura possedendolo (=vessazione o
possessione diabolica) – in vista di
separarlo eternamente da Lui e di ostacolare i progetti benefici di Dio che
Dio cerca di raggiungere facendo fare in questo mondo all’uomo la Sua
Volontà, non senza l’esercizio umano del dono divino del libero arbitrio.
I
prodigi sono essenzialmente diversi dai miracoli, che abbisognano di
un’attività onnipotente propria soltanto di Dio. I prodigi infatti NON
avvengono nell'ambito della creazione o dell’annientamento della realtà
dell’esistenza ma in quello della sua - pur
straordinaria – trasformazione.
I
prodigi – che la teologia ufficiale non distingue ancora bene dai miracoli -
sono comunque attività sovrumane dette
preternaturali.
Essi vengono anche chiamati “Carismi” (=originati dalla
“Carità”, che è, come diremo, la Capacità d’amare trinitaria di Dio) quando
fanno parte di quei doni non occasionali (=talenti) ma stabili che Dio può
fin da qua attribuire ad alcune anime per poter far loro fare più
precocemente e al meglio la Sua Volontà, chiedendone alla fine il rendiconto
(Mt 25,14-30).
San
Paolo ha stilato quattro liste di carismi con una ventina di doni diversi,
tra cui la “glossolalia” (= dono che rende capaci di parlare e comprendere
tutte le lingue, anche quelle antiche), la profezia, il discernimento degli
spiriti ecc.
Tra i carismi
San Paolo indica anche i miracoli, Inclusione che si può accettare se si
tiene però conto che i miracoli sono per natura soltanto propri di Dio e di
coloro per mezzo dei quali Dio li fa fare, secondo anche quanto rivelato da
Cristo stesso in Gv 14,12-14.
Sono i
miracoli che consentono di ri-conoscere chi è il vero Dio e chi è il vero
profeta di Dio, per mezzo del quale Dio – a determinate condizioni (v.: Gv
14,12-14 insieme a: 7,38-39 ) li fa compiere; sono essi che perciò
distinguono le opere di Dio da quelle di satana e dei suoi
tragici apostoli
in questo mondo, figli del
maligno, dei quali occorre attentamente guardarsi ma avere per loro una
misericordia suppletiva.
> Dio e la scimmia di Dio ossia satana, lo
spirito diabolico.
E’ questo
l’unico modo di riconoscere il vero Dio Gesù Cristo ed i Suoi veri profeti
senza rischiare di aver perso tempo invano, perché chi non raccoglie col
vero Dio – ossia con Gesù Cristo che prova di esser tale – disperde (Mt
12,30).
Solo così la fede
nella Sua imitazione aumenterà al punto tale da portare l’umanità a quel
volo d’aquila che farà di Cristo il Cuore del mondo in visto del Gran
compimento universale del progetto trinitario di redenzione e salvezza
integrale dell’essere umano che include la definitiva resurrezione dei corpi
nella Gloria di Dio.
Peraltro questa distinzione essenziale
– che oggi per ignoranza più o meno interessata tende a sfumare - tra
miracoli che solo Dio con la Sua onnipotenza sovrannaturale
può fare e far fare e prodigi a fin di male che satana con i suoi
sovrumani poteri preternaturali può fare direttamente e far fare per
mezzo di coloro che gli hanno in questo mondo aperto il cuore mettendosi al
suo servizio (maghi, negromanti, fattucchieri…; truffatori a parte),
esiste realmente.
Essa è resa esplicita in modo evidente fin
dall'inizio dell'intervento attivo del vero
Dio-Padre nella Storia cristocentrica della salvezza.
Si ricorda
in proposito che quando il vero Dio(Padre) aveva prescelto Mosè per far
uscire il Suo popolo dalla ormai dura “cattività” egiziana (Es 3,10; 6,10),
Egli stesso piegò il faraone con "mano potente” (Es
6,1).
Lo schema è identico ogni
volta: Dio annuncia Mosè e gli fa proclamare l'imminenza del castigo. Il
flagello si scatena, poi si ferma su ordine di Mosè, e intanto i maghi
egiziani fanno mostra dei loro poteri occulti imitando il profeta,
ma fino a un certo punto…..
Il Signore infatti è il
più forte
al punto tale
che i maghi, ossia i servitori del maligno, sono costretti ad ammettere:
“qui c'è il dito di Dio”…..anche
se il faraone una volta graziato ritorna a peccare opponendosi a concedere
la libertà agli ebrei che aveva ridotto in schiavitù con angherie sempre più
insopportabili (Es 8,15).. E mentre questi a capo del suo esercito di carri
e cavalieri si intestardisce ad inseguirli all’interno del Mar Rosso, di cui
Dio, per mezzo di Mosè, aveva aperto miracolosamente le acque, ecco che
l’esercito egiziano, non riuscendo a raggiungere gli Ebrei in fuga, perché
Dio frena le ruote dei loro carri ritardandone la marcia a vantaggio degli
Israeliti, riconosce finalmente dalla Sua onnipotenza chi è il vero Dio
esclamando: -Fuggiamo di fronte ad Israele,
perché il Signore combatte per loro contro di noi”.
Fu
un riconoscimento che - in vista di Gesù Cristo – salvò loro l’anima che è
la cosa più importante anche se non salvò loro il corpo che – sempre in
vista di Cristo - avrebbero ripreso alla fine dei tempi con la Sua venuta
finale, della quale siamo ancora in attesa, come vedremo meglio in seguito.
Anche il
popolo di Israele – che era rimasto in vita - “Vide e credette: vide cioè
l’onnipotenza miracolosa propria solo del vero Dio e credette nel Suo Nome
ed in quello del Suo servo Mosè: ebbe cioè fiducia nel fare la Sua Volontà
espressa per mezzo di Mosè (Es 14,5-31).
Volontà che
sarebbe stata poi peraltro miracolosamente manifestata sulle tavole di
pietra scolpite da Dio con i Suoi Comandamenti, pur se satana anche
riconoscendo l’onnipotenza di Dio non si arrende mica abbandonando la
partita con i maghi del faraone.
Egli non tarda
infatti a far dimenticare agli Israeliti Dio e tutti i Suoi benefici,
cercando sempre di farli arretrare verso le varie idolatrie del passato che
essi avevano lasciato alle loro spalle (Es 16,1-3)….
Il miracolo
del Mar Rosso, che Dio apre davanti agli Israeliti e chiude sugli Egiziani
che li inseguono consentendo ai primi di attraversarlo all’asciutto e di
sottrarsi così alla schiavitù e alla morte che i soldati del Faraone
avrebbero loro certamente inferto, è figura anticipatrice (=
profetica) della vittoria su ogni morte che Gesù
Cristo, con la Sua morte e resurrezione, ha meritato per noi, rendendoci
possibile l’impossibile:
Di attraversare
cioè come Lui la morte che Egli ha annientato per noi con la Sua
resurrezione, all’unico scopo gratuito di consentirci non solo di superarla
con la nostra resurrezione, ma di vincerla con una resurrezione gloriosa
come la Sua, degna di venire assunta in Cielo e di vivere eternamente nella
felicità infinita della Sua intimità trinitaria, nel Suo divino Riposo.
Il
miracolo dell’attraversamento all’asciutto,
o
Pasqua
(Pasqua vuol dire:
“attraversamento”),
del Mar Rosso diviso nelle
sue acque insieme
ai fatti rituali che lo hanno preceduto (sangue
sugli stipiti delle porte ebraiche proveniente dall’agnello, sacrificato e
mangiato in comunione …) prefigurano
comunque profeticamente il miracolo della
Pasqua e resurrezione di Cristo.
Prefigurano cioè il più grande miracolo che
il vero Dio Trino ed Uno ha compiuto a favore dell’umanità malgrado
satana.
Prefigurano la
Pasqua cristiana,
che Cristo trasmette all’intero genere umano in ogni uomo
che NON trapassi da questo mondo all’altro con la morte nel
cuore,
separato cioè da
Dio per la sua impenitenza finale da peccato mortale conosciuto in coscienza
in quanto tale.
Detto
ciò non può non risultare chiara la distinzione tra miracoli divini e
prodigi diabolici. Distinzione che caratterizza ed avalla come vera tutta la
Storia cristocentrica
della Salvezza, dalla Genesi all’Apocalisse.
Quando
infatti gli scribi ed i farisei del tempo di Gesù Gli contestarono che i
miracoli e gli esorcismi che Egli compiva li compiva con la forza di satana,
Gesù rigetta sdegnosamente e prova la falsità dell’accusa,
distinguendo nettamente il Suo operato da quello di satana
proprio per la superiore potenza – o onnipotenza - vittoriosa che Egli come
Dio aveva sul diavolo, che, per l’appunto, era venuto a togliere di mezzo
dal mondo umano
(Mt 12,22-30).
Questa importante
differenza non è ancora chiara nella teologia corrente, per cui non vengono
tratte da essa le necessarie conseguenze euristiche, atte cioè a favorire la
scoperta di nuovi risultati, quelli che, per l’appunto, abbiamo qui cercato
e che cercheremo ancora di mettere in evidenza.
E’ Cristo
stesso – d’altronde a sottolineare la differenza tra i due fenomeni entrambi
visibili, quando ci preavvisa - riferendosi alle generazioni
che saranno presenti nel breve periodo che precorrerà la fine di questo
mondo per quello della nuova Creazione – di stare bene attenti a non
lasciarsi ingannare – circa la Sua seconda venuta, quella conclusiva
della fine dei tempi, detta parusia - dai
falsi cristi e falsi profeti.
Costoro infatti faranno in
quei tempi ancora da venire che precorreranno immediatamente la fine dei
tempi portenti e prodigi numerosi (Mt 24,24 + Mr 13,22), ma non
miracoli, come ben traducono varie lezioni, (ma non
quella della CEI – 2008 - che, in Mt 24,24, traduce “miracoli” invece di
“prodigi”, come esattamente riporta in Mr 13,22, attribuendo erroneamente la
capacità di fare miracoli ai falsi cristi, che sono ministri di satana e
non di Dio, e quindi non possono fare miracoli che solo il vero Dio può fare).
La Chiesa di Cristo ha un nemico
che è satana, l’avversario di Dio e quindi di Cristo e della Sua Chiesa.
Perciò Gesù insegna nel “Padre nostro” a pregare Dio affinché ci
liberi da questo avversario potente e maligno. Contro di lui infatti – come
la storia della Chiesa dimostra ad abundantiam – la Chiesa - da sola – non
può farcela.
Se il battezzato quindi
chiude il suo cuore a Cristo e lo apre a satana scegliendo di separarsi da
Dio col peccato e di far propria la volontà del nemico suo e di Dio per
soggiacere alle passioni dell’ego del suo “io”, ossia a tutto ciò che la
Scrittura chiama in senso dispregiativo col termine di “carne” come in Gn
6,3) allora - poiché in questo modo preferisce
imitare satana che si è fatto dio di se stesso, anziché il vero Dio, cade
sotto il potere all’uomo superiore del maligno e diventa “captivus”, ossia “
suo schiavo di guerra”.
Prendendo questa strada che
si prospetta larga ed agevole da percorrere, l’uomo in realtà si dà la zappa
sui piedi perché subordina l’eternità di Dio al suo attaccamento idolatrico
all’avere (=ricchezza, soldi…), al piacere (=gola,
lussuria) e al potere (= successo, dominio sugli altri
…)
Da ciò derivano
sulla conclusione definitiva del progetto di redenzione salvifica del genere
umano - che prevede la seconda venuta del Cristo gloriosamente Risorto per
la Resurrezione di ogni essere umano ed il Giudizio universale finale -
quei ritardi a catena che - oltre a procrastinare il ritorno conclusivo
di Gesù risorto - mettono pure
a repentaglio il destino eterno personale.
Esso infatti si delinea
definitivamente con la sia pur provvisoria morte corporale, qualora si venga
sorpresi da essa in stato di grave responsabile rifiuto della verità
esistenziale conosciuta in coscienza come tale ( =peccato mortale).
Satana - lo rammentiamo – è
il fondatore del regno infernale degli esseri (angeli ed uomini) che -
creati eterni da Dio per vivere infinitamente felici presso di Lui (=nell’intimità
trinitaria del Suo sempiterno Riposo) finiscono col restare
eternamente infelici fuori di Lui.
Scrive Lino
Pedron che Dio prende con tanta serietà la libertà dell'uomo, che
preferisce piangere impotente piuttosto che togliere alla creatura umana il
dono del libero arbitrio sia pure rivolto a farsi ed a fare il suo male.
Questo si può facilmente rilevare dal comportamento di Gesù Cristo che
piange su Gerusalemme per la condanna che ricadrà su questa città proprio a
causa di non aver voluto riconoscere il tempo in cui era stata visitata (da
Dio).
> L’impotenza
dell’onnipotenza.
Il pianto di Gesù è infatti
l'ultimo invito alla conversione penitente per la città ostinata nel suo
rifiuto della Verità e, quindi, causa del suo male, che Gesù non può
impedire altrimenti, se non con la dimostrazione di essere Lui l’atteso dei
Popoli, e, soprattutto del popolo eletto, Israele. Di essere cioè
proprio Lui quello di cui avevano parlato e profetato Mosè e tutti Profeti
del vecchio Testamento, Colui che dava senso definitivo alla vita umana e
che era quindi da ascoltare e da accogliere a braccia aperte.
Ma tutto ciò è un gran Dono,
un iper-dono che NON può in quanto tale essere imposto ma solo
convincentemente proposto per essere liberamente accolto, oppure no,
anche se dal suo mancato accoglimento ne derivano mali temporali ed eterni,
che Gesù è venuto ad evitare.
Ecco perché Gesù
piange di dolore su Gerusalemme e su tutte le ostinazioni umane
che usano male il dono del libero arbitrio preferendo responsabilmente
rifiutare ciò che comunque in coscienza conoscono giusto,
soprattutto quando sanno che il comportamento rifiutato è avallato da Uno
che prova di essere realmente l’unico vero Dio.
Ecco il pianto di Gesù, del
vero Dio, di cui è rivelata l’impotenza
dell’onnipotenza discendente dal dono del libero arbitrio che Egli
stesso ha conferito alla creatura angelica ed umana, sapendo di
auto-limitarsi per sovrabbondanza d’amore.
Le parole che Gesù rivolge a Gerusalemme quindi
non sono pertanto minacce, né la sua prevista, prossima distruzione sarà
castigo di Dio. Dio è misericordioso e perdona se l'uomo però si lascia
liberamente perdonare (cfr.: Lc19,41-44), altrimenti, fin da questo
mondo, e dopo la morte terrena eternamente, cade sotto la schiavitù
preternaturale di satana, il nemico eterno del vero Dio e dell’uomo che il
vero Dio ama appassionatamente fino al punto di dare tutto Se stesso nel
Figlio (Gv 3,16).
La mancanza o l’indebolimento
della vera fede è a sua volta causa di tutta una serie di conseguenze
maligne che sempre derivano sulla terra quando non viene fatta - in maniera
generalizzata nei popoli - la Volontà di Dio. La storia religiosa ebraica
non meno che quella cristiana si incaricano di dimostrare “ad abundantiam”
questo facilmente verificabile assunto.
Ecco perché il periodo di tempo tra la prima e
la seconda venuta finale del Cristo - detto periodo della “fine dei tempi” –
appare, come vedremo, dilatarsi per l’intervento malefico di satana che
riesce ancora a far schiavo l’uomo per la maggior parte della sua vita
terrena tenendolo al guinzaglio fin quasi all’ultimo tratto di essa.
E la conseguenza è che il
lungo periodo di riconversione individuale – che è pure sociale ed
istituzionale - si trasmette - come avviene ancora
attualmente, pur se tra qualche indizio di inversione di tendenza - di
generazione in generazione restando a lungo sempre tale,
se non si affrettano i tempi di conversione
individuale, e quindi, sociale e strutturale (istituzionale) a Cristo.
C’è quindi una Storia
cristo-centrica della Salvezza ed una contro-storia diabolica di essa,
di cui avremo ancora modo di parlare più in particolare.
CAPITOLO 3
INTRODUZIONE ALLA TEOLOGIA DELLA CONOSCENZA:
c) Come anche al di fuori delle
descrizioni evangeliche (v.: n° 1) Gesu’ Cristo continua a dimostrare da
2000 anni a questa parte di essere Dio e non il “fu Gesu’ di Nazaret”.-
Validità universale della Verità evangelica.
Se quanto descritto e tratto dai Vangeli circa le molte prove
che Gesù Cristo fa della Sua Divinità anche da risorto (At 1,3)
è logicamente e profondamente coerente e quindi
verosimile,
molti però - anche nell’ambito di popoli di religione cristiana e non
cristiana (tra cui Maometto, il fondatore della religione islamica)
hanno sostenuto che i Vangeli – pur essendo
verosimili - non è però provato che siano veri,
che descrivano cioè fatti storicamente avvenuti, soprattutto per quanto
concerne i fatti miracolosi attribuiti a Gesù Cristo e portati a prova della
Sua Divinità (cfr.: Gv 20,30-31).
Alcuni di costoro sono
arrivati talvolta a negare persino l’esistenza stessa di Gesù come uomo,
ritenendolo un mito, una personificazione arbitraria della Bontà.
Per queste tesi mai
dimostrate
i Vangeli costituirebbero - nel migliore dei casi - un’opera letteraria –
prodotta a più mani da vari adepti nel corso di un non ben precisato (o
precisato arbitrariamente) numero di secoli. Un’opera quindi manipolata
(interpolata) da generazioni di appartenenti ad una nuova religione,
chiamata “cristiana” dal suo presunto fondatore,
un certo “fu Gesù di Nazaret”, detto il Cristo,
che significa l’unto di Dio, il Suo inviato.
I Vangeli pertanto e la descrizione in
essi contenuta di Dio, insieme ai Suoi presunti miracoli, sarebbero… creduti
veri per “fede” dai cristiani
alla stregua di altri Libri e tradizioni
religiose, come ad esempio il Corano, i Veda, il Confucianesimo, il
Buddismo, che presentano Dio e la religione relativa in modo teologicamente
diverso dai Vangeli, quando non anche quasi del tutto opposto
(come
il Musulmanesimo: v.: più avanti).
Ma chi
pensa così a riguardo di Cristo e dei Vangeli si sbaglia di grosso.
E questo risulta già da quanto abbiamo mostrato nei capitoli
precedenti ma lo mostreremo ora ancora più esaurientemente
Va qui precisato, in primo luogo, che
la parola "fede"
non viene usata da coloro che hanno pensato e pensano così dei Vangeli nel
senso che ne deriva dalla meditazione dei Libri evangelici stessi - ossia
nel senso, come vedremo, di “fune”,
legame attaccamento perseverante a Cristo proprio perché dimostra di essere
il vero Dio,
ma nel significato spurio e successivo di “forma
inferiore di conoscenza”.
Significato quest’ultimo che contiene
margini insuperabili di opinabilità
che non hanno nulla a che fare con la Verità
dell’Esistenza
a cui la vera
Religione non può non restare collegata, se non si vuole che essa continui a
restar posta fuori dall’unico criterio che ne stabilisce la reale efficacia
salvifica: criterio che è quello che si basa
sulla dimostrazione della Verità che riguarda la divinità del Dio che in
essa si adora.
E noi abbiamo mostrato – per quanto riguarda le descrizioni
evangeliche – e mostreremo anche fuori di esse – che Gesù Cristo è veramente
quello che ha rivelato e dimostrato di essere nei Vangeli, ossia vero Dio
oltre che vero uomo, perché Egli compie, anche
fuori delle Scritture del Nuovo Testamento, gli stessi miracoli,
ovvero le stesse auto-teofanie cristologiche
(=far
esistere realmente quello che non esiste e far de-esistere = annientare
veramente quello che realmente esiste) che sono
state registrate come da Lui compiute dagli scrittori dei Vangeli.
Non è solo nelle descrizioni evangeliche che Cristo dice a
coloro che diventeranno Suoi discepoli “Venite
e vedrete”
(Gv 1,39)
come lo
ha detto ai due discepoli del Battista che, vedendo passare Gesù, Lo aveva
loro indicato come l’Agnello di Dio, come Colui
che toglie, che annienta il peccato del mondo – ossia che toglie al peccato
ogni realtà di esistenza -
(Gv
1,35-37).
Gesù non disse ( e non dice) ai due discepoli che gli
chiesero dove abitava, chiamandolo “Maestro”, “seguitemi che vi spiego
tutto”. Non disse “Venite e parliamo”, ma:
“Venite e vedrete”
(Chi Sono da quello che faccio). Il verbo
“vedere”
non implica alcun ricorso alla fede (che viene dopo aver conosciuto che Gesù
Cristo dimostra evidentemente di essere Dio),
ma richiama esplicitamente la conoscenza certa della Divinità dell’uomo-Dio,
attraverso i segni miracolosi
che solo Dio può fare e far fare, e che Egli ha
poi fatto e fatto loro fare.
Natanaele era un teologo ebraico sincero (Gv 1,47), uno dei
pochi che - come Nicodemo (Gv 3,1-21+19,39) e Giuseppe D’Arimatea (Gv 19,38)
- non era intruppato nel gruppo dei dottori ufficiali delle Scritture
(gli
“Scribi”, contestati aspramente da Gesù perché si erano fatti “ministri di
satana” sulla terra, ossia degli anticristi ante litteram).
Natanaele – studiando seriamente le Scritture circa l’Avvento
del Messia aveva compreso – come l’avevano compreso i Re Magi - quali
sarebbero stati i caratteri distintivi del tanto atteso Messia insieme al
fatto che il tempo per la Sua venuta si era compiuto. Il Messia doveva
essere un discendente del Re Davide per parte carnale e un essere divino per
parte spirituale, anche se qualche conto non gli tornava
(il
Messia divino doveva, secondo le profezie, nascere – come in effetti è nato
- a Betlemme e non a Nazaret, come veniva indicato originario quando veniva
erroneamente confuso il Suo luogo di nascita col Suo luogo di residenza).
Ma quando Gesù gli dimostrò di
“conoscerlo senza averlo conosciuto”
(Gv 1,48), ciò, unitamente alla testimonianza di Filippo che aveva già avuto
modo di “vedere” Gesù (Gv 1,44-45),
lo fece esplodere nel primo
riconoscimento pubblico di Gesù quale uomo-Dio della Storia cristocentrica
della salvezza fatto da uno dei Suoi discepoli (Simeone,
Anna ed il Battista erano profeti – gli ultimi - del vero Dio,
auto-rivelatosi in Gesù Cristo):
«Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il
re di Israele!.
(Ma) gli rispose Gesù: -Perché ti ho detto che
ti avevo visto sotto l'albero di fichi, tu credi
(ossia credi per così poco)? Vedrai cose più
grandi di queste! Poi – rivolto a tutti - precisò : -In verità, in verità io
vi dico: -Vedrete il Cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere
sopra il Figlio dell'uomo»
(avrete cioè la prova miracolosa della mia Divinità) (Gv 1,49-51)
>
Oltre a quelli descritti nei Vangeli innumerevoli sono fino a noi i miracoli
fatti e fatti fare da Cristo ai cristiani dopo la Sua resurrezione ed
ascensione al Padre. Miracoli e miracolismo, fede e fideismo.
E così è stato - come
mostreremo subito appresso - non solo per i fatti miracolosi descritti
come avvenuti nei Vangeli, MA ANCHE – da 2000 anni a questa parte - per
quelli avvenuti oltre i Vangeli ma in essi previsti da Cristo che Cristo
avrebbe fatto e fatto fare e che sarebbero avvenuti fino alla fine del
mondo. Previsione da Lui fatta sia prima (Gv 14,12-14) che dopo
la Sua resurrezione dai morti (cfr.:Mt 26,18-20 + Mr 16,17-18 + Lc 24,29
+ At 1,8).
Ecco come in maniera
più specifica nel Vangelo di Giovanni Gesù Cristo - poco prima di venire
steso sulla croce - aveva lucidamente previsto tutto ciò:
«In verità, in verità vi dico: anche chi
crede in me, compirà le opere (=i miracoli) che io compio e ne farà
(addirittura) di più grandi, perché io vado al Padre
(Gv
14,12).
Nel
contesto questa espressione - anche per quello che su questo punto diremo
in seguito – può significare:
«Una
volta compiuta la missione per la quale mi sono svuotato (=kenosis) in
funzione di espiazione vicaria per l’annientamento gratuito del male e dei
mali del mondo, risalirò al Padre donde sono disceso. Così facendo vi
aprirò le porte del Cielo, preparandovi un posto presso mio Padre
(Gv 14,2), e
vi invierò inoltre, mentre ancora sarete in questo mondo, lo Spirito Santo
consolatore, che è Dio uguale a me ed a mio Padre e che starà sempre con voi
e con tutti quelli che per la vostra parola crederanno in me
(Gv
14,15-17),
facendovi fare le mie stesse opere
».
«Qualunque cosa infatti -
Egli
ribadisce - chiederete nel Nome mio
(nel
Nome cioè di Colui che ha dimostrato di essere Dio)
- la farò, perché il Padre-Dio sia glorificato nel Figlio-Dio. Se mi
chiederete qualche cosa nel mio Nome io la farò»
(Gv 14,13-14).
Chiedere qualunque
cosa nel Nome di Gesù Cristo significa che occorre chiedere direttamente o
per tramite di santi intercessori - il miracolo – facendo la Volontà di
Cristo (=imitandolo) ed attribuendolo sempre a Cristo, anche se a compierlo
materialmente non è Lui, ma un Suo discepolo a cui Lui lo fa compiere.
Ed ancora più esplicitamente dopo la Sua
resurrezione nel Vangelo di Marco:
«Questi
saranno i segni
(=i miracoli) che
accompagneranno quelli che credono
(in me, ossia che fanno, come vedremo, con fede la mia Volontà, ossia che
cercano di imitare la mia Vita terrena): nel
mio Nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in
mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà a loro danno;
imporranno le mani ai malati e questi guariranno»
(Mr 16-17-18).
Ed
ancora: «…E strada facendo, predicate che il
Regno dei Cieli
(ossia il modo di esistere di Dio: Cristo stesso)
è vicino. Guarite gli infermi, resuscitate i morti,
sanate lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto
(da me), gratuitamente date
(agli
altri)»
(Mt 10,7-8…).
Gli esempi, nel corso di
questi 2000 anni da Cristo, sono innumerevoli e c’è solo l’imbarazzo della
scelta.
I miracoli di Cristo, le sue
teofanie cristologiche, fatte e fatte fare da Cristo – come mostreremo
facilmente – continuano a verificarsi anche ai nostri giorni e nulla fa
prevedere che non continueranno a verificarsi ancora fino a che i progetti
di redenzione salvifica che Dio ha sul genere umano non giungeranno tra
Terra e Cielo al loro definitivo ed integrale compimento finale.
Effettivamente infatti
i Suoi Santi hanno nel Suo Nome scacciato i demoni, parlato lingue
nuove o sconosciute, superato miracolosamente mille pericoli, bevuto senza
danno qualche veleno (Sant’Antonio) , guarito i malati, resuscitato i
morti, sanato i lebbrosi: il tutto mentre predicavano che il Regno dei
Cieli - ossia il modo di esistere di Cristo, la Sua imitazione sulla terra,
si era fatta possibile a tutti coloro che l’avessero voluto liberamente
accogliere. Costoro gratuitamente avrebbero ricevuto (da Cristo),
gratuitamente avrebbero dovuto dare (a chi era nel bisogno).
Anche attualmente
i miracoli che Cristo fa fare ai Suoi Santi cristiani, ai
Suoi veri discepoli, ossia le Sue teofanie
cristologiche o cristofanie - sono non solo sotto gli occhi di tutti, ma
sono passati al setaccio rigoroso di una scienza scettica per quanto si
vuole, ma pur sempre costretta ad ammettere di fronte ad essi, la propria
insanabile impotenza, anche per mezzo di scienziati che pur professandosi
non credenti, non vogliono però passare per fessi.
E chi può contare i
miracoli di santa Maria, la “Madre di Dio”
(così chiamata
evangelicamente dalla cugina Elisabetta: Lc 1,43) fatti in Nome del
Figlio suo, sia quando lei - dopo l’Ascensione del Figlio - era
ancora vivente in questo mondo sia quando, terminato il corso della sua vita
terrena, fu assunta miracolosamente in Cielo in
anima e corpo?
Tutti accadimenti miracolosi
questi, lo ribadiamo, che, nel corso dei secoli fino al noi, i santi di
Cristo hanno fatto nel Suo Nome (testimoniando la Sua divinità): Valga un
altro esempio tra i più conosciuti ed eclatanti - ai nostri giorni – quello
di San Pio da Pietrelcina, noto come Padre Pio, il “nuovo” San Francesco.
San Pio - rigenerato dallo Spirito di Cristo nella Sua immagine “sputata”,
quasi una Sua fotocopia, miracolo vivente di Cristo, visse con le stimmate
come Cristo dopo la Sua resurrezione. Visse cioè con i segni corporali
della Passione, Crocifissione e Morte di Cristo:
in pratica con il cuore bucato dal colpo di lancia, oltre che con i piedi e
le mani trafitti dai chiodi…
Scrive il Messori, nel suo
libro "Ipotesi (confermata dai fatti) su Maria", pagina 288,
che «la Teologia classica invita innanzitutto ad un severo
discernimento, a una critica attenta. Non è affatto detto che sia credibile
ogni voce che grida al miracolo (anzi essa è del tutto contraria
ad ogni miracolismo a buon mercato, come è contraria ad ogni fideismo
credulone: n.d.r). Spesso, poi, poco si
riflette sul fatto che la Chiesa cattolica è la sola istituzione religiosa
al mondo che abbia creato - e da molti secoli -
l'organizzazione rigorosa per il vaglio del miracoloso attribuito al Divino.
Il culto dei santi è sempre
stato sorvegliato (spesso in maniera più che rigorosa) dalla
Gerarchia perché non degenerasse (perché cioè si rivolgesse per mezzo
dei santi al Santo, considerando i primi degli “attualizzatori” del Secondo:
ndr), e perché fosse evitata la superstizione.
A partire poi dal Concilio di Trento, sono state
stabilite norme sempre più precise e severe prima di presentare all'esempio,
alla venerazione, all'intercessione dei fedeli uomini e donne di Dio. Per
varcare la soglia del titolo, prima di beato e poi di santo, si è
preteso, e si pretende tuttora, quella sorta di imprimatur, di "visto"
divino costituito da uno o due miracoli constatabili dalla ricerca umana
dopo la morte dell’uomo di Dio. Così, gli archivi dell'apposita
Congregazione - quella delle “Cause dei santi” – costituiscono il maggiore
(anzi, l'unico) deposito di un "miracoloso" passato al vaglio stretto di
commissioni costituite non solo da uomini di fede, ma, obbligatoriamente,
anche da uomini di scienza e che si professano pure atei.
Se non ci fosse il miracolo,
Dio, Gesù Cristo, non ci avrebbe dato la possibilità di conoscere la Sua
divinità e quindi anche la Verità assoluta del suo
insegnamento contenuto soprattutto nei Vangeli perché non altrimenti
possiamo conoscere con certezza che Gesù Cristo è il vero Dio - e non
soltanto un uomo come gli altri fondatori di religioni - se non in primo
luogo per i Suoi miracoli.
Come esattamente afferma il
Concilio Vaticano I, sess. III, c. 5, i
miracoli sono segni certissimi della divina Rivelazione adatti
all’intelligenza di tutti.
E’ chiaro infatti che se la religione
cristiana-cattolica viene confermata da più miracoli, possiamo dire che essa
è certamente vera, perché il miracolo è il testimonio privilegiato
del vero Dio, in quanto solo Lui può compierlo e soprattutto farlo compiere.
Non a caso il Vangelo di Giovanni al cap, 20,
così conclude:
«Molti
altri segni (leggi: "miracoli di amore")
fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati
scritti in questo libro. Questi sono stati scritti perché crediate che Gesù
è il Cristo, il figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la Vita nel Suo
Nome».
Ed ecco perché Gesù può dire
a pieno titolo a Filippo quanto abbiamo già su riportato che cioè «chi
ha ”visto” Lui ha “visto” Dio» (Gv 14,9), perché «Lui ed il
Padre-Dio - che si è anch’Egli manifestato miracolosamente quale Dio
nell’antico Testamento (quando, ad esempio, faceva annunciare a Mosè
i miracoli che solo Dio può fare e far fare e che erano al di sopra dei
prodigi dei maghi del faraone: ministro pro tempore della forza diabolica
che si oppone ai progetti di Dio) - sono una cosa sola»
(Gv 10,30).
Gesù Cristo insomma è il vero Dio, e,
oltre che dirlo Egli stesso, lo dimostra con evidenza di fatto senza alcuna
possibilità di dubbio o di opinabile fideismo.
Ecco perché Egli afferma
essere Lui la presenza umanamente visibile
di quel Dio invisibile ma reale in quanto Autore di tutta la realtà
esistente,
al Quale Egli sta per ritornare dopo aver
fatto in pieno la Sua Volontà compiendo la missione per la quale fu mandato
(Gv 13,3).
Per questo Gesù risponde a Filippo con una
domanda, questa: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai ancora
conosciuto? (:non dice: “Tu non hai ancora fede in me”,
ma: “tu non mi hai ancora conosciuto! Ma conosciuto in base a che cosa?
In base alla Sua profondissima Sapienza, certo!, ma in primo luogo in base
alle opere miracolose che ha compiuto e fatto loro compiere e che dimostrano
obbiettivamente la Sua divinità…!) Chi ha visto (=conosciuto) me
ha visto (conosciuto) Dio-Padre (Gv 14-9),
Nell’uomo–Dio Gesù, detto il
Cristo (=portatore dello Spirito Santo-Dio), infatti, c’è Dio-Padre, così
come Dio-Padre è in Lui (Gv 14,10), per cui - dopo l’Incarnazione
- chi vede il Figlio che facendosi anche uomo per sempre si è
reso visibile in questa dimensione di esistenza ove non era possibile vedere
Dio se non da morti – ha la possibilità di vedere e toccare Dio in
Gesù Cristo: vede cioè sostanzialmente anche il Padre=Dio-Padre
(Gv 1,14 + 1Gv 1,1-2).
Questo
vuol dire che quando noi pensiamo al vero Dio non abbiamo bisogno di molti
passaggi mentali spesso errati, ma basta pensare all’uomo Gesù, che non solo
ha lasciato la Sua immagine nella sacra Sindone, nel miracolo permanente
cioè della Sua umanità martoriata e miracolosamente raffigurata
ma tale immagine umana nella gloria della Resurrezione è
per sempre.
Quando Egli appare ai Suoi
Santi - per parlare di cose attuali: quando appariva ad esempio a San Pio
da Pietralcina – appare loro in carne ed ossa, cosi come appariva ai Suoi
apostoli storici dopo la Sua resurrezione (Lc 24,36-43): il
particolare che Gesù risorto mangia insieme ai discepoli cui era appena
apparso vuol significare infatti proprio questo: la corporeità fisica
della Sua resurrezione, sia pure gloriosamente trasfigurata.
Allo stesso modo appare Maria, che è il
risultato anticipato di come sarà - nel pieno compimento – la nuova umanità
risorta dei salvati nel Nome di Cristo (Gv 6,39-40. 44. 53-54; Lc 20,28-38;
Mt 27,52..), perché la resurrezione di Cristo è anche – come mostreremo – la
resurrezione del genere umano, di cui Cristo è il prototipo e Maria il primo
essere umano che dopo di Lui la raggiunge.
Solo Gesù e Maria (cfr.: Mt
27,52) - quindi – appaiono, quando appaiono, in “carne ed ossa”.
Tutti gli altri santi,
prima della resurrezione universale, appaiono come nei sogni lucidi, ma, a
differenza dei sogni, sono reali, corrispondono cioè alla personale realtà
spirituale del Santo che appare e non sono perciò figure irreali come quelle
dei sogni o della nostra fantasia immaginativa (almeno che non si tratti di
un trucco del falsario, ma il santo ha la facoltà di potersene accorgere).
Il miracolo è constatabile
sia per chi ha assistito o ricevuto il miracolo, sia per gli effetti
permanenti di esso (es.: c’è una signora che vede…senza
pupille, per un miracolo ricevuto da bambina per intercessione di San Pio da
Pietrelcina), sia per conservazione del reperto (es.:
nel cuore della carmelitana e mistica spagnola Santa Teresa D’Avila
(1515-1582) - conservato incorrotto in un prezioso reliquario nel convento
di Carmelitane ad Alma de Tormes - è visibile uno squarcio lungo 5 cm e
largo 3 che riproduce il colpo di lancia del soldato al cuore di Gesù sulla
croce. La santa, che ha vissuto con un cuore trapassato da parte a parte,
descrive ogni circostanza di quando questo evento sovrannaturale ebbe a
prodursi in lei….), sia per circostanziata indubitabile documentazione
(es.: 1640: il gran miracolo della gamba amputata e ricresciuta di
tal Miguel Juan Pellicer, devotissimo della Madonna del Pilar: v. il noto
libro “Il Miracolo”, di Messori).
> I miracoli eucaristici
e quello della sacra Sindone. Miracoli e felicità. L’esorcismo è un
miracolo.
Numerosissimi sono pure i
miracoli (visibili) che riguardano l’Eucarestia, anche se è in Sé un
“miracolo invisibile” (V il documentatissimo libro su i miracoli eucaristici
nel mondo; ed. “San Clemente” 2007).
Notissimo tra i miracoli
propriamente detti (quelli visibili) è il miracolo eucaristico di
Lanciano.
Un prodigio
eucaristico recente viene cosi raccontato da Rino Camilleri su “Il
Giornale” del 7 Nov 2007:
«L'indomani del 7
novembre 1999, nella basilica inferiore di Lourdes, l'arcivescovo di Lione e
l’allora arcivescovo di Parigi, cardinale Lustiger, celebravano la messa
insieme a molti vescovi francesi. La cerimonia era ripresa in diretta dal
canale televisivo statale "Antenne 2". Al momento della cosiddetta
"epiclesi", cioè quando tutti i celebranti stendono le mani sull'ostia da
consacrare perché avvenga la transustanziazione (che è la trasformazione nel
corpo e sangue di Cristo), in quel momento, mezzo pianeta poté vedere
l'Ostia Magna (quella grande, che il sacerdote si riserva per sé)
sollevarsi in aria oscillando e restando a qualche centimetro dalla patena
(il piattino su cui stava appoggiata) per alcuni minuti, fino alla
fine della consacrazione. Il filmato è stato poi analizzato da
diversi esperti che hanno escluso trucchi e manipolazioni di sorta. Il
filmato in questione e le foto dell'evento sono reperibili, per chi fosse
interessato, anche in Internet» (www.toniyassante/com/renzoallegri/eucar/indice.htm).
E come non parlare
ancora del gran miracolo permanente della Sacra Sindone,
ossia del telo che avvolse il corpo di Gesù Cristo morto e deposto nel
sepolcro. Tale telo riporta in forma tridimensionale una stupefacente
sovra-impressione fin nei minimi particolari del corpo deposto e martoriato
del Crocifisso.
L’immagine - che riproduce
in tutto il suo cruento realismo i segni delle ferite riportate da Gesù
dalla Sua cattura alla Sua morte in croce - era impressa nel telo sindonico
in negativo ed è stata riportata per la prima volta in positivo nel
secolo scorso con la prima fotografia della Sindone, dopo la scoperta della
fotografia.
Da quella memorabile
scoperta è nata una scienza particolare la “sindonologia”, che
è arrivata a stabilire – con l’uso di tecniche sempre più sofisticate,
particolari che confermano in modo stupefacente ed impressionante il
racconto evangelico del martirio di Cristo: dalla Sua cattura fino alla
deposizione, all’unzione ed alla sepoltura del cadavere.
Attraverso l'uso di
microscopi ad altissimo ingrandimento, ad esempio, si è scoperta tra l’altro
nella sovra-impressione sindonica all'altezza delle palpebre l'immagine di
due monetine romane circolanti al tempo di quando era governatore della
Siria Ponzio Pilato. Secondo l'uso funerario di allora, tali monetine
venivano poste sopra le palpebre del cadavere per favorirne forse l'unzione
con oli antiputrefattivi.
Ora, se la passione, la
crocifissione e la morte di Gesù trova un formidabile riscontro oggettivo
permanente ed oggettivamente da tutti conoscibile nella Sua miracolosa
sovra-impressione sindonica, come non pensare che tale grandioso miracolo
circa il Corpo martoriato di Cristo, non avalli pure la Sua altrettanto
miracolosa resurrezione dagli inferi. Resurrezione che pur trova comunque
piena conferma descrittiva nei Vangeli, dei quali è stata mostrata la
pienezza di Verità, oltre che nelle apparizioni corporee che
Gesù Cristo ha fatto nei confronti dei Suoi discepoli storici, per primi, e
che continua miracolosamente a fare verso i Suoi santi.
E difatti il Cristo risorto
con il suo stesso corpo trasfigurato ed immortale appare ai Suoi discepoli,
e, per escludere che essi pensassero all’apparizione di un fantasma, mostra
i segni della Sua crocifissione ed invita i Suoi a vedere ed a toccare,
dicendo:
«Guardate le mie mani
e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha
carne e ossa come vedete che io ho».
(Gv 24,39) Ed ancora: «Avete qui qualche cosa da mangiare?. Gli
offrirono una porzione di pesce arrostito; Egli lo prese e lo mangiò davanti
al loro (Gv 24,41\b-43).
Ma c'è ancora una cosa fondamentale da
dire e da non dimenticare sul miracolo ed è che esso rende
felice, non solo chi lo riceve, ma soprattutto chi lo fa in Nome di Cristo,
perché chi è giunto a poter fare il miracolo in Nome di Cristo vuol dire che
è stato dallo Spirito-Dio trasformato come vedremo in un altro cristo in
Cristo.
Questo vuol dire che chi si trova in
questo mondo nella condizione di vivere come un”altro” cristo in Cristo,
partecipa in qualche modo fin da qua – e pienamente quando giungerà
nell’eternità divina dell’Aldilà - alla Felicità assoluta, che
è propria del Cuore o Capacità trinitaria d’amare di Dio, detta “Carità”
(“Deus caritas est”: di questo diremo più avanti). E’ dalla Carità
infatti che promana, l’Amore di Bontà, ricordando che il significato
originario (oggi perduto) di “bontà” è quello di ”felicità\fecondità”; “buono-bene-bontà”,
derivano infatti da ”beare” col significato di “essere e rendere felici”.
A questo proposito ricordiamo che l'anima di
Maria nel magnificare il Signore che aveva guardato all'umiltà della sua
serva esultò in Dio suo (e nostro) Salvatore, vale a dire “saltò dalla
gioia”, provò grande allegria, dimostrandola con fatti e parole nel
mentre si era recata per esempio ad aiutare nell'imminenza del parto la sua
anziana cugina, la cui abitazione era distante dal posto dove la Madonna
viveva un centinaio di chilometri che per quei tempi erano tanti.
E come può non lasciare
stupefatti la profezia mariana, puntualmente verificatasi e
che a tutt’oggi ancora si verifica (basta guardare a Lourd, a Fatima…),
fatta ancor prima della decisione dei primi discepoli di seguire Gesù
in gruppo (dando con ciò inizio alla prima figura della
Chiesa “ordinata” di Cristo) e
secondo la quale tutte le generazioni avrebbero considerato Maria beata?
(Lc1,46-55). L’avrebbero considerata cioè spiritualmente
feconda = felice = beata= benefica, circa l'influenza da lei esercitata per
affrettare il compimento della redenzione salvifica del Figlio, che Egli era
venuto a compiere nel mondo quale uomo-Dio per regalare al mondo il Regno di
Dio.
La maggior parte dei
molti luoghi di pellegrinaggio, Santuari, Monasteri, Chiese, Chiesette ed
edicole sono sorti in conseguenza di
tali e tanti strabilianti
accadimenti miracolosi da potersi affermare con sicurezza documentata che
nessuna religione, dalla sua nascita al suo sviluppo fino ancora ad adesso,
è costellata da così numerose e miracolose teofanie da doversi concludere
con certezza documentata che essa sia l’unica religione ad essere avallata
da innumerevoli irruzioni del sovrannaturale nella sua storia,
con buona pace di certo razionalismo teologico, che pretende di avvicinare
l'approccio della teologia a quello della filosofia, dimenticando la
concretezza indubitabile della teofania miracolosa.
Quanto abbiamo fin qui riportato rende
definitivamente giustizia di tutti i falsi ragionamenti degli “intelligenti”
e dei “sapienti” di questo mondo che hanno rifiutato e rifiutano di pensare
come pensa Dio (cfr.:Mt16,21-23) lungo questi due millenni dal Suo primo
Avvento ed hanno fatto diventare L’uomo-Dio ora ariano (=la
più perfetta delle creature create da Dio ma non Suo Figlio generato da
sempre e per sempre), ora musulmano (solo un profeta di Dio ma non anche
Dio. un profeta peraltro superato da Maometto definito il “sigillo dei
profeti”), ora eutechiano (solo Dio, ma non anche uomo),
ora pelagiano (l’uomo non ha bisogno dell’incarnazione per
redimersi e salvarsi, ma si salva da sé, perché la grazia altro non è che il
buon esempio dato da Cristo) …e chi più ne ha più ne metta.
Dunque i cristiani – quando
questo Nome divino che significa unti di Spirito Santo Dio (v. più
avanti Santi di Cristo) comincia ad essere portato con una certa
proprietà - non credono alla Divinità di Gesù Cristo soltanto perché sono
venuti a conoscere dei segni divini (=miracolosi) che Lui ha fatto duemila
anni fa circa e che sono riportati nei Vangeli sulla cui storicità si è
ormai più che certi, ma credono a quei segni divini che Gesù Cristo ha fatto
e che i Vangeli riportano soprattutto perché Gesù Cristo – come
previsto dai Vangeli (Gv 14,12-14) - ha continuato a
farli e a farli fare ai Suoi Santi fuori dai Vangeli da duemila anni a
questa parte.
Gesù
Cristo perciò non è il “fu Gesù di Nazaret”
ma continua ad esistere sia come uomo che come Dio
E la prova suprema ed
inconfutabile – sarebbe a pieno titolo da dire scientifica - di questo
è che Egli continua da 2000 anni a questa parte a fare ed a far fare nel
Suo Nome le stesse opere sovrannaturali (=miracolose) che
faceva e faceva fare ai discepoli dei Suoi tempi. Ed anzi di
ancora più strabilianti, perché come Egli stesso predisse e fu riportato
nei Vangeli - ultimata la Sua divina Missione di redenzione salvifica del
genere umano e del suo mondo, che presupponeva l’Incarnazione -
ritornava al Padre. Ma non vi ritornava
cosi come era disceso – ossia con la Divinità soltanto – ma anche con la
Sua umanità acquisita dalla vergine Madre, per cui Egli, che era vero Dio
da sempre, ritornava al Padre uomo-Dio per sempre.
I veri Cristiani di
conseguenza non credono che Gesù Cristo è Dio per fede - come credono alle
loro divinità tutti gli altri aderenti alle altre religioni – ma ci credono
per conoscenza diretta (o mediata) dei fatti miracolosi certamente accaduti
e che continuano ad accadere
(=cristofanie o teofanie
cristologiche) e tramite i quali – come profeticamente previsto nei Vangeli
(Gv 14,12-14) - Gesù Cristo continua a dimostrare di essere il vero
ed unico Dio, Colui cioè che è da adorare – da parte dei veri
adoratori – in Spirito Santo e Verità, perché è giunto ormai il tempo – ed
è ancora questo - in cui il Vero Dio cerca tali adoratori (Gv
4,23-24).
Per acquisire e tenere
definitivamente presente questa fondamentale Verità - che cioè Gesù Cristo è
il vero Dio - non ci vuole dunque fede, ma obbiettiva conoscenza.
La fede, che è fede nell’imitazione di Cristo, è un dono divino che viene
dopo e si fonda su quella conoscenza.
Gesù è
venuto a dirci e continua a dirci:
“Io vi dimostro col
miracolo - che tutti possono conoscere - che sono Dio
(“Chi ha visto\conosciuto me ha visto\conosciuto Dio: se non lo
credete per la divina sapienza delle mie Parole, credetelo almeno per la
conoscenza delle mie opere miracolose”: Gv 14,9-11), per cui vi
dono la fede in Dio, ossia in me stesso. E ciò faccio in vista che voi
corrispondiate a tale dono facendo con fiducia di veri adoratori del vero
Dio la mia Volontà sapendo con certezza inoppugnabile che è Volontà del vero
Dio, così come io col miracolo vi dimostro di essere” (cfr Gv
4,23-26).
Dunque non possiamo
invertire questo rapporto dicendo che la fede nel vero Dio viene prima della
conoscenza umana del miracolo della Sua autorivelazione divina. Altrimenti
finiremo con l’adorare - come la samaritana prima dell’incontro con Cristo -
ciò che non sappiamo essere il vero Dio (Gv 4,22) per conoscenza, ma solo
per fede.
Fede che non fondandosi come
per gli aderenti alle altre religioni non cristiane, su quella conoscenza,
è fede mal riposta.
L’inversione del rapporto è
capitato - e continua purtroppo ancora capitare - perché non si sa bene che
cos’è il miracolo, vale a dire che esso è un fatto che può fare solo il vero
Dio, perché solo il vero Dio (non quello ritenuto tale solamente per fede)
ha l'onnipotenza necessaria per far esistere dal
nulla (=creare) una realtà che prima non esisteva e per far sparire nel
nulla una realtà che prima esisteva.
La fede in Gesù Cristo - lo
ripetiamo – non riguarda la Sua divinità che Egli prova con i fatti
miracolosi che compie, con le Sue teofanie, ma riguarda - come mostreremo
- il voler imitare la Sua Vita terrena, malgrado essa sia segno di
contraddizione (Lc 2,34) sia per l’orientamento ego-verso della nostra
stessa capacità d’amare, sia per gli esempi mondani del mondo che ci
circonda, sia per le tentazioni del principe di questo mondo, satana, che
cerca di dividerci da Dio col peccato (e molto spesso purtroppo ci
riesce per gran parte della nostra vita terrena, salvo pentimento finale).
Non esiste perciò un fede
dura e pura, soprattutto nel senso – come spesso si sente dire - che tale
fede, tanto più sarebbe encomiabile quanto più esercitata al buio, a
prescindere dai miracoli (con i quali Cristo dimostra visibilmente di essere
Dio). Questa fede se fosse praticata sarebbe una fede molto debole – come
quella di molti cristiani d’oggi – ed a nulla si distinguerebbe dalla
mera credulità.
L’espressione agostiniana del
“quanto più assurdo tanto più credo” sarebbe mera credulità anch’essa se
venisse presa alla lettera per sottovalutare la forza dimostrativa del
miracolo che è comprensibile anche ai piccoli e col quale il vero Dio
dimostra Se stesso in Gesù Cristo, prescindendo dai sapientoni e dagli
intelligentoni.
Questo non
vuol dire che la samaritana di allora, prima di incontrare il Cristo e gli
appartenenti alle varie religioni che fino ad oggi non l’hanno ancora
incontrato, come per esempio i musulmani, non si salvano, se muoiono pentiti
dei loro peccati come tali in coscienza conosciuti.
Costoro tutti, infatti pur
rammaricandosi di non aver potuto conoscere il Cristo quale vero Dio in
questo mondo, Lo conosceranno però per tale nell’eternità dell’Aldilà
allorché sapranno che è il loro Salvatore – ossia il loro divinizzatore.
Colui che consentirà loro di accedere all’Assoluto: alla pienezza del Regno
trinitario di Dio dentro Dio.
Ma pur se
costoro – sempre per Cristo - si salveranno nell’eternità divina dell’Aldilà
- una cosa però è certa: che se non hanno conosciuto il vero Dio in
Gesù Cristo già da qua, non potranno - ovviamente - diventare veri
cristiani, Suoi imitatori - ossia figli di Dio – col potere del Figlio di
Dio - già da questo mondo (Gv 1,12-13) sia pure in vista di
raggiungere la pienezza di questo processo di rigenerazione antropologica
cristiana nell’eternità divina dell’Aldilà
E questo - per tutto quello
che abbaiamo ancora da dire – NON è cosa di poco conto, sia per chi
vive provvisoriamente in questo mondo che per questo mondo provvisorio
stesso. Soprattutto se si è stati chiamato col Battesimo alla sequela di
Cristo e non si è giunti per difetto di conoscenza circa il vero Dio
ad aver fede nel fare la Sua Volontà.
Il chiedere
dei segni perciò a chi si presenta in Nome di Dio - soprattutto se
addirittura afferma di essere Dio come Gesù Cristo - è pertanto richiesta
legittima.
Potranno questi segni
convincere o non convincere come non convinsero i farisei del tempo di Gesù
(cfr.. Gv 9,1-41) e quelle città ove Gesù aveva fatto i più grandi miracoli
(Mt 10,20-24), ma i segni vanno fatti, perché non si
può dar credito soprattutto a chi si presenta come Dio, se questi non dà
prova convincente circa la Sua divinità, altrimenti un dio vale l’altro.
Vero è che Gesù pur avendone
fatti tanti di miracoli si rifiuta di fare segni dal Cielo (=miracoli)
quando questa richiesta (Mr 7,11-13; Mt 12,38-42; Lc 11,29-32) per
accreditare la Sua divinità e donare la fede nella Sua imitazione è fatta
per mera curiosità della folla (Lc 11,29-32) o per “tentare” Dio a
vanagloria (Mr 7,11-13; Mt 12,38-42).
La stessa posizione di
rifiuto Gesù adotta verso satana nel deserto (Lc 4,2. 9-12) e verso
quell’apostolo di satana sulla terra che fu Erode (Lc 23,8-9).
Il Signore Gesù non fa mai
miracoli né in suo vantaggio, perché non ne ha bisogno, né, ad “pompam”, né
tampoco per soddisfare una mera curiosità. Il Signore infatti fa e fa fare i
miracoli per accreditare la Sua divinità al fine esclusivo di far sorgere la
vera fede nell'imitazione della Sua vita, in che consiste pienamente il fare
la Volontà di Dio.
“Io - dice Gesù - sono colui che fa
risorgere i morti alla vera vita eterna. Chi sa sicuramente che io posso
fare questo con i miei miracoli d’Amore
(Gv
11,27), anche se muore, sa che tornerà in vita
per sempre. E se è ancora in vita in questo mondo, sa, con certezza, che non
morrà mai nell’eterna separazione da Dio di una vita dannata causata dal
peccato
(cfr.. Gv 11,25-26).
Colui che dimostra di
essere il vero Dio ci innalza quindi a ri-nascere dall’Alto – ossia da Acqua
(annientamento dei peccati) e da Spirito (diventare figli nel Figlio di
Dio, partecipi dell’onnipotenza stessa del Figlio naturale di Dio e di
Maria: Gv 1,12-13).
San Paolo, da persecutore
acerrimo dei cristiani, è diventato uno dei più miracolosi testimoni della
Sua divinità in conseguenza di un miracolo che
ha generato in lui una fede grande nel fare la Volontà di Cristo a cui ha
corrisposto con un impegno parimenti grande…
Ed un grandioso
Miracolo è quello di Gesù che risorge dai Morti. Quello che Egli
chiama figuratamene: il segno di Giona (Mr 7,11-13; Mt 12,38-42). Né è
riduttivo definire il Vangelo il Libro dei
segni miracolosi dati a tutti da Gesù per testificare la Sua divinità e la
Sua missione divina.
Giovanni chiama
espressamente "segni" (= in greco: seméia) i miracoli di Gesù, che
gli altri evangelisti chiamano "opere" (= in greco: erga), nel senso
di opere straordinarie: miracoli in senso proprio.
Pur nondimeno ancora oggi
c’è chi sostiene che la fede… non dipende dai miracoli ma… viceversa.
Scrivendo questo purtroppo
su libri di divulgazione catechistica si mostra di non conoscere né che
cos’è il miracolo (=segno qualificato che dimostra la divinità) né che cos’è
la fede (un dono che si basa sulla dimostrata divinità di chi vuole sia
fatta la Sua Volontà).
Ne consegue che chi rifiuta di voler conoscere –
e quindi comprendere – nell’unico modo possibile in questo mondo – e cioè
con i miracoli - che Gesù-Cristo è il vero Dio, si esclude dalla capacità di
voler comprendere che Egli è REALMENTE CAPACE di annientare la realtà della
nostra separazione da Dio prodotta dai nostri peccati e di fare dal nulla
(=creare) la realtà di una nuova umanità, che, senza recidere la continuità
del nostro io personale, ci innalza fino a diventare a Sua immagine e
somiglianza.
Chi sottovaluta i miracoli perché crede più a quello che
scrive su Cristo senza preoccuparsi o snobbando quello che fa realmente
Cristo, allora potrà anche essere un provetto
esegeta della Scrittura, potrà pure scrivere volumi e volumi sulla vita di
Cristo, potrà diventare professore emerito di teologia all’università della
(…,) ma non diverrà mai un vero cristiano:
un ri-generato da Cristo in un altro Cristo,
mediante, come vedremo, il Suo Santo Spirito.
Ma non sono
pochi attualmente a sottovalutare i segni miracolosi che al di là dei
Vangeli continua a dare Cristo in questo mondo.
Anche per questo come scrive
esattamente il Palmisano – op. cit. pag 623 - molti
si tirano indietro, dichiarandosi non cristiani, ex cristiani, post
cristiani, e aderiscono a questo o a quell'altro movimento religioso antico
o recente, oppure affermano di essere del tutto estranei a interrogazioni e
problemi di ordine religioso.
Alla
generazione del Suo tempo, che rifiutava la Sua messianicità, Gesù disse che
nel giorno del giudizio sarebbe stata condannata dal profeta Giona, che fu
accettato dagli Assiri, pagani e nemici di Israele, e da una regina,
anch'essa pagana, che venne «dall'estremità della terra» per ascoltare la
sapienza di Salomone.
Che Giona
e la regina dei Sabéi siederanno a giudicare Israele è solo un'immagine; ma
che Gesù giudicherà tutti gli uomini è una verità da Lui proclamata più
volte. Cosa dirà ai cristiani in quel giorno? Potrebbe rivolger loro
quest'amaro rimprovero:
«Avete glorificato
Mosè, Budda, Maometto, i grandi saggi dei popoli e perfino degli uomini che
non avevano alcun motivo di essere celebrati come vostri benefattori. Avete
dichiarato immortale i pensieri e le opere dei figli migliori della vostra
terra e avete dissipato "la Verità è la Grazia" (Gv 1,17), che io vi ho
portato nel Nome del Padre mio.. .Siete inescusabili»
Il miracolo è perciò
necessario per conoscere che Gesù Cristo è il vero ed unico Dio in tre
divine Persone e costituisce - come abbiamo mostrato ed ancora mostreremo -
il presupposto del dono della fede, il cui oggetto è corrispondere a
questo dono col fare la Volontà di Cristo, che è Dio.
Tenere pertanto un
comportamento di sottovalutazione o addirittura di rifiuto delle teofanie
miracolose - soprattutto cristologiche - significa rifiutare o
sottovalutare (il che è lo stesso) di voler conoscere chi è il vero
Dio: presupposto questo indispensabile al fine di fare con fiducia
ed impegno massimo la Sua Volontà, collaborando così liberamente al progetto
che il vero Dio promuove, ravviva e sostiene per la felicità dell’umanità.
La sottovalutazione o il
rifiuto del miracolo soprattutto cristologico è un atteggiamento
profondamente errato che sostanzialmente confluisce in una forma di
collaborazionismo - consapevole o inconsapevole, ma obbiettivamente sempre
di collaborazionismo - col nemico di Dio e dell’uomo, che è satana.
Ciò in quanto come è facile
capire - allontanando l’umanità dalla conoscenza del vero Dio - ostacola e
comunque ritarda i progetti salvifici che solo il vero Dio nutre per
essa mediante il libero consenso umano e la corrispondenza al dono della
fede nel fare la Sua Volontà.
Per rafforzare questo
convincimento è anche opportuno richiamare alla memoria che fin dal
Testamento antico i miracoli testimoniano la presenza del vero Dio
da conoscere e da amare al di sopra di tutto (=adorare) facendo la Sua
Volontà, così come Mosè ricordò al popolo riunito in assemblea
mettendolo in guardia da ogni deviazione politeista (vds in
Dt 4,32-40 tutti i miracoli ed i prodigi fatti dal vero Dio e riassunti da
Mosè al popolo ebraico per ammonirlo a comportarsi in modo da fare la Sua
Volontà osservando i Suoi Comandamenti “perché sia felice tu ed i tuoi
figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo
Dio, ti dà per sempre”).
Possiamo ricordare pure che
è stato con un miracolo grandioso -
fatto dal vero Dio Padre di nostro Signore Gesù Cristo, sollecitato con la
preghiera del grande profeta Elia ed avvenuto sul
monte Carmelo di fronte a tutto il popolo di Israele convocato
appositamente dal re Acab verso la fine della seconda metà dell'anno 800
a.C. - che fu scongiurata una delle più grandi
tragedie della Storia cristo-centrica della salvezza.
Si trattava infatti della
prima - e per la sua totalità rimasta unica - apostasia dal vero Dio
del popolo di Israele che a quel tempo pendeva ormai tutto dalla
parte di Baal e degli altri idoli pagani, figurazioni di satana, l’anti-Dio.
Costui spacciandosi per dio in cielo cercava così di “uccidere
spiritualmente” il popolo ebraico per impedire che da esso potesse
venire, in attuazione della profezia di cui in Gn 3,15, quel Messia di
Israele, nato da Donna, che l’inferno temeva più di ogni altra cosa perché
avrebbe per sempre messo fuori causa satana ed i suoi accoliti ex angeli dal
nuovo mondo umano..
Ma satana
non ci riuscì proprio perché col miracolo sollecitato nella preghiera dal
profeta del vero Dio – ormai rimasto solo a fronte di circa 450 falsi
profeti di Baal – il vero Dio ridicolizzò tutti costoro, dando – col
miracolo - la prova certa di essere Lui – quello invocato da Elia -
il vero Dio da adorare (1Re 18,20-39).
Questa teofania miracolosa,
avendo fatto si che tutto il popolo ritornasse come un sol uomo a
Colui che inequivocabilmente e pubblicamente aveva col miracolo dimostrato
e provato di essere il vero Dio (1Re 18,39), mandò in
frantumi il piano diabolico di satana.
Avvenne infatti che il gran
miracolo del fuoco sorto per Dio dal nulla evitò che si potesse interrompere
tra la confusione dei popoli pagani adoratori di Baal la continuità
spirituale di quel Popolo - l’Ebreo - che il vero Dio si era
prescelto per educarlo a poter accogliere, nella maturazione dei tempi,
l’Incarnazione dell’Unigenito Suo Figlio al fine di portare a compimento la
Storia cristo-centrica dell Salvezza.
Nel nuovo Testamento Il
miracolo che rese la vista al cieco nato è quello da cui Gesù prese le mosse
per far conoscere come e dove bisogna cercare e trovare il vero Dio
e per ammonire i religiosi del suo tempo, che erano alla guida del popolo di
Dio, a guardarsi bene dal peccato (senza ritorno) di
incredulità ingiustificata verso Colui
(=Lui stesso) che dimostrava di esserlo.
Eppure
il potere politico-religioso di allora tenacemente consolidato sui
pregiudizi diabolici di scribi, farisei, e sadducei –-
non cambiò di nulla l’atteggiamento “negazionista” nei confronti di
Gesù nemmeno di fronte a questo grande miracolo
indubitabilmente attribuitogli ( di “negazionismo” si parla oggi
nei confronti di coloro che hanno l’impudenza interessata di negare la
verità conclamata di fatti storicamente evidenti e riscontrabili come quelli
diabolici dell'Olocausto, relativi al tentativo nazista di genocidio degli
ebrei: in esso satana si ripete richiamando l’analogo tentativo di genocidio
ebraico perpetrato al tempo di Mosé dal faraone egiziano mediante l’ordine
rivolto a tutte le levatrici del regno perché uccidessero appena nati tutti
i figli maschi partoriti dalle donne ebree).
«Da che mondo è mondo
- fece osservare il miracolato ai suoi “rispettabili” inquisitori dell’epoca
– non si è mai sentito dire che uno abbia mai aperto gli occhi ad un
cieco nato. Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla»;
Gv 9,32-33).
Ma, pur non essendoci
dubbio di sorta alcuno circa l’avvenimento del fatto miracoloso in sé né
sull’Autore di esso, lo cacciarono via in malo modo.
Poiché, come vedremo, è
tipico di lucifero, l'angelo caduto, e degli altri angeli che insieme a lui
caddero quando si ribellarono a Dio falsificare il ragionamento circa la
Verità esistenziale e negare o sottovalutare l’evidenza dei fatti miracolosi
che a quella Verità vogliono invece portare – si chiarisce allora
ancora meglio perché satana ce l’ha col miracolo.
E’ il miracolo infatti -
ed anche l’esorcismo – che fa cadere tutti gli altarini del diavolo in
quanto dimostra con evidenza obbiettivamente innegabile la presenza certa
del vero Dio e di quello che Egli vuole dall'uomo, limitando cosi
l’efficienza nefasta di satana tendente invece a far dimenticare Dio,
tirando il sasso ma nascondendo però la mano.
Ecco cosa dice Gesù di
quelli che in mala fede ragionano come satana, negando, per ingannare, anche
l'evidenza dei fatti miracolosi:
Costoro, pur affermando di
"vedere", non vogliono però vedere la realtà, pur se essa cade sotto i loro
occhi. Con la conseguenza che, se non c'è peggior sordo di chi non vuol
sentire, a maggior ragione non c'è peggior cieco
di chi non vuol vedere.
Gesù è venuto per far vedere
chi non vede (chi si trova cioè senza saperlo nell'errore esistenziale),
anche se questo Suo scopo di rivelazione della Verità dell’Esistenza
"acceca" (= mette fuori causa) coloro che dicendosi sapienti, e quindi di
vedere, in realtà si comportano come coloro che,
chiudendo entrambi gli occhi, affermano che il sole non esiste.
E questo fanno solo
perché vogliono restare nelle loro tenebre.
Attaccati come sono al loro
“piatto di lenticchie” come l’ostrica allo scoglio, non vogliono infatti
rischiare di perdere ciò che ritengono di possedere quanto a ricchezza,
prestigio, e quant’altro su cui poggia erroneamente la sicurezza della loro
vita malvagia, vissuta sulla sintonia dello spirito diabolico.
Non per nulla Gesù conclude
il Suo discorso di auto-presentazione a Nicodemo, rivelando che:
«La Luce (=
Gesù-Verità) è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre
che la Luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il
male, odia la Luce (=Verità-Dio) e non viene alla Luce perché le sue opere
non vengano riprovate. Invece chi fa (= tende a fare) la Verità viene verso
la Luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio
(Luce)»
(Gv 3,19-21).
Ecco perché - come dice
Gesù - coloro che rifuggono dal conoscere dove si trova la
Verità (per non farla) sono tra quelli il cui peccato rimane.
Rimane perché non è che non
vogliono cambiare modo di pensare ed atteggiamento in quanto convinti in
buona fede della verità del loro punto di vista (=ignoranza salvifica: non
sanno cioè quello che fanno, e quindi sono “automaticamente” perdonati da
Dio:), ma, al contrario, perché, pur sapendo che
la Verità non sta o non sta più con loro, ciononostante NON vogliono
convertirsi ad essa, accogliendola e cambiando il loro modo di pensare e di
vivere.
Lo stesso atteggiamento di
negazione della Verità evidente che dimostra l’esistenza di Dio in Gesù
Cristo si riscontra nell’analogo modo di fare dei farisei che bestemmiando
la Verità calunniavano Gesù dicendo di Lui che liberava da satana i
posseduti diabolici col… potere di satana. Quindi, secondo questo
“ragionamento” (falso), Gesù sarebbe stato un sottoposto a satana che
avrebbe agito... contro satana.
È evidente che questa accusa
non può corrispondere alla verità dei fatti «per la contraddizion che
nol consente» (Dante).
Al contrario, l'attività di
liberazione dalla infestazione diabolica di satana e dei suoi accoliti ex
angeli operata da Gesù in Nome proprio dimostra NON la Sua complicità
MA ovviamente l’opposto, ossia la Sua superiore potenza su satana,
e quindi la Sua Divinità velata ma non assorbita dalla Sua umanità.
Perché questo? Perché non
esiste altra potenza superiore a quella preternaturale degli angeli
diabolici (sia pure rivolta al male) se non
l'onnipotenza sovrannaturale di Dio, per cui, afferma correttamente Gesù:
«se io non scaccio satana col potere di satana, vuol dire che lo scaccio con
quello di Dio, per cui è Venuto a voi il Regno Dio, ossia Cristo stesso,
l’uomo-Dio» (Mt 12,28).
In sostanza, non solo Gesù
Cristo dimostra di essere più forte di satana in quanto lo vince (Mt 12,29)
buttandolo fuori dall’uomo (=redenzione: altrimenti impossibile
dell’uomo da satana-peccato), ma
soprattutto dimostra con i miracoli di avere il potere sovrannaturale
dell’onnipotenza, che è proprio soltanto del vero Dio.
Tale potere di
onnipotenza o sovrannaturale è indispensabile sia per buttare
satana fuori dal mondo umano annientando il peccato, sia per rifare dal
nulla ogni essere umano senza annientare però la continuità esistenziale del
suo io personale.
E’ l’onnipotenza infatti,
come abbiamo mostrato, che consente soltanto al vero Dio di fare dal nulla e
di annientare nel nulla la realtà dell’esistenza, cosi come chiaramente
appare dai miracoli con i quali Dio ha fatto dal nulla nella Genesi i
quattro regni (=modi di esistere) dell’Esistenza.
Pertanto, l’atteggiamento
“negazionista” dei farisei (“religiosi”) e scribi (“teologi”) dei tempi
storici di Gesù (e di tutti i tempi) sia nel caso del miracolo
misconosciuto che in quello della lotta vittoriosa di Cristo contro i
posseduti diabolici viene a formare in questo campo fondamentale
dell’Esistenza quella “bestemmia conclamata contro lo Spirito
Santo”, ossia contro la Verità evidente che è
Gesù Cristo in quanto dimostra di essere Dio.
Questo atteggiamento esclude fin da questo mondo e per sempre
dal perdono divino NON perché Dio non voglia perdonare
(Lui
ha già perdonato in bianco ed in modo sovrabbondante tutti peccati
dell’umanità a partire da quello originale ed a finire con la fine di questo
mondo)
MA perché concretizza una scelta definitivamente
impenitente per satana come opzione fondamentale dell’intera propria vita in
questo mondo.
Questo in pratica vuol dire che
si chiama male
quello che si sa che Gesù Cristo chiama “Bene” e si chiama bene quello che
si sa che Gesù Cristo chiama male.
E’ l’atteggiamento diabolico
dell’ex cristiano che si fa apostolo di satana partendo dalla
negazione che Gesù Cristo è Dio e che quindi è la vera
Via alla vera Vita eterna, nel senso che
nessuno va a Dio se non per mezzo di Lui (Gv 14,6), osservando
cioè i Suoi “comandamenti” (Mt 15,3; 22,40; Mr 12,28; Gv 12,50; 14,21; 1 Gv
2,7; 5,3).
Non si pensi che
questo atteggiamento acriticamente anticristiano era presente solo contro
Gesù Cristo da parte dei falsi cultori della religione di Abramo di quei
tempi, Esso è presente anche oggi tra i falsi cristiani che si fanno
anti-cristi (predicatori ed apostoli di satana) negando l’evidenza della
Divinità di Gesù Cristo e facendosi pubblici cultori del male.
Si possono fare tanti esempi
attuali soprattutto nel campo politico delle leggi, quando si chiama
bene l’aborto, che Gesù Cristo ha chiamato male, o quando si chiama
male l’indissolubilità del matrimonio che Gesù Cristo ha chiamato Bene
(cfr.: Mt 19,3-9) o quanto si chiama eutanasia “buona morte” ciò che Gesù
Cristo ha chiamato omicidio…(cfr.. Mt 19,18-19) e di queste cose purtroppo
in ambito dei popoli “cristiani” se ne fanno molte…Di fronte ai miracoli ed
alle conversioni che il vero Dio faceva fare a San (Padre) Pio da
Pietrelcina, molti dell’ambiente dello spettacolo avevano cambiato vita
orientandola a Cristo, mentre altri, pur sapendo questo e vedendo le
conversioni dei loro colleghi ed amici, non accolsero mai l’invito di andare
a trovare il Santo, proprio perché (così ebbero a dire testualmente) non
avevano alcuna intenzione di cambiare (il peccato della loro) vita…
I discepoli storici di Gesù
nutrivano nel Maestro Gesù una certa fiducia, dal momento che non esitarono
a svegliarlo allorché la tempesta minacciava di sommergere la barca in cui
si trovavano assieme a Gesù addormentato. Essi avevano ormai perso ogni
speranza di potersi salvare la vita con i loro sforzi, stante che la barca
era ormai quasi tutta piena d'acqua ed il mare non accennava a placarsi.
«in quel medesimo
giorno, verso sera, disse loro: - Passiamo all'altra riva. E, lasciata la
folla, lo presero con loro nella barca, così com'era. C'erano anche altre
barche con Lui. Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e
gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena, mentre Egli se ne
stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero.
-Maestro non ti importa che moriamo? Egli destatosi, sgridò il vento e disse
al mare: -Taci, calmati. Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse
loro: - Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?»
(Mc 4,35-41).
Ci vorrà per loro del tempo
prima di comprendere che li potere di Gesù rimanda a quello di Dio, che si è
incarnato nel Figlio per mettere la Sua divina onnipotenza al servizio della
Sua misericordia, vincendo per noi ogni morte con la Sua Resurrezione:
- Perché siete così
paurosi? Non avete ancora fede?
Non avete ancora capito che ho potere sulla natura e potere di annientare la
morte?!
La fede in Cristo non è vera
fede – che significa mettere l’imitazione di Cristo al di sopra di tutto
quale punto di riferimento imprescindibile – se non si è capito che Gesù
Cristo dimostra di essere Dio con l’onnipotenza dei Suoi miracoli non come
attività fine a se stessa, ma perché Egli intende porre la Sua
onnipotenza al nostro servizio. Si è fatto uomo infatti per
redimere la nostra natura umana da ogni limitazione – ivi compresa non solo
la morte spirituale, da cui quella corporale deriva, ma anche quest’ultima
–divinizzarla ed assumerla infine nell’intimità trinitaria di Dio piena di
Dio.
Perciò la risposta che
Pietro - ispirato da Dio dà alla domanda di Gesù: «…E voi chi dite che io
sia? - «Tu sei il Cristo (=Il Messia), il Figlio
(naturale di Dio che si è incarnato) del Dio vivente» è la risposta
che in assoluto corrisponde alla verità desunta dai fatti miracolosi
accaduti e che continuano ad accadere da 2000 anni a tutt’oggi
(Mt 16-15-16).
> Come le teofanie cristologiche dei miracoli
garantiscono la Verità assoluta dei Vangeli che riguardano la Verità – come
dice Gesù - “tutta intera” dell’Esistenza, sia di quella increata che di
quella creata.
Ora, se i miracoli che dimostrano la divinità di Gesù Cristo
(=teofanie cristologiche) oltre che nella narrazione evangelica – avvengono
anche fuori di essa come da essa
chiarissimamente previsto
– allora risulta reciprocamente confermato
quanto segue:
1) che Gesù Cristo oltre che uomo dimostra di
essere veramente il sempre-vivente Dio- Figlio di Dio da sempre ed
uomo-Dio Figlio di Maria e di Dio nel tempo e per sempre e:
2) che i Vangeli
sono veri perché non solo hanno riportato i fatti
miracolosi che dimostrano la Divinità di Gesù Cristo, ma hanno previsto il
verificarsi (accertato) di queste teofanie cristologiche anche nei secoli a
venire.
I Vangeli non sono perciò
un’opera meramente letteraria e men che meno sono un’opera letteraria
manipolata, ma la registrazione storica puntuale di fatti non solo
verosimili ma veri.
Fatti cioè storicamente
accaduti e più reali del “De bello gallico” di Giulio Cesare o di
altre opere storiche a cui siamo abituati a dar credito di verità in modo
sicuramente eccessivo e spesso non sempre provato, perché soltanto le
narrazioni evangeliche sono continuamente ed
attualmente confermate e lo saranno sempre, perché “i cieli e la terra
(=questo mondo) passeranno, ma…”.
Perché? Il motivo è
molto semplice: Tali Parole NON PASSERANNO perché sono sicuramente
“PAROLA DI DIO”
(Mt 24,35).
Non possiamo quindi non
rivendicare ai Vangeli la loro funzione di centro unico per la
conoscenza della Verità tutta intera dell’Esistenza (Gv 16,13),
e quindi centro di conoscenza indispensabile
per l’intelligenza dell’intera Storia della Salvezza, che, proprio per
questo, è cristo-centrica.
Questo vuol dire anche
che la Scrittura biblica pre-evangelica può sostanzialmente definirsi come
una profezia che si è pienamente e definitivamente realizzata nei Vangeli,
dei quali Cristo costituisce la “Buona Novella (=IL Vangelo)
Siamo pertanto obbligati a
concludere (perché la verità stringe, anche se non costringe) che
tutto quello che nei Vangeli è rivelato a riguardo dell’aspetto
cristologico, di quello ecclesiologico
e di quello escatologico E’ VERITA’ TUTTA INTERA
RIVELATA DA CRISTO CHE DIMOSTRA ANCHE AL PRESENTE DI ESSERE DIO: UOMO-DIO.
Questa conclusione risulta
ulteriormente confermata dal fatto che i Vangeli sono stati nel corso dei
secoli “vivisezionati” in ogni loro piccola parte e ne è stata sempre
riscontrata contro i detrattori la loro storicità narrativa – ossia
la corrispondenza alla realtà dei fatti in essi narrati (si esamini per
tutti il commento storico ai Vangeli del Ricciotti) oltre che la loro
inesauribile profondità e sapienza teologica (basterebbe questa da
sola a convincere dell’origine divina dei Vangeli, ma avrebbe bisogno di
studio e meditazione che, scarsamente presenti tra gli stessi cristiani, non
potrebbero essere richiesti ai popoli di altre religioni).
Perciò non solo Cristo
continua - coi Suoi miracoli (auto-teofanie) che solo il vero Dio può fare e
far fare - a dimostrare evidentemente di essere
il vero Dio anche al di fuori dei fatti miracolosi narrati nei Vangeli,
ma avvera così anche i Vangeli
stessi come Verità assoluta rivelata da Dio in Persona, sia perché gli
stessi fatti miracolosi poi avvenuti fuori dai Vangeli sono stati descritti
anche nei Vangeli, sia perché la previsione che essi sarebbero stati
compiuti al di là delle descrizioni evangeliche – come in effetti è avvenuto
e continua ad avvenire - è contenuta nei Vangeli stessi (Gv
14,12-14).
I Vangeli sono insomma
una precisa profezia che si è avverata e continua ad avverarsi.
Ora l’unico uomo che prova coi fatti di
essere pure Dio è Gesù Cristo. Prova questa che non riguarda fatti mistici,
realtà riservate solo a chi ha raggiunto alti livelli di santità, ma è prova
sperimentabile da chiunque abbia raggiunto la capacità di intendere e
volere. E vogliamo qui ribadire una considerazione già espressa che cioè a
questo riconoscimento di divinità non è d’ostacolo questa o quella
appartenenza religiosa
perché la conoscenza di fatto – essendo
obbiettiva -
è valida per tutti.
E’ valida, come dicevano i latini,
“erga omnes”
– per cui devo
constatare che Gesù Cristo è Dio anche se fossi musulmano o buddista o di
qualsiasi altra religione. Così come il musulmano o il buddista o
l’appartenente a qualsiasi altra religione conoscono che il sole spunta
all’alba e non al tramonto, e che l’asino raglia e non abbaia.
Insomma Il Dio (o gli Déi) delle altre religioni
sono ritenuti “veri” solo per fede dai loro
fondatori, dai loro Libri sacri e dai loro teologi, senza poter conoscere
se tale fede riguarda il vero Dio, oppure no, perché non esistono prove
della loro divinità.
Abramo è morto, Maometto è morto, Budda è morto…Gesù
Cristo è morto ma è risorto e vive sempre.
“(..)L'apostolo Paolo è il
più insistente, il più ardente, il più eloquente fra quanti nel Nuovo
Testamento ci parlano della resurrezione (Rm 1,4; 4,17; 6,5;
8, 11.23; 1Cor 15,12. 35-44 e 54; 2Cor 13,4; Fil 3,10-11e 21; Col 1,18; 1Tes
4,14-16; Eb 6,2; 11,35; 1Cor 15,12-22), innanzitutto di quella di Cristo,
primizia è garanzia di tutte le altre (At 17,32-33), «miracolo dei
miracoli, il più incredibile di tutti per la ragione umana » (1Cor
15,17-19) ma sul quale è fondata la speranza della salvezza e senza il
quale, esorta l’Apostolo rivolgendosi ai cristiani, «vana è la vostra
fede»” (A: Marie Gerard. “Dizionario della Bibbia”, vol II, pag.
1102).
Dunque la fede si
fonda sul miracolo inteso in senso corretto perché il miracolo dimostra
l’onnipotenza e quindi l’esistenza e la presenza del vero Dio al quale solo
prestar fede se si vuole che essa sia ben riposta.
Gli appartenenti alle
altre religioni adorano dunque quel che non conoscono, i veri cristiani
invece adorano Quel che conoscono perché la salvezza viene dai Giudei e si
compie in Gesù Cristo (Gv 4,22).
Fatta sempre salva la buona fede, salvifica
(sempre
per Cristo, anche se non Lo conoscono, e non ostando il peccato)
di coloro che appartengono ad altre religioni - c’è da osservare – ad
esempio – che la religione musulmana (religione che nasce come vedremo in
opposizione al Cristianesimo) non a caso enfatizza al massimo la fede e
minimizza il miracolo con la nota battuta
diventata anche molto citata tra gli stessi “cristiani”: “Se la montagna non
va a Maometto
(=miracolo!), Maometto va alla
montagna”
(ordinaria amministrazione).
> Teofania e Parusia.
Se i fondatori di tutte le altre religioni – esclusi quelli
“in mala fede” - avessero potuto tenere presente che la dimostrazione che
Gesù oltre che uomo è Dio non è opinabile perché non si basa su atti di
fede, né su ragionamenti umani di tipo filosofico, ma sulla realtà di fatti
accertatati o accertabili che sono i miracoli accaduti e che continuano ad
accadere, a quest’ora
veramente ci sarebbe stato un solo ed unico vero Dio da adorare da parte dei
Suoi veri adoratori
(Gv 4,22-24).
La paraplegia è una malattia
inguaribile che determina l’abolizione della motilità volontaria localizzata
agli arti superiori o inferiori per lesione encefalica o midollare o per
poliomielite acuta…etc.
Silvia B. di
Padova, all’età di 16 anni, nell’ottobre del 2004 era diventata paraplegica
ed era rimasta costretta su una sedie a rotelle.
Poiché al vero Dio tutto è
possibile (Mt 19,26), la giovane, accompagnata dai suoi familiari si era
recata nel giugno del 2005 pellegrina a Medjugorje per pregare
l’intercessione della Madre di Dio al fine di ottenere il miracolo di una
guarigione dalla scienza ritenuta impossibile.
Qui, la
notte del 24, durante il tempo di un'apparizione straordinaria che Ivan, uno
dei veggenti di Medjugorie, ebbe sul Podbrado, Silvia vide una grande luce
occupare lo spazio di cielo dove si rivolgeva lo sguardo estatico del
veggente.
«In quegli attimi
- racconta Silvia - ho provato timore, poi una pace che non avevo mai
vissuto prima». In seguito, i ragazzi che la portavano a braccia giù
dalla collina, sono inciampati e l'hanno fatta ruzzolare.
Nei minuti
interminabili che seguirono la gente che era con lei ricorda di una
fanciulla apparentemente morta, che non respirava più e di qualcuno che
gridava che aveva perso il battito del cuore. Silvia, invece, rammenta
momenti in cui sperimentò nell'intimo di essere amata da Dio, in cui sentì
nitida una voce dolcissima che la invitava a non temere nulla. Poi si
risvegliò completamente guarita tra le braccia del padre ancora affranto.
Ciò avvenne
nonostante i suoi muscoli fossero ormai del tutto inesistenti e
malgrado la mancanza assoluta di ogni allenamento. Silvia,
infatti, quella notte stessa, proseguì da sola per casa.
Il giorno successivo, salì a piedi fino in cima al monte
della croce.
Testimoniò
poi: «Ma non è stato questo il miracolo più grande: la guarigione vera,
quella decisiva, riguarda l'anima e sta nel riconoscere in Gesù Dio stesso
(perché solo Dio può fare quello che ha fatto. ndr)….
Da qui la fede di Silvia e
dei suoi genitori nel mettere al primo posto Cristo, che vuole che viviamo
in modo più santo, con la certezza dell'eternità, ha fatto un balzo da
gigante..
E così
si realizza quello che Maria in una sua apparizione del 29 giugno 1981 aveva
detto:
«Non ci sono che un Dio solo è una fede
sola.......».
In precedenza, il 24 dello stesso mese, la Madre di Dio, che
si era presentata come Regina della pace, era venuta ad assicurare che
«Dio esiste e ci ama».
E’ dunque al fatto-miracolo-Cristo-Gesù-Dio quello a cui
bisogna ancorare ogni ragionamento. Altrimenti si cade o nella fantasia
sfrenata della falsa gnosi
(di cui diremo in altra parte) o nell’agnosticismo opposto.
Certo, oltre che i miracoli
che provengono da Dio ci sono anche i prodigi per i quali occorre più maturo
discernimento per capire se provengono da Dio o dal nemico di Dio e
dell’uomo, ci sono soprattutto i molto più importanti “miracoli”
invisibili che riguardano l’ordine spirituale della realtà interiore
dell’uomo, che lo Spirito ri-genera per trasformare il pagano in cristiano
affinché questi porti molto frutto, e ci sono i Sacramenti.
Ma quello che qui si vuol
ribadire è che la certezza della divinità di Gesù Cristo, su cui tutto si
basa o cade, si fonda sul miracolo propriamente detto, che è un fatto
strabiliante ma sempre un fatto che cade sotto i nostri sensi, come il
sorgere del sole o l’abbaiare di un cane,
e non è opinabile, ma da tutti constatabile: anche da un
bambino.
Dimenticare questo significa
scivolare in una delle tante eresie (più o meno scismatiche) che hanno
funestato la storia del cristianesimo ritardandone il corso verso le
finalità ultime volute da Dio.
Pelagio era un monaco
bretone o irlandese - vissuto verso il 400 - il quale errando insegnò che il
peccato originale non sarebbe stato altro che un cattivo esempio dato dai
due progenitori, ma che non avrebbe causato alcun danno spirituale sui
discendenti, per cui gli esseri umani avrebbero potuto raggiungere
tranquillamente la salvezza soltanto con i loro sforzi umani. Egli non negò
Gesù Cristo e la sua doppia natura umano-divina, ma è come se l’avesse
negata, perché la rese pleonastica, riducendo l'opera dell’uomo-Dio soltanto
al suo buon esempio da imitare.
Escluse così i frutti della
Sua redenzione salvifica che, nell'Aldiquà, liberano da satana
e dal peccato di cui egli è il padre mentre donano la fede e lo Spirito
Santo per poter imitare l’uomo-Dio, e, nell’Aldilà, aprono
all'uomo le porte del Cielo.
Intervenendo ad un
convegno sul pelagianesimo l’allora cardinale (oggi
Papa) Josepf Ratzinger, nel considerare il ritorno attuale di
questa eresia la descrisse come un albero dai frutti avvelenati definendola
come una tentazione particolarmente insidiosa all'interno della cristianità.
Essa infatti tende a ridurre il cristianesimo ad un mero deismo (Dio
è dato “filosoficamente” per esistente, ma questo non ha alcuna importanza
per l’essere umano), nel senso che nega la Rivelazione, i Miracoli e
qualsiasi Azione provvidenziale di Dio nella natura e nella storia degli
uomini, limitando e riducendo così la religione cristiana nell'ambito di una
religione meramente moralistica, alla stregua di tutte le altre religioni
non cristiane.
Quante "prediche" sentiamo
durante le Messe giornaliere e domenicali, fatte come se tutto dipendesse
dall'uomo e poco o nulla da Dio, sottacendo invece che Dio, ferma
restando sempre la sua infinita auto-trascendenza, è immanente in questo
mondo, soprattutto dopo l'incarnazione, e può sospendere e
modificare miracolosamente le leggi che lo governano così come queste stesse
leggi ha In origine miracolosamente fatto dal nulla (=creato). Pensando
così non si lascia spazio a Dio perché possa agire nella storia dell'uomo,
per cui non rimane altro che l'azione umana, dimenticando però che l'uomo
non può fare nulla senza Gesù Cristo (Gv 15,5). Si spiega così il rifiuto
del miracolo e la persecuzione dei santi che lo compiono. Persecuzione
che, si badi bene, non è mai quella perpetrata dai non-cristiani che è
normale (cfr. At 14,22), ma quella perpetrata tra e dagli stessi
“cristiani", che non solo non è normale ma è più diabolica
dell'altra, perché in opposizione netta al "comando" di Cristo secondo cui
si esige tra i cristiani di lavarsi i piedi gli uni gli altri, così come Lui
stesso ha fatto (Gv 13,15) prima di lasciare questo mondo (Gv 13,2-11).
Scrive il giornalista Sossi
ne “Il Segreto di Padre Pio, pag 104”, scrivendo di Padre Pio
da Pietrelcina: “ Un oceano di persone ha ottenuto miracoli da
Padre Pio. E Dio ha fatto in lui attraverso di lui cose grandi, segni
immensi. Tanto grandi che ancora non se ne sono comprese le profondità e gli
effetti, anche oggi e sul futuro ".
Padre Pio, però, quando
qualcuno andava a ringraziarlo per i tanti miracoli ottenuti, rispondeva di
essere solo "un frate che prega". Tutte le cose straordinarie accadute (e
che accadono) per sua intercessione, sono opera visibile
e clamorosa di Gesù Cristo vivente (come lo sono le stimmate sulla carne di
Padre Pio). E sono la prova che Gesù è veramente risorto, all'alba di quel 9
aprile dell'anno 30 ed è veramente presente, potentemente, tra noi.
Questa è la grande prova. Come le ferite alle mani, ai piedi,
ed al costato del frate in cui gli uomini della nostra generazione han
potuto mettere le dita al pari di San Tommaso che non aveva voluto credere a
quelli che avevano veduto”
Come si può
infatti – alla stregua di un San Francesco, di una Santa Teresa d’Avila, e,
ora per l’appunto, di un San Pio da Pietrelcina - vivere in questo
mondo col cuore bucato (da un colpo di lancia) allo stesso modo di
Cristo Risorto al Terzo Giorno, se l’onnipotenza miracolosa
con la quale il vero Dio dimostra la Sua esistenza e presenza soprattutto
nella resurrezione dai morti non fosse in questi santi imitatori di
Cristo-Dio realmente efficace ?
Come potrebbe infatti
avvenire questo se - come ha predetto Cristo in quanto Dio – non fosse Lui
stesso a far fare questi miracoli, facendo vivere i Suoi Santi come Lui è
vissuto sulla terra prima e dopo la Sua resurrezione dai morti ?
Si deve parlare di "caso"
oppure di una specifica previsione fatta da Cristo ai Suoi prima e dopo di
morire sulla Croce: “Farete opere più grandi di me, che io vi farò
fare proprio perché ritorno risorto per voi al Padre”?!
Qualcuno allora che ci ha
seguito fino a questo punto potrebbe chiederci:
se Cristo è
risorto, dove allora possiamo trovarlo?
A parte che la risposta a
questa domanda è già chiaramente implicita in quello che abbiamo fin qua
mostrato ed a parte le innumerevoli apparizioni di Cristo risorto ai
Discepoli del Suo tempo ed a quelli di tutti i tempi fino a noi,
risponde su questo esplicitamente San Paolo:
“Non sono io che vivo,
ma Cristo vive in me!”
Ecco dove possiamo trovare normalmente
Cristo:
nei Suoi Santi e soprattutto in quelli che in questo mondo lo
hanno seguito così radicalmente da poterlo imitare non solo per quanto
concerne la Sua Vita prima della morte in croce ma anche dopo la Sua
resurrezione dai morti e fino alla Sua Ascensione al Padre.
Non vogliamo forse credere che Gesù Cristo
dimostrando la Sua Divinità ha fatto dal nulla migliaia di pani e di pesci
per sfamare una moltitudine affamata?
Non c'è che l'imbarazzo
della scelta perché innumerevoli sono i Suoi Santi imitatori, che hanno
fatto, credendo in Lui e nel Suo Nome, questo stesso miracolo: per esempio
un Sant'Antonio, per esempio un San Giovanni Bosco etc..etc.. etc..
Non vogliamo forse credere che Gesù Cristo dimostrando la sua
Divinità ha fatto risorgere Lazzaro dai morti?
Anche qui non c'è
che l'imbarazzo della scelta perché tanti sono quelli che i Suoi santi hanno
fatto risorgere dai morti nel Suo Nome, dimostrando la Sua Divinità: un
esempio:eclatante nello specifico fu l’umilissimo San Salvatore da Horta
(San Coloma - Spagna - 1520 – Cagliari 1567). Quando San Salvatore -
perseguitato in vita dai suoi stessi confratelli e canonizzato santo solo
nel 1938 – fu messo da un amico in guardia dalla vanagloria, il santo gli
rispose : “Non sono che un sacco di paglia, il cui valore rimane
sempre quello, sia che si trovi nei piani superiori del palazzo, sia che si
trovi nella fondamenta, sia che si trovi nella stalla”.
Non vogliamo infine credere che Gesù è risorto per noi dai
morti vivendo con il cuore trapassato dal colpo di lancia e con le altre
ferite comunque mortali prodotte della crocifissione?
Ecco, San
Francesco, ecco Santa Teresa D’Avila, ecco Padre Pio, che, giunti ad
un’imitazione ravvicinata di Cristo sulla terra, testimoniano la Sua
Divinità vivendo miracolosamente, come Cristo risorto, con un cuore
bucato, tipo “infarto fulminante del miocardio” (il
cuore di Madre Teresa D’Avila che così è vissuta lungamente è
comunque tuttora conservato e visibile da tutti coloro che hanno occhi per
vedere …)
No, è impossibile far finta di
niente, anche se resta comunque beninteso che noi battezzati pur essendo
divenuti realmente figli di Dio in potenza fin da
questo mondo (1Gv 3,1) – tuttavia - finché viviamo in questo mondo -
possiamo vedere Dio per teofania in Gesù Cristo perché chi in questo mondo
ha visto Lui, ha visto Dio(Padre).
Ma quando alla fine della nostra
personale storia della salvezza, la nostra anima - rigenerata alla
primigenia immagine e somiglianza con Dio (Gn 1,26-27. 31) come l'anima
umana di Cristo risorto - sarà anch'essa accolta nell'intimità trinitaria di
Dio, ossia in "Cielo", nel "Paradiso celeste", allora sì che vedremo
Dio come Dio si vede in sé. Lo vedremo cioè come Cristo e in Sé
nell'intimità dell’eterna Vita trinitaria di Dio (cfr: 1Gv 3,1-3).
Per completare il discorso va considerato ed
aggiunto che anche se saremo in Dio onnipotenti come il Figlio naturale di
Dio e di Maria, tuttavia, Dio è sempre Dio, nel senso che la
nostra onnipotenza d'amore è sempre onnipotenza di partecipazione.
E’ cioè sempre onnipotenza "appresso" a Dio, come quella di Maria.
Onnipotenza che ci deriverà sempre dalla infinita fecondità di Vita sempre
nuova generata dall'interscambio d'amore tra le tre divine Persone (ma
di questo parleremo più diffusamente nel capitolo 7).
Raggiungeremo così finalmente
l’obbiettivo definitivo della nostra esistenza per il quale siamo stati
fatti dal nulla: quello della felicità infinita derivante dalla nostra
partecipazione alla Vita trinitaria di Dio dentro Dio.
CAPITOLO 4
PREMESSA ALLA STORIA
CRISTOCENTRICA DELLA SALVEZZA MEDIANTE LA REDENZIONE:
Metodo di trattazione e
tripartizione dell’opera.
Abbiamo mostrato che l’Evangelista Giovanni –
il quale è stato testimone oculare della sovrannaturale Bontà di Gesù
all’opera con i Suoi innumerevoli miracoli d’Amore (Gv
20,30+21,25) che Egli faceva e faceva fare ai Suoi inviati e che
provavano per teofania la realtà in sé invisibile della Sua divinità.
Egli ha cioè chiaramente conosciuto per
esperienza diretta che Gesù Cristo è Dio in Persona del Figlio,
tanto è vero che Lo identifica con la Parola (onnipotente) di Dio
fattasi carne, ovvero con Il Figlio unigenito di Dio(Padre) - Dio Egli
stesso (Gv 1,1-2) - che si è fatto uomo (1,14).
Lo identifica cioè con Colui che –
prima di farsi uomo – aveva già col Padre e lo Spirito (cfr.: Gn
1,1-2) fatto il mondo dal nulla: il primo mondo Uni-verso,
quello della dimensione di esistenza superiore della Genesi culminante nel
Paradiso terrestre di Adamo ed Eva (cfr.:Gv 1,3 in relaz. a Gn
1,1-31). Mondo che, come diremo, è stato poi sostituito dalla dimensione
di esistenza inferiore di questo mondo declassato e privo di paradiso
terrestre.
Che cosa è venuto a fare allora il Creatore
di tutto ciò che esiste incarnandosi e venendo ad abitare in questo mondo in
mezzo a noi (Gv 1,14) ?
La Sua missione è rivelata dal Suo stesso Nome,
“Gesù” infatti – che è il Nome rivelato dall’Angelo di Dio per il Figlio di
Dio e della Vergine - significa ”Dio che salva”, per
cui oltre che vero Dio Creatore di tutto è anche vero uomo-Dio, Salvatore
di tutto.
Così, infatti, su suggerimento dell’Angelo
Gabriele che ne dà l’Annuncio, verrà chiamato il Bambino che verrà concepito
e nascerà da Maria pur restando ella sempre vergine prima, durante e dopo il
parto, perché questo concepimento e questa nascita avverranno NON per
“pro-creazione” umana ma per intervento diretto di Dio-Spirito(Santo). Ne
consegue che Colui che nascerà verginalmente da Maria è Dio-Figlio di Dio da
sempre (Lc 1,35) e uomo-Dio, figlio di Maria nel tempo e per
sempre (Lc 1,31).
Questo perché l’unione della
natura umana a quella divina del Figlio di Dio – pur non determinando
confusione tra le due nature – è un’unione sostanziale, vale a dire tale che
NON sarà temporanea, non durerà cioè fintanto che Gesù avrà compiuto
la Sua missione “pro umanitate” per la quale si è incarnato, ma pur
cominciata nel tempo, tale unione sarà per sempre (Lc
1-32-33).
Ed infatti ritornando al Padre donde
era disceso –Egli vi ascende non soltanto con la Sua pregressa sempiterna
Divinità ma anche con la pienezza della sua nuova umanità acquisita da
Maria, Vi ascende cioè anche in anima e corpo umani dopo essere
gloriosamente risorto da morte.
E’ quindi per questo che Gesù potrà
indifferentemente chiamarsi Figlio (naturale) di Dio e\o Figlio (naturale)
dell’uomo: proprio perché cioè Egli è - in quanto Dio creatore
di tutto ciò che esiste - Figlio di Dio da sempre e per sempre ed,
in quanto uomo-Dio che redime per salvare, è Figlio di Maria e
Figlio di Dio nel tempo e per sempre.
Il Nome “Gesù” (=”Dio salva”) – come
abbiamo appena detto, rivelato da Dio attraverso il Suo Angelo - non dice
solo che Egli, pur essendo uomo, è anche veramente Dio - ossia Colui
che ha fatto dal nulla tutto ciò che esiste: DIO CREATORE (riv.: Gv
1,3) - ma dice anche il motivo della missione per la quale Egli
incarnadosi è venuto in questo mondo. Egli è il Salvatore del Suo
popolo dai suoi peccati” (Mt 1,20-21). Egli è Colui
che toglie il peccato da questo mondo (Gv 1,29)
Ma dicendo che Il Figlio di Dio salva l’uomo dai
suoi peccati, rivela implicitamente che il Salvatore - ossia,
come vedremo, l’uomo-Dio che porta l’umanità in Dio (=Salvezza) - è anche
Colui che – per potere fare questo, per poter cioè portare l’uomo nella
Casa del Padre (Gv 8,35) lo deve prima liberare da satana che
lo tiene in sua schiavitù mediante il peccato.: lo deve cioè redimere.
Il peccato infatti che separa l’uomo da Dio lo
rende “captivus” di satana, ossia suo schiavo (= prigioniero di guerra
all’antica maniera), essendo che satana non solo è l’inventore del
peccato ma è anche il “padre” dei peccatori (cfr.: Gv 8,31-47).
Dobbiamo allora cominciare a vedere più
compiutamente: che cos’è la Redenzione, che cos’è la Salvezza, che
cos’è il peccato, donde esso trae origine e come,
liberandoci dal peccato, l’unigenito Figlio di Dio, che tale è da sempre -
fattosi anche Figlio di Maria (=fattosi uomo) per sempre - ci
salva in Dio, portandoci alla Casa del Padre (Gv 8,35-36)?
Vogliamo però subito mettere in chiaro che
la risposta a queste domande implica il coinvolgimento dell'intera Storia
della salvezza, dalla "Genesi all'Apocalisse" e poiché essa è storia
"cristo-centrica" della Salvezza consegue che per poterne
interpretare i passaggi fondamentali non si può procedere in senso
strettamente cronologico, ma occorre conoscere quello che Cristo
rivela di Sé non solo in quanto Redentore salvifico del genere umano ma
anche in quanto Creatore e Signore di esso oltre che dell’universo intero.
E non solamente, come abbiamo già fatto, per
mostrare che Egli rivela e dimostra di essere Dio ma anche per
parlare degli effetti della Sua missione in questo mondo,
che, come vedremo, sarà di redenzione ossia di ri-generazione della natura
umana al superiore livello genesiaco perduto ante peccato originale
(Gn 3,1-8) ed ante primo Giudizio universale (Gn 3,9-24),
oltre che di divinizzazione ed assunzione di essa nell’intimità trinitaria
di Dio.
Tale opera divina “pro humanitate” non si
riferisce infatti soltanto al dopo Cristo, ma ha incidenza
retroattiva, si produce cioè in vista del Suo Avvento, coinvolgendo
anche la Storia che tale Avvento precede in questo mondo ed addirittura
quella della prima dimensione di esistenza del mondo esistente prima di
questo mondo e culminante nel paradiso terrestre di Adamo ed Eva, che
potrebbe essere anche denominata come «Ante-storia della salvezza».
E’ importante tenere a mente quanto sopra perché
siamo in genere abituati a considerare ogni influsso benefico di Cristo, al
dopo Cristo, ma così non è, perchè se così fosse la redenzione salvifica di
Cristo risulterebbe di molto immiserita, in quanto dovrebbe escludere almeno
il numero incalcolabile di tutti coloro che sono passati da questo mondo e
trapassati nell’altro prima di Cristo. Sempre che non fossero da comprendere
nel numero degli esclusi addirittura anche tutti coloro che –
pur vissuti quaggiù dopo Cristo – sono morti o muoiono senza averlo
conosciuto. Mentre risulta chiaro da molti passi evangelici che la
redenzione e la salvezza di Cristo sono valide per ogni tempo ed ogni luogo
ed escludono solo i reprobi, di cui diremo, perché sono
loro ad auto-escludersi da entrambe.
C'è quindi da tenere essenzialmente presente che
la Storia cristo-centrica della Salvezza in Dio del genere umano, di cui
parleremo più in dettaglio, non riguarda (lo diciamo anche se può essere
scontato) soltanto la storia del primo mondo e quella di questo mondo
ma anche quella, per quanto rivelato, che riguarda l'eternità dell'Aldilà ed
il mondo della nuova Creazione.
Né è da dimenticare mai che Chi ci rivela queste
cose è Uno che continua a dimostrare di essere Dio fino ai giorni nostri ed
oltre (Mt 28,20), e della cui Parola non c'è motivo quindi di dubitare
perché è “Parola sicura di Dio” : oggetto di auto-rivelazione.
Il risultato allora di quello che
stiamo cercando di dire è che se non si conosce bene Gesù Cristo non si
potrà mai conoscere né bene e né male la Storia della nostra salvezza, che è
poi non tanto storia che interressa questo mondo che è provvisorio, come la
storia della nostra vita in esso, ma storia e profezia della nostra vita
eterna nell’eternità dell’Aldilà.
Ecco che
allora per descrivere la Storia dell’umanità che conta, ossia quella della
Salvezza (tutta l’altra storia – come scrive Hegel – è storia di
“bassa macelleria”), occorre come sempre accogliere il
suggerimento che Gesù dà ai Suoi discepoli se devono corrispondere ad una
vocazione a diventare teologi del vero Dio:
“L’opera
dello scriba – Egli dice - ossia del teologo -
divenuto discepolo del Regno dei Cieli (=del Regno di
Cristo, ossia conoscitore di Colui che si è rivelato e dimostra di essere il
vero Dio. e quindi Verità insuperabile) - è
simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro (dal tesoro
della sue conoscenze ispirate dallo Spirito Santo profetico) cose
nuove (=la Rivelazione di Cristo) e cose antiche” (=la
Rivelazione che ha portato a Cristo).
Gesù Cristo dunque è “La Luce”
(“Dio”, infatti, deriva dal lat. “dies” e vuol dire “giorno”, “luce”),
quella Luce centrale, cioè, che è pienezza di Verità esistenziale o
Verità tutta intera (Gv 16,13) o Verità assoluta (“La
Verità”: Gv 14,6) di cui Giovanni riferisce anche all’inizio del suo
Vangelo e che illumina ogni uomo (Gv 1,9) che è chiamato a
diventare teologo del modo di esistere – o Regno – di Dio rivelato in Se
stesso da Cristo.
Per questo - dopo aver
mostrato che Gesù Cristo dimostra di essere Lui il vero Dio tra i tanti che
vengono creduti tali semplicemente per fede (e non per obbiettiva conoscenza
del fatto teofanico) – possiamo mettere Cristo e la Sua Rivelazione
(il Vangelo) al Centro di questa nostra breve esposizione della
Storia della salvezza, che è quindi per la creazione umana ed il suo
mondo:
“Storia cristo-centrica della Salvezza
umana per mezzo della Sua divina, definitiva redenzione da satana”.
E’ rifacendo questa Storia che si cercherà
di dare risposta agli interrogativi capitali della vita umana, e cioè:
- che cos’è la redenzione, che
cos’è la salvezza, che cos’è il peccato, donde esso trae
origine e come, liberandoci da satana che ci tiene legati a sé con
esso, l’uomo-Dio ci redime e ci salva divinizzandoci ed assumendoci per
sempre in anima e corpo nella felicità senza fine del Suo Riposo
intratrinitario.
Per rispondere a queste domande sui passaggi
fondamentali dell’Esistenza - che implicitamente o esplicitamente ogni
essere umano si fa - possiamo ripartire la Storia cristocentrica della
Salvezza mediante la redenzione in TRE PARTI, di cui la prima riguarda anche
l’ante-storia della Salvezza che si svolse nel paradiso terrestre del primo
mondo della Genesi, quello che ha preceduto questo mondo senza paradiso
terrestre.
La prima parte va dalla Genesi del primo
mondo che ha preceduto questo mondo (Gn 1,1-31 + 2,1-25) fino alla caduta
del genere umano in questo mondo (=ante-storia della storia
cristocentrica della salvezza) e dalla caduta in questo mondo (Gn 3,
16-24) fino all’Incarnazione (esclusa) di Cristo (Lc 1,26…etc). Nella
prima parte prevale la presenza del Padre..
La seconda parte - che riguarda la
redenzione salvifica del Figlio-Dio nella sua universalità antropologica e
cosmologica - va dall’Incarnazione di Cristo fino alla Sua Ascensione
compresa (resurrezione e ritorno al Padre in corpo, anima e Divinità).
Nella seconda parte è prevalente la presenza del Figlio.
La terza parte che riguarda
l’imitazione di Cristo va dalla effusione pentecostale dello Spirito Santo
(ritorno dello Spirito Santo-Dio sulla terra in generale e sugli
apostoli di Cristo in modo speciale) fino alla ancora futura Venuta
finale del Cristo risorto ed asceso al Padre in vista della resurrezione e
del Giudizio universale con la fine di questo mondo per quello della nuova
creazione, che sarà iscritto per sempre nell’intimità trinitaria della Vita
di Dio dentro Dio ed abitato da Gesù, Maria e dall’infinita schiera di tutti
i risorti nel Nome di Cristo. Nella terza parte - quella che
attualmente viviamo in questo mondo - è prevalente la presenza dello
Spirito Santo.
CAPITOLO 5
I^ PARTE
DELLA STORIA CRISTOCENTRICA DELLA SALVEZZA:
Dalla genesi della prima
creazione del mondo culminante nel Paradiso terrestre (Gn 1,1-31 + 2, 1-25)
fino alla caduta del genere umano a partire Adamo ed Eva in questo mondo
senza Paradiso terrestre (Gn 9,16-24), e da questa drammatica caduta
esistenziale in questo mondo fino all’Incarnazione (esclusa).
In questa parte prevale la
presenza di Dio-Padre,
la prima Persona divina di un
unico e solo ma in Sé non solitario Dio in tre divine Persone.
Bisogna innanzitutto premettere che Il vero Dio,
come vedremo ancora meglio in seguito - pur essendo un’ unico e solo
sempiterno Essere divino - è un Essere divino non solitario ma
trinitario, ossia distinto in tre divine Persone : Padre e Figlio e
Spirito Santo: laddove nel Padre generante c’è il Figlio generato e lo
Spirito Santo da Entrambi promanato, nel Figlio generato c’è il Padre
generante e lo Spirito Santo da entrambi promanato, nello Spirito Santo da
Entrambi promanato c’è il Padre generante, ed il Figlio generato.
La Trinità di un unico e solo ma
non solitario Dio in Tre divine Persone non crea quindi per necessità di
alcun genere, nemmeno per bisogno d’amare e di essere amato, perché Dio ama
infinitamente in Sé tra le Sue tre divine Persone e non potrebbe essere più
felice di quello che è da sempre e per sempre.
Essendo Dio il Tutto che ama in
tre Persone Egli è per questo autosufficiente, per cui, se crea, crea per
sovrabbondanza d’amore: esclusivamente cioè per far partecipare
dell’infinita felicità della Sua eterna Vita d’amore la Creazione.
Bisogna anche tenere presente che all’inizio, o
genesi, della Creazione, la dimensione Uni-versa del mondo culminante nel
Paradiso terrestre di Adamo ed Eva (Gn 1,31+2,8-15) non era – come abbiamo
già sopra anticipato - il mondo declassato nel quale attualmente
viviamo, pur se sempre composto da quattro regni – o generi –
di esistenza: quello minerale, quello vegetale,
quello animale e quello umano, posto
quest’ultimo sempre a corona di tutto il Creato.
Il mondo della Genesi era un mondo creato
(=fatto miracolosamente dal nulla) Uni-verso: un mondo cioè rivolto tutto
verso Dio, rettamente orientato a Lui mediante la grazia originale dello
Spirito Santo-Dio (Gn 1,2). Tale divina Persona, oltre che essere
infusa congenitamente nell’essere umano all’atto stesso della sua
creazione (Gn 2,7) era anche donato per effusione a suo
nutrimento spirituale (Gn 2,9\a).
Il mondo della prima Creazione originariamente
non era perciò un mondo congenitamente incline al male come poi divenne in
conseguenza del peccato d’origine per cui in esso non esisteva ancora il
male-peccato, di cui diremo.
Era perciò un mondo “buono”
(=beato=felice=fecondo: è questo il senso etimologico del termine “buono”,
che la controcultura cristiana ha ucciso) in tutti i suoi regni di esistenza
(Gn 1,10\b. 18\b. 21\b. 25\b) con la sola positiva eccezione del regno umano
che – nell’uomo Adamo e nella donna Eva – Dio creò addirittura “molto”
buono (Gn 1,31\a), ossia molto simile a Dio Creatore (Gn 1,27)
che è Bontà (=felicità=fecondità) assoluta (cfr.: Mr
10,18; “solo Dio è buono”, ossia solo il vero Dio è e dà pienamente
felicità\fecondità)).
Dio fa miracolosamente dal nulla l’Uni-verso
della prima creazione del mondo e lo pone molto vicino a Sé,
ad “Oriente” (Gn 2,8), perché era Sua intenzione
assumere il genere umano insieme al suo mondo nel Suo “Riposo”
trinitario: quello del “Settimo Giorno”, di cui in Gn 2,2-3 (7°
Giorno: 7 è il numero dell’unione di Dio (=3) e dell’uomo (=4)).
Il “Riposo” del settimo Giorno concerne,
come vedremo, ciò che Gesù Cristo rivelerà poi come pienezza del Regno
(=modo di esistere) di Dio – o dei Cieli - comunemente chiamato
“Paradiso”, nel senso di uno stato di felicità senza fine
dei figli di Dio, divenuti partecipi nel Figlio di Dio dell’intimità
trinitaria di Dio dentro Dio (cfr. tra l’altro: Mt 8,11-12 e 13,47-52).
È questa infatti la Salvezza definitiva della
creazione umana e del suo mondo: Dio crea l’umanità per unirla
irreversibilmente e definitivamente a Sé onde divinizzarla ed assumerla in
Sé.
Si tratta di un traguardo di stupefacente
fulgore offerto da Dio alla creazione umana del tutto disinteressatamente e
solo per smisurata sovrabbondanza d’Amore. Traguardo che
avrebbe reso partecipe l’essere umano dell’Assoluto nella pienezza della
felicità e della fecondità della Vita trinitaria di Dio dentro Dio, che è
sempiterna.
Essendo quindi destinato a vivere in Dio la
Vita sempiterna di Dio dentro Dio (=l’immagine geometrica di Dio è
quella di una retta che, per definizione, non ha né principio né fine), è
evidente che Dio non poteva non creare l’essere umano immortale
(che l’anima umana sia stata creata – e viene creata – immortale da Dio
è il presupposto pacifico, tacito od espresso, di tutti i Vangeli - anzi di
tutta la Scrittura, oltre che rivelato esplicitamente da Cristo stesso
quando ammonisce il peccatore con queste Parole:“Che gioverebbe all’uomo
guadagnare tutto il mondo se poi perde la sua anima? o che cosa potrà dare
in cambio di essa”: Mt 16,26+Mr 8,36-37) vale a
dire avente un principio ma NON una fine (l’immagine geometrica
dell’uomo è quella di una “semiretta”, che per definizione ha un principio
ma non ha una fine). Avendolo creato inoltre “molto buono” si capisce
anche perché lo provvide di poteri tali (=scienza infusa..etc) che –
superiori a quelli della natura umana caduta ancora attuale, di cui diremo -
gli consentissero di affrettare – facendo liberamente la Volontà del
Signore – il compimento del progetto trinitario di assunzione
dell’umanità nella Sua intimità trinitaria.
Traguardo quest’ultimo che esigeva però -
da parte di Dio - l’unione della natura umana – ossia dell’elemento comune
a tutti gli esseri umani – alla Natura divina – ossia dell’elemento comune
alla Tre persone di un unico e solo, ma in Sé non solitario Essere divino.
Per poter assumere a partecipare della felicità
trinitaria della Vita sempiterna di Dio l’umanità occorreva – in altri
termini – una Mediazione divina tra la natura umana creata e quella
divina increata.
Occorreva - detto esplicitamente - che Dio
si incarnasse, che cioè facendosi uomo pur restando Dio assumesse la natura
umana unendola sostanzialmente (=ipostaticamente=inscindibilmente) alla Sua
Natura divina, in modo tale da poter fare da ponte (“Pontifex”), da
Mediatore unico, tra le due nature, rispettivamente comuni alle tre
Persone divine di un unico Essere divino e ad ogni essere umano creato.
Quindi, per introdurre la creazione umana nel
Suo Regno trinitario – per salvarla – è perciò indispensabile – a
prescindere dalla Redenzione, di cui diremo, l’Incarnazione
che salda senza confonderle la Natura divina a quella umana previa
divinizzazione – o santificazione che dir si voglia - della natura umana,
ossia di quella parte dell’essere umano che è comune a tutti gli esseri
umani.
E per santificare la natura umana era a sua
volta indispensabile che l’essere umano avesse scelto liberamente di
fare la Volontà di Dio “mangiando dell’Albero della Vita” (=Vita di
Dio) che era piantato al Centro del Paradiso terrestre (Gn 2,9\a),
ossia che avesse informato le sue azioni alle ispirazioni e mozioni dello
Spirito Santo, che è Dio e Vita feconda e felice di Dio, la quale promana
dal Padre(Dio) e dal Figlio(Dio.), e non avesse fatto di testa sua,
decidendo da sé la propria vita morale nella scelta tra bene e male
(cfr.: Gn 2,9\b in relaz. a: 2,16-17).
Dunque la Trinità di Dio creava appositamente
degli esseri viventi simili a Sé - e cioè realizzati dal nulla
a Sua immagine (=imitazione) e somiglianza (=similitudine), ovvero simili
a come ll Figlio naturale unigenito di Dio sarebbe diventato facendosi uomo
pur restando sempre Dio, allo scopo di far eternamente felice l’uomo della
Sua stessa eterna felicità.
Questo per noi felicissimo progetto -
detto comunemente “Salvezza” (eterna) - che ci avrebbe assimilato alla
pienezza della felicità\fecondità trinitaria della Vita eterna di Dio dentro
Dio scaturiva dalla sovrabbondanza d’amore della Capacità d’amare
onnipotente di Dio, che, non potendo accrescere la pienezza della Sua
felicità trinitaria, agiva gratuitamente all’unico, esclusivo,
benefico scopo di far partecipare degli esseri viventi alla felicità senza
fine del loro Creatore.
In tale strabiliante progetto - per cui nessun
essere umano era previsto dovesse perdersi in eterno consiste – lo
ripetiamo - la Salvezza (eterna). Esso se fosse
stato portato a compimento nel paradiso terrestre della prima Creazione,
quella del mondo della Genesi (Gn 1,1-31), ci avrebbe fatto esistere tutti
dentro Dio (noi compresi) come figli nel Figlio di Dio
(cfr.:Lc 20,28-38) ed avrebbe riguardato immediatamente anche il corpo, come
dopo, ma molto dopo, avverrà con Gesù, nuovo Adamo (oltre che Dio) e con
Maria, nuova Eva.
Ma esso purtroppo non giunse mai a
compimento nel Paradiso terrestre.
E fu il più grande dramma che mente umana
possa mai immaginare, anche se Dio non consentì che finisse in tragedia, che
esso costituisse cioè la fine ingloriosa del grandioso progetto che Egli
aveva avuto sulla creazione umana,
Cerchiamo di capire come tutto ciò poté
avvenire.
> La perdita del libero arbitrio di Adamo ed
Eva dopo la loro seduzione diabolica (=che li disunì dalla comunione con
Dio prima di essere da Lui assunti definitivamente in Lui) ad opera
dell’angelo che - prima di loro - si era già diviso eternamente da Dio per
invidia dell’uomo.
Il libero arbitrio nel suo contenuto
fondamentale è quel dono di Dio che consente all’essere umano
nell’ambito esistenziale (=morale\etico) o di
essere libero - ovvero di fare la Verità della Volontà di Dio (Gv
8,31-32) - o di non essere libero, ovvero di
fare la propria volontà in opposizione alla Verità della Volontà di Dio, ed
in definitiva, quindi, in contrasto col conseguimento dello scopo
fondamentale e benefico per il quale Dio fa miracolosamente l’essere umano
dal nulla: la sua divinizzazione per la sua partecipazione alla Vita
sempiterna, e nello stesso tempo infinitamente felice, che è propria del
modo di esistere di Dio dentro Dio(=Salvezza).
Il libero arbitrio è il dono
divino di cui Dio – fin dall’origine – dotò sia gli angeli che gli uomini.
Dio invero non ha
fatto il mondo della Genesi “Uni-verso” (orientato a Sé) oltre che molto
vicino a Sé (ad Oriente(Gn 2,8)), e l’uomo “molto buono”,
e cioè a Sua immagine e somiglianza, per lasciarli fuori di Sé, ma per
divinizzarli, incarnarsi ed assumerli in Sé: nell’intimità trinitaria del
Suo “Riposo del 7° Giorno”.
Eva ed Adamo purtroppo per loro (ma -
come vedremo – anche per noi) “scelsero” nel Paradiso terrestre di non
essere esistenzialmente liberi, e, opponendosi con la loro alla Volontà di
Dio (=peccato = errore nella direzione esistenziale), si fidarono più
di una creatura, anche se di livello ontologico superiore a quello di loro
due (l’ex angelo lucifero), che non del loro Dio Creatore e
Signore.
Si fidarono cioè di satana, il
serpente, lucifero, l’angelo che come vedremo si ribellò a Dio separandosi da
Lui e che conservò nel male – ossia nel conoscere e NON fare
la Verità - tutti i suoi superiori poteri preternaturali, perché
per lui e per gli altri ex angeli che lo seguirono nella loro eterna
diaspora da Dio (per il Quale anch’essi invece erano stati fatti)
non ci fu, come vedremo, prova d’appello alcuna, come per gli esseri umani.
In sostanza, i due
progenitori del genere umano esercitarono contro Dio il dono divino
del loro libero arbitrio rendendo così inattuabile il Suo disegno di
sovrabbondante Amore per la felicità eterna del genere umano,
che si sarebbe però dovuto perfezionare ancora con l’incarnazone
dell’Unigenito.
Troppo tardi i nostri progenitori si accorsero
poi, come diremo, di essere stati ingannati e beffati da satana, e
di aver fatto, quindi l’errore più madornale della loro vita.
Troppo tardi perché una volta aperto il
cuore a satana si cade nelle sue mani, si diventa cioè come i prigionieri di
guerra di un tempo - “captivi” - schiavi cioè per sempre del
vincitore, sue prede belliche, e quindi impediti di poter esercitare il
dono divino del libero arbitrio, anche se Dio fa conoscere loro tutta la
Verità.
Dunque Il peccato è OBBIETTIVAMENTE la
deviazione esistenziale dallo scopo ultimo della vita umana che è DIO (sembra
che “peccato” derivi da “peccus”= “sbagliato di piede”, come “mancus”=
“mancino” significa “sbagliato di mano”). Per questo esso è il fatto
più grave che l’essere umano possa commettere contro se stesso perché
contraddice alla Salvezza eterna, ossia all’assunzione in Dio dell’essere
umano: che è il fatto esistenziale assolutamente più importante per
l’essere umano.
Sempre dal punto di vista obbiettivo,
origine e causa del peccato è satana, l’angelo superbo che eccita
alla superbia (il cui significato originario viene dal
greco “super-bios”= “porsi al di sopra della vita stessa”, al
di sopra, cioè, di ciò che per la vita è bene e di ciò che è male,
sostituirsi quindi a Dio, che è l’Unico che può porsi al di sopra della vita
creata, perché è Lui a farla dal nulla, ed è Lui solo che la può indirizzare
– peraltro molto umilmente, come è proprio della Sua Capacità d’amare, detta
“carità”, al Suo vero Bene, che è Lui stesso); mentre
la conseguenza immediata del peccato è per l’appunto la separazione
eterna da Dio (=il suicidio spirituale dell’essere
umano = l’inferno = la morte eterna).
L’uomo – come abbiamo già avuto modo di dover
anticipare - è obbiettivamente nel peccato – ossia
separato da Dio - quando si trova a non fare la Volontà di Dio che porta a
Dio.
Oltre alla qualificazione obbiettiva c’è però
anche quella SOGGETTIVA del peccato, il dolo, che riguarda
la responsabilità dell’essere umano nella commissione del peccato, nel
senso che tanto più l’uomo conosce la Verità dell’esistenza – e quindi Dio e
la Sua Volontà - tanto più è libero tanto più è responsabile della sua
deviazione dalla Verità, la Quale è una delle connotazioni di Dio (Gv
14,6). Viceversa quanto meno conosce la Verità (=Dio e la Sua Volontà)
tanto meno è responsabile (cfr.:Lc 12,41-48.).
Sappiamo che la Trinità aveva fatto dal nulla
Adamo ed Eva a Sua immagine e somiglianza fino al punto di farli molto
simili a Sé, ossia molto buoni (Gn 1,31), li aveva collocati in un posto –
il paradiso terrestre – molto vicino a Sé (ad “Oriente”, dove sorge il
“giorno”(Gn 2,8)) ed aveva loro donato la “scienza infusa”, ossia la
conoscenza immediata della realtà che li circondava.
I due capostipiti del genere umano
erano anche stati creati immortali in anima e corpo e conoscevano Dio -
non certo come Dio si conosce in Sé perché non era ancora avvenuta
l’incarnazione che avrebbe divinizzato la loro natura umana per assumerli
nel Suo divino riposo trinitario.
Se no in tale pienezza, essi tuttavia Lo
conoscevano molto bene in visione per come era loro possibile vederlo.
Dio infatti appariva loro di frequente nel paradiso terrestre e parlava
loro bocca a bocca, come un uomo parla ad un altro uomo (allo stesso
modo Dio avrebbe poi parlato a Mosé, che fu da Dio prescelto – unico nella
storia dell’antico Testamento – ad avere questo privilegio: cfr. Num 12,7-8
+ Es 3,11; privilegio questo che – dopo Cristo – Dio conferisce a moltissimi
Santi di Cristo, come San Francesco, San Pio da Pietrelcina…e a tanti,
tantissimi altri, per cui c’è solo l’imbarazzo della scelta …).
Come fu allora possibile che lucifero, il
serpente della Genesi li ingannasse fino al punto di farli cadere in quel
tragico trabocchetto di cui - malgrado l’intervento provvidenziale di Dio,
di cui diremo, piangiamo ancora le conseguenze?
Per rispondere esaurientemente a questa domanda
occorre innanzitutto conoscere meglio chi è e come opera satana
contro l’uomo, e che cosa vuole da lui.
> Chi è satana, lucifero, il diavolo, il
maligno o comunque lo si voglia chiamare?
Bisogna innanzitutto tener presente che
satana non è il simbolo del male ma è una
persona maligna.
Non è cioè la rappresentazione letteraria del
male del mondo, così come, ad esempio, viene simbolicamente raffigurata la
“Morte”, e cioè come uno scheletro umano vestito da donna che tiene in mano
una falce, perché tale donna personalmente non esiste così come è
rappresentata, mentre satana esiste personalmente e non come ce lo
raffiguriamo in modo letterario, per esempio, a guisa di un caprone barbuto…
Satana non è cioè un’allegoria del male, ma
una reale persona maligna che purtroppo è super-intelligente e
potente, un ex angelo di Dio, che, creato buono da Dio, avendo scelto
il male, ossia di restare eternamente fuori di Dio per
invidia dell’uomo, odia in modo irreversibile e tenace Dio,
soprattutto quando Dio si fa uomo per elevare l’uomo a Dio.
Abbiamo fin dall’inizio, nella parte dedicata
alla “Teologia della conoscenza”, mostrato la distinzione netta tra i
poteri sovrannaturali di creazione e di estinzione della realtà
esistenziale, che sono propri soltanto di Dio e son
detti “miracoli” ed i poteri preternaturali o di prodigio che
– usati a fin di male – sono propri di satana, mentre gli angeli e Dio –
ovviamente – li usano a fin di bene.
Si tratta di poteri
comunque superiori a quelli degli esseri umani di questo mondo, che Lucifero
– insieme agli ex angeli divenuti demoni che lo seguirono nella sua diaspora
da Dio non perse, pur se rivolse al male.
Conservò
tali poteri preternaturali (NON sovrannaturali, propri solo di Dio) perché
per lui e per i suoi accoliti non fu possibile alcuna prova di appello, come
poi avvenne invece - lo vedremo (e vedremo anche perché) - per gli esseri
umani.
L’ex
lucifero si trasformò così in falso angelo della Luce, da
messaggero di Dio in scimmia di Dio, da strada dritta per il Cielo in
percorso che porta al precipizio dell’inferno…E – dati i suoi superiori
poteri preternaturali di conoscenza e di prodigio, che non gli furono tolti
– divenne – lungo tutta la Storia della Salvezza - un essere molto
pericoloso per l’uomo, come non mancheremo di porre nella
opportuna evidenza (anche se egli non può tentare o violentare l’uomo al di
sopra delle sue forze).
Ed è attraverso l’esistenza di fatti
prodigiosi diabolici, rivolti cioè al male, che si deduce – come
abbiamo già mostrato quando abbiamo parlato della differenza tra “miracolo”
e “prodigio”, l’esistenza e la presenza personale e malefica di satana
e dei suoi demoni in questo mondo. Realtà questa che è peraltro ampiamente
rivelata soprattutto dai Vangeli nonché attestata - fuori dai Vangeli - da
Santi del calibro di un San Francesco ed – attualmente - di un San Pio da
Pietrelcina (morto nel 1968), noto come Padre Pio...etc..etc..etc..
Satana - ed
i suoi accoliti apostati ex angeli che lo seguirono - possiede per
natura la stessa struttura immateriale – e quindi direttamente
invisibile in questo mondo - e gli stessi poteri di intelligenza,
conoscenza e potenza preternaturali delle creature angeliche, ma, a
differenza degli angeli, ha il cuore – ossia la capacità d’amare del suo
essere - per sempre rivolto a fare coscientemente e sadicamente il male.
Ma un male irreversibile e profondo, che, in ultima analisi, è quello di
far condividere all’uomo la sua stessa sorte scellerata seducendolo
all’inferno.
Satana prima di diventare quello che è, ossia il
serpente, il maligno, satana stesso (a seconda di come viene chiamato in
relazione alle sue malefiche caratteristiche dominanti) - era l'angelo che
Dio aveva creato tra i più vicini a Sé e quindi tra i più simili a Se.
Egli era tra i più pieni di Luce
divina-Verità: per questo originariamente si chiamava:
Lucifero, ossia "portatore di Luce-Verità-divina". Luce-Verità che -
riflessa da Dio – faceva di Lucifero la Verità dell’Esistenza più vicina a
Dio nel rapporto tra il Creatore e le creature e tra le creature ed il
Creatore.
Lucifero cioè - prima della caduta - insieme e
meglio delle altre creature incorporee dette “angeli”, ossia “messaggeri di
Dio”, era quello che conosceva più da vicino Dio-Verità, sia pure senza
essere stato ancora liberamente assunto in Lui per poterne avere esperienza
diretta e poterlo quindi “vedere” come Dio si vede in Sé.
Per raggiungere questo grandioso
traguardo di piena divinizzazione in Dio, occorreva però che
"Lucifero" (e gli altri angeli) fosse stato liberamente
disposto a fare la Volontà di Dio.
Fosse stato cioè d’accordo con gli altri angeli
disposto - prima di essere elevato definitivamente in Dio, nella Sua
Intimità Trinitaria – a condividerne i progetti esistenziali imitando il
modo di essere della Sua divina Capacità d’amare che in prima
approssimazione è qualificabile come “Amore che serve”:
Amore di “Carità”. (“Deus Charitas est= Dio è Carità in Se stesso).
Lucifero però ed una parte degli angeli che lo
seguirono - ribellandosi a Dio - si rifiutarono liberamente di fare la Sua
Volontà, e scelsero di restare eternamente fuori di Lui, pur di non farla.
Essi si trasformarono così da angeli della
Luce(Dio) in angeli delle tenebre (senza Dio): da destinati liberamente al
Cielo ad iniziatori del regno (=modo di esistere) delle
tenebre, ossia della morte eterna da Dio, detto “inferno”.
Si
comportano contrariamente agli altri angeli che liberamente
invece - liberamente e felicemente! - optarono per la strada che aprì loro
la porta – (l’essere umano non era stato ancora creato) - alla visione
beatifica di Dio dentro Dio all’interno del Suo Regno trinitario. In esso
l’eternità è illimitata felicità di una vita sempre nuova che si
auto-realizza nel rapporto infinito d’Amore tra le tre divine Persone. Tre
divine persone di un unico e solo ma non solitario Essere divino.
Vedremo poco più avanti perché satana e
gli altri angeli ribelli che lo seguirono nella sua diaspora da Dio - pur
sapendo allora chi fosse il vero Dio in modo indubitabile e certo – scelsero
ciononostante
liberamente di separarsi per sempre da Lui
(“Non serviam”) aprendo così le porte dell'inferno per loro e per i loro
adepti.
Ma possiamo cominciare a
dire fin da adesso che se si sottovaluta l'incidenza negativa di satana in
tutta la Storia della salvezza, a cominciare dall’ante-storia
di essa che si svolse nel paradiso terrestre della
prima, superiore dimensione di esistenza della creazione del mondo,
difficilmente se ne potrà comprendere l’andamento.
Se infatti è pure vero che
la Storia della Salvezza è cristo-centrica, va però
considerato che nemmeno ci sarebbe stata una Storia della salvezza se il
progetto di divinizzazione ed assunzione in Dio del genere umano fosse
andato in porto nel paradiso terrestre della prima dimensione di esistenza
del mondo, che Dio aveva fatto dal nulla (=aveva creato) “ad “Oriente”, vale
a dire, molto vicino a Sé (Gn 2,8. 15).
E sarebbe avvenuto così se
non ci fosse stato l'intervento diabolico di satana - messaggero delle
tenebre - che – in quel contesto esistenziale - ne impedì – col
peccato, detto d’origine – o originale - la realizzazione (Gn
3,1-8).
Dalla Genesi
(della prima
creazione del mondo) all’Apocalisse (alla nuova creazione dei
nuovi cieli e nuova terra) la perseveranza
diabolica di satana contro Dio e l’uomo che Dio ama non conosce comunque
soste.
Se lo scopo
degli scopi di Dio è quello di divinizzare ed assumere nel Suo
riposo trinitario il genere umano, mediante l'incarnazione dell'Unigenito,
lo scopo degli scopi di satana è quello di impedire questo progetto cercando
comunque di trascinare l’uomo all’inferno.
Tornando a
questi nostri tempi non va taciuto che sono molti, purtroppo, anche tra i
cristiani che non credono più alla esistenza personale di satana, perché, in
ultima analisi, non credono più in quella del vero Dio,
che pure da duemila anni a questa parte dopo Cristo si dimostra esistente e
presente facendo e facendo fare miracoli che solo il vero Dio può fare e far
fare.
Costoro, però, sono come
inebetiti perché non si esaminano circa l'esperienza che fanno della
tentazione continua, che spesso viene banalizzata e che a loro non sembra
debba postulare l'esistenza di potenze demoniache personali.
La personificazione del male
appartiene, essi dicono, all'epoca, ormai tramontata, in cui l'uomo si
riteneva lo zimbello di forze cosmiche. La credenza del diavolo viene
“modernamente” espunta come mitologia popolare del passato “medievale”, e
respinta, mentre ciò che si chiamava possessione diabolica viene considerato
uno dei tanti traumi che la psicologia del “profondo” cerca (ma
invano) di spiegare.
I vari episodi biblici
ed in particolare evangelici – però - in cui si parla di satana come di un
essere personale e maligno - contraddicono queste opinioni e ne svelano
i falsi ragionamenti.
Col nome di satana, lo
confermiamo, la Bibbia designa invece un essere personale, per
sé invisibile, ma la cui azione od l'influsso si manifesta, sia
penetrando in altri esseri viventi, in modo particolare negli esseri umani
(se questi gli aprono il cuore) per determinarli ad azioni contrarie alla
Volontà di Dio (cfr.: Gv 6,70; Lc 22,3) sia nella tentazione per convincerli
a quelle azioni contrarie alla Volontà di Dio, magari senza riuscirci.
Il demonio assume, di tempo in tempo, dei
volti diversi. Occorre perciò individuarli, tenendo presente che la più fine
astuzia del diavolo, secondo il famoso detto di Baudelaire, sta proprio nel
persuadere la gente, oggi, come abbiamo detto, più di ieri, che lui non
esiste (e se non esiste lui, non esiste neanche Dio).
Tutta intera
la Storia della salvezza è invece pervasa da una lotta tremenda contro le
potenze delle tenebre»; lotta che, cominciata fin dall'origine del mondo,
durerà, come dice il Signore (cfr.: Mt 24,13; 13,24-30 e 36-43), fino
all'ultimo giorno.
Satana è stato chiamato pure
“serpente” in relazione al significato emblematico negativo
assunto da questo animale subdolo e pericoloso per via della sua astuzia e
del suo morso avvelenato. Egli ha preso pure il nome di “satana”,
che etimologicamente dall’ebraico significa: “nemico, avversario,
oppositore, persecutore” (sottinteso dell’essere umano).
> Il “modus operandi” di
satana (la bugia e la violenza) e le categorie degli esseri umani che egli
prende particolarmente di mira (“i principi di questo mondo).
Satana sa
perfettamente, in quanto ex angelo della Luce ed anche
se divenuto angelo delle tenebre (=essere “maligno”), qual è la Verità
dell’Esistenza, perché ha conosciuto molto da vicino Dio-Luce –Verità somma
dell’Esistenza.
La sa - questa Verità
fondamentale dell’Esistenza - ma non l’ha voluta fare per l’eternità,
scegliendo di lasciare eternamente Dio per invidia dell’uomo.
Chi infatti nei Vangeli
sa da subito che Gesù Cristo è Dio-Figlio di Dio(Padre) è
satana, che parla per bocca dei suoi ministranti uomini: ma, pur
sapendo la Verità circa Gesù Cristo, ossia che è Dio e qual è la Sua
missione (Gv 14,6), satana comunque Lo rifiuta, come appare evidentemente da
vari brani evangelici (cfr., ad es.: Lc 8,27-31).
Ovviamente
anche il Salvatore conosce bene satana perché lo definisce quale
«omicida fin dal principio (si riferisce all’omicidio di Abele)» e
quale non perseverante nella Verità, perché «non vi è verità in lui.
Quando dice il falso, infatti, parla del suo, perché è menzognero e padre
della menzogna» (Gv 8,44)
Attenzione che Gesù marchia
a fuoco il diavolo come bugiardo, ossia come ingannatore. Il significato
originario di bugiardo è quello di “chi fa
parola o discorso contrario al vero da lui conosciuto”.
Il “modus operandi”
del diavolo è dunque quello del bugiardo per natura, come quel pescatore che
copre l’esca con l’amo affinché il pesce ingannato abbocchi e muoia.
Per questo Gesù ammaestra
l’umanità, insegnandole: «Sia il vostro parlare “si”, se è “si”; e
“no”, se è “no”: il di più viene dal maligno» (Mt 5,37).
Dunque il modo di agire caratteristico di satana
contro tutti coloro, che facendosi convincere o temendolo - ossia i deboli
che non gli oppongono resistenza o gli imprudenti che gli "danno occasione"
- gli aprono il cuore - sono il falso ragionamento, la bugia, o la violenza
spinta fino alla persecuzione omicida.
Se l'essere umano cade nella sua rete diventa "captivus", che
etimologicamente significa "prigioniero di guerra" (tenendo presente la
condizione di animalità in cui venivano tenuti i prigionieri di guerra) nel
senso di chi perde ogni libertà perché ha perso
il dono divino del libero arbitrio.
Si tratta del dono della “libertà
della libertà”, ossia di quel dono divino per cui si è liberi di
restare liberi continuando ad essere liberi facendo la Volontà di Dio o si è
liberi di farsi schiavi di satana, continuando ad esserlo, finché Dio, nel
modo che vedremo, interviene ancora in favore dell'uomo: ma finché la
Sua Misericordia infinita del Suo Cuore non confligge con la Sua altrettanto
perfetta Giustizia distributiva.
Si comprende allora meglio
il significato di «falso angelo della luce» con cui San Paolo definisce il
modo di sedurre principale di satana:
il modo di agire di satana
dalla Genesi all’Apocalisse infatti è proprio quello di convincere
l’uomo con falsi ragionamenti, che, se accolti, rendono
cattivi i pensieri e portano all’azione di peccato – al male morale - che
divide da Dio.
Satana fa questo in piena
mala fede perché conosce chi è il vero Dio ma lo nasconde sapendo
perfettamente quale danno arreca a colui che egli vuol sedurre.
Egli presenta una parte o un
aspetto della verità come Verità assoluta - in sostanza una menzogna -
costellandola da altre “verità” che coprono altre menzogne e che
"logicamente" discendono dalla prima.
Tipico fu – come vedremo –
il falso ragionamento col quale il serpente indusse in errore
la prima Eva per se-durla (riuscendoci), ossia per separarla da Dio col
peccato (Gn 3,1-8).
Altrettanto tipico fu
il ragionamento diabolico del faraone quando dette l’ordine di
uccidere tutti i figli maschi nati nel popolo ebraico divenuto troppo
numeroso rispetto a quello autoctono (si tratta in pratica del primo
tentativo di genocidio degli Ebrei, ritentato poi ai nostri tempi da
Hitler). E come non ricordare i falsi ragionamenti con i quali
satana tentò addirittura Gesù – il nuovo Adamo - nel deserto, per sedurlo
onde compromettere la Sua missione redentrice e salvifica del genere umano,
e fargli così omettere di fare la Volontà del Padre (cfr.: Lc 4,1-13 etc..)?
La caratteristica operativa
di satana, come scrive San Paolo (2Cor 11,14) è perciò quella del bugiardo,
quella di camuffarsi da "angelo della luce",
ossia da falso messaggero di Dio.
Ma in realtà egli è un
pervertito che opera in questo mondo per pervertirlo nascondendo all’uomo
Chi è il vero Dio come una nube che nasconde il Sole.
Il suo vero scopo è quindi
quello di contraffare all’uomo – ad ogni essere umano che giunge alla
capacità di intendere e di volere - qual è la Verità dell’esistenza fino al
punto di presentarsi e di sostituirsi a Dio, facendo la scimmia di Dio ed
inducendo l’umanità a seguirlo, in vista di perderla per sempre dal suo vero
Fine ultimo.
Egli opera in modo
opposto all’ultimo dei grandi profeti di Dio, San Giovanni Battista, colui
che indicò il vero Dio fattosi uomo in Gesù, detto il Cristo.
Per quanto ci riguarda, Il
diavolo quindi esiste per tentare - col falso ragionamento - di “se-durre”
(=impossessarsi, condurre a sé, trascinare in cattività) l’essere umano al
male morale del peccato (=corruzione) pur sapendo “dov’è” e
pur sapendo “Chi è” il Bene assoluto (= “Bene”
etimologicamente significa: “Colui che è beato e “bea”= Colui che è e rende
felici per sempre).
Bene assoluto che,
peraltro, satana, accecato dalla superbia, ha rifiutato per sempre
nell’eternità infernale dell’eterna ripetizione dell’uguale.
> Cosa vuole satana e come comportarsi per
tenerlo a bada. - Il combattimento spirituale continuo.
Stabilito che satana per separare l’uomo da Dio
col peccato parte dalla testa per arrivare al cuore, ossia
all’accoglimento, all’adesione intima dell’oggetto della tentazione, bisogna
allora stare molto attenti per respingere l’assalto dei pensieri
passionali senza soffermarvisi. Occorre perciò che
tali pensieri seduttori devono essere contrastati al
loro stesso insorgere in quanto deve essere loro impedito assolutamente
l’ingresso nel santuario dell’anima.
E’ comune
esperienza di chiunque si trovi a percorrere un cammino di santità il
bombardamento di pensieri peccaminosi che satana gli genera di continuo
nella mente nella speranza che arrivino al cuore, e quindi al peccato
consumato.
Si tratta perciò di una vera
e propria lotta spirituale continua, di un combattimento
spirituale che non conosce tregua finché si vive in questo mondo, ma di cui
satana è perdente se resta sempre fuori dalla porta del cuore, mentre il
cuore è abitato dalla presenza di Dio con la preghiera continua.
In questo senso San
Benedetto interpreta l'ultimo versetto del Salmo 136,9 che dice: «beato chi
prenderà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra»: bisogna
- egli dice - respingere, annientare, sfracellare contro la Pietra,
che è il Cristo, i pensieri provenienti dal maligno, fin dal loro nascere».
Se non ci comportiamo così non la spunteremo mai
con satana essendo la nostra natura umana caduta anche per quanto
concerne la sua capacità di comprendere la Verità, avendo perso la scienza
infusa – ossia la sovrarazionalità originaria (che peraltro, come
vedremo, non bastò nemmeno ad Eva quando era ancora nel paradiso terrestre).
Per questo bisogna stare molto attenti alla
tentazione luciferina principale, che è quella della induzione ad aderire
alla falsa conoscenza circa Dio (=quella non rivelata da Dio
stesso), o, come si dice più comunemente in teologia, alla falsa
gnosi,
Essa consiste nella cosiddetta
auto-illuminazione, ossia nel ritenersi capaci di poter
conoscere Dio al di fuori della Sua rivelazione che in Gesù Cristo si compie
in auto-rivelazione.
In ultima analisi a poter conoscere il vero Dio
e la Sua Volontà soltanto col proprio pensiero a prescindere dalla
Scrittura ispirata da Cristo che si compie nei Vangeli:
«Allora spiegò loro in tutte le
Scritture quel che si riferiva a Lui (…). Aprì loro la mente
all’intelligenza delle Scritture e disse… » (Lc
24,25-27. 45-48).
E’ la pretesa di dire chi è Dio e cosa vuole
dall’uomo prescindendo da Chi dimostra di essere Dio e chiede cosa vuole da
noi (=Gesù Cristo).
È la tentazione di fondo di “lucifero”: quella
di farci ritenere che il nostro pensiero basti da sé a comprendere
tutto, anche chi è Dio, chi siamo noi e cosa Dio vuole da noi.
Poiché al contrario è Dio – il vero Dio - a
dimostrare Se stesso ed a rivelare chi siamo noi e cosa vuole da noi,
il luciferismo diventa il più sottile ateismo esistente
perché ci induce a farci dio senza - e talvolta contro - Colui che si
dimostra invece di esserlo realmente.
E’ da questo ateismo
“pseudo-scientifico” che tutti gli altri dipendono. E’ questo
che fa ritenere legittimo a certi “tuttologhi” o a certi scienziati
“domestici”, che magari sono esperti in qualche segmento dello scibile, di
parlare di dio e della sorte dell’uomo come se fosse Dio stesso a parlare
con la loro bocca: ma non sono né santi né profeti…
E mentre se uno che non è “laureato” in medicina
pretende di dire qualcosa in campo medico si grida allo scandalo, allo
stesso scandalo non si grida se qualcuno parla di Dio a sproposito, ossia a
prescindere da quello che Colui che dimostra miracolosamente di essere Dio
rivela di Sé.
Migliaia di tonnellate di libri
sono stati inutilmente scritti in proposito da quando è stata inventata la
stampa, oscurando anziché illuminare il cammino dell’umanità verso il suo
destino esistenziale sia in Oriente (soprattutto) che in Occidente che al
centro della Terra, con false religioni e false divinità che sono il
risultato di mere elucubrazioni masturbatorie dell’uomo che crede di
arrivare da se stesso alla Verità riguardante Dio e la Sua Volontà, mentre
invece è portato al guinzaglio da satana.
Ecco nella sua pienezza svelata la “professione
preferita di satana” quella di falso messaggero della Luce,
ossia di scimmia di Dio, di Colui cioè che parla ed induce a ritenere Dio
in modo contrario al vero da lui conosciuto, ostacolando e ritardando il
cammino dell’uomo verso la Verità per trascinarlo con sé nella “geenna”
della menzogna eterna.
Disse una volta il vescovo della parrocchia cui
era preposto il Santo Curato d’Ars (Jean-Baptiste Marie
Vianney; 1786-1859) a riguardo della scarsa cultura letteraria che gli si
rimproverava: “Io non so se il Curato d’Ars sia colto. Ma una cosa so
di sicuro: che egli è illuminato dallo Spirito Santo. E tanto basta ed
avanza!”
Non ci dimentichiamo poi neanche che satana non
si ferma davanti a niente – ricordando che per impedirgli la missione per la
quale Dio si è fatto uomo - non si limiterà neppure dal cercare di….sedurre
nel deserto persino Lui, pur sapendo Chi era, (Lc 4,1-13).
Ma questo fortunatamente ci dà un grande esempio
da imitare per risultare - malgrado la nostra condizione di inferiorità
rispetto al nemico - vittoriosi dal luciferismo o gnosticismo diabolico,
ossia quello di radicare i propri convincimenti esistenziali sulla
Parola di Dio contenuta nella Sacra Scrittura, proprio così come fa Gesù,
tentato nel deserto da satana.(Mt 4,3-10).
Proprio infatti per farci capire e farci evitare
il luciferismo nel rapporto tra il vero Dio e l'uomo, Gesù Cristo, - lo
ripetiamo - nel deserto, facendosi tentare da satana, ci ha descritto qual è
il modo unico per mandarlo a quel paese: la conoscenza della
Rivelazione che in Lui si compie in auto-rivelazione.
In quella circostanza infatti l’uomo-Dio - ossia
la Sapienza assoluta - rintuzzava il nemico di Dio e dell'uomo non in
maniera autonomamente autorevole come gli sarebbe stato naturalmente
possibile per la Sua Natura divina, ma – per darci un esempio - con la
citazione di versetti della Bibbia, che costringevano satana a
cambiar”ragionamenti”, e, alla fine ad allontanarsi senza aver concluso
nulla (Lc 4,1-13; + Mt 4,3-10).
Ripromettendosi però di far, al momento
opportuno, uso dell’unica arma che gli restava oltre il falso ragionamento
seduttorio: la violenza dell’omicidio.
Ed è questa l’altra caratteristica del
modus operandi di satana: la violenza verbale e fisica fino alla morte
corporale (quanti ancora in questo mondo si fanno imitatori di satana!).
Ma proprio quando gli parve di aver
impedito a Gesu’ Cristo la Sua missione, uccidendolo sulla croce, fu allora
che ne rese invece possibile – senza volerlo – il compimento, e, pur avendo
inutilmente vinto tante battaglie, perse alla fine definitivamente la
guerra, restando con un pugno di mosche in mano…Anche la morte si
vince quindi, se si rimane in Cristo.
«L'incombenza di satana, di questa
nefasta presenza, (che richiede il combattimento spirituale continuo; ndr)
disse Papa Montini parlando del diavolo, il 15 novembre 1972, durante
l'udienza generale, è segnalata in moltissimi passi del Nuovo Testamento.
San Paolo lo chiama il "dio di questo mondo" (2Cor 4,4) e ci
mette sull'avviso sopra la lotta al buio che noi cristiani dobbiamo
sostenere non con un solo demonio, ma con una sua paurosa pluralità:
"Rivestitevi, dice l'Apostolo, dell'armatura di Dio per poter affrontare le
insidie del diavolo... poiché la nostra lotta non è soltanto col
sangue con la carne (ossia con esseri umani) ma contro i
principati e le potestà, contro i dominatori delle tenebre, contro gli
spiriti maligni dell'aria" (Ef 6,11-12)».
Dopo Cristo, la Verità assoluta
dell’Esistenza, che è Cristo, e la Via per raggiungerla, che è l’imitazione
di Cristo (Gv 14.6), si scontrano con la menzogna e con la violenza mondana,
di cui satana è il principe. Tre volte infatti Cristo riferendosi al
demonio, come a Suo avversario, lo qualifica “principe di questo mondo” (Gv
12,31; 14,30; 16,11.
E quando satana nel tentare di se-durre
Dio in Gesù Cristo gli offre tutti i potentati politico-economici di questo
mondo, ossia i regni che governano le nazioni, non bisogna dimenticare di
evidenziare che tali “regni” satana afferma di avere sotto il suo dominio
(Mt 4,8-9).
Questo significa che satana guarda
ad una particolare categoria di esseri umani da sedurre: quelli che
detengono il potere sugli altri: re, principi, capi-popolo, episcopi,
presbiteri…
E tale “rivelazione”
diabolica non poteva non essere vera posto che satana sapeva chi aveva di
fronte: Uno cioè che sa tutto ed al Quale è inutile mentire.
I fatti accaduti infatti e che
accadono - di cui dovremo dire - confermano in pieno questa “rivelazione”
diabolica, stante che spesso – se non esclusivamente - gli oppositori più
subdoli di Cristo, i persecutori dei Suoi testimoni più radicali, coloro che
i testi del Nuovo Testamento chiamano anticristi, sono da ricercare tra re,
principi, governatori, e - purtroppo – anche là dove meno ce lo si sarebbe
aspettato tra episcopi e preti della Chiesa “ordinata”.
> L’opera di satana nel paradiso terrestre
della prima creazione “Uni-versale” del mondo. L’inganno del serpente
impedisce in quella superiore dimensione d’esistenza del mondo il disegno
salvifico di Dio sul genere umano.
Una volta mostrato chi è, come opera, cosa
vuole, e come comportarsi per tenere a bada satana, possiamo continuare la
nostra esposizione mostrando che nel Paradiso terrestre della prima
creazione del mondo (quello Uni-verso della Genesi), satana ai due
capostipiti del genere umano - a coloro cioè dai quali l’intero
genere umano che era nella mente di Dio sarebbe derivato (noi compresi) –
prospettò il male – ossia il non far più la Volontà di Dio (Gn
2,17 + 3,3) - come un bene – ossia come la loro
autonomia da Dio che li avrebbe fatti – a suo dire - diventare uguali a
“Dio” (senza Dio e fuori di Dio è cosa in assoluto
impossibile perché il vero Dio è uno solo ed è sempiterno).
Dio veniva e viene presentato da satana come un
limitatore della libertà umana. Rendersi autonomi da Dio significava quindi
acquistare quella libertà che Dio avrebbe negato con il sottoporre l'uomo a
fare la Sua Volontà. Satana presentava quindi Dio come invidioso dell'uomo
che non voleva rendere autonomo per tema di perdere il Suo assoluto
predominio su tutte le cose. Al contrario l’uomo NON facendo la Volontà di
Dio – sempre a dire del “serpente” - avrebbe conosciuto sia il bene che il
male. Per questo sarebbe diventato addirittura….uguale a Dio,
perché solo Dio (questo è vero, perché satana dice sempre le mezze verità
contrabbandandole come verità assolute) può conoscere quello che è il Bene,
ossia tutto ciò che si avvicina a Lui, Sommo Bene, e quello che è il
male spirituale o peccato, ossia tutto quello che si allontana
dividendosi da Lui Sommo Bene.
Il “ragionamento” del diavolo – che sembra non
fare una grinza - era però tutto un sottile raggiro “luciferino” (e
non è da sottovalutare il fatto che il filosofema diabolico è stato compreso
appieno solo dopo Cristo e dai santi di Cristo) sia perché di
uguale a Dio non c’è che Dio, sia perche facendo
la propria volontà al posto di fare liberamente quella di Dio NON è
vero che l’essere umano possa conoscere il bene ed il
male: in realtà quello che conosce e fa è solo il male morale o spirituale,
ossia il peccato, perché solo Dio è e sa qual è il vero
Bene, ossia la via maestra che conduce a Lui . E’ Dio infatti “la Via,
la Verità e la Vita” (cfr Gv 14,6) e di Dio - Quello almeno
che si dimostra tale – ce n’è uno solo!.
Ma la menzogna più grave fu quella di suggerire
che la libertà può essere trovata fuori di Dio, proprio perché è Dio stesso
la Libertà assoluta in quanto Verità assoluta.
E’ infatti conoscendo e sapendo la Verità, cioè
Dio stesso, che si è liberi, come Gesù stesso non mancherà di rivelare
esplicitamente, Ecco infatti come Egli chiarisce questo punto a quei Giudei
che avevano "creduto" in Lui:
«Se rimanete fedeli alla mia Parola
(= sottinteso: che è Parola di Dio), sarete davvero miei
discepoli (=imiterete la mia Vita); conoscerete la Verità
(conoscerete cioè Dio che è La Verità assoluta) e la Verità
(e cioè: Dio, Io stesso) vi farà liberi (vi condurrà in Dio
che è Libertà assoluta in quanto Verità assoluta).
Ciò nonostante Dio non costringe
nessuno alla Verità – Verità che è Amore di Carità (“Deus
caritas est”) – e – una volta che pone la coscienza dell’uomo di fronte ad
essa conferendogli – come nel paradiso terrestre - il libero arbitrio,
ossia la libertà di essere o non essere libero, rispetta la sua
decisione nel Bene o nel male, a meno che satana non l’abbia tratto in in
inganno.
Ed è così che l’uomo credendo di liberarsi di
Dio finisce col sottoporsi - fuori di Dio – ad uno più forte di sé, che
seduce con la menzogna delle mezze verità presentate come verità assolute,
ed induce al male spirituale sempre più profondo del peccato.
Così purtroppo avvenne per Eva ed Adamo.
In realtà, dunque, opporsi
responsabilmente alla Volontà di Dio costituisce il peccato,
sia in senso obbiettivo che in senso soggettivo di dolo, costituisce
cioè quella libera – e quindi responsabile - scelta che rifiuta Dio per
l’ego del proprio io, imitando satana, ossia facendo la sua volontà, e
lasciando il vero Signore per sottoporsi alla cattività di un falso
signore, che scimmiotta quello vero in odio a Dio ed agli esseri umani fatti
simili a Lui, che Dio ama.
Ma satana che non era stato ingannato da nessuno
come mai era finito all’inferno prima dell’essere umano?
Premesso che tutti sceglierebbero di
sperimentare Dio come Dio è in Sé, ossia il paradiso, se potessero
sperimentarlo in anticipo – per lo stesso motivo nessuno sceglierebbe
l’inferno se potesse sperimentare in anticipo che cos’è.
Nella prima ipotesi, quanto sopra detto è così
perché, per poter entrare in Dio, bisogna essere prima divinizzati da Lui,
e, per esserlo, bisogna utilizzare il dono divino del libero arbitrio nella
direzione di scegliere di fare la Sua Volontà mentre ancora non si è entrati
in Lui…
Ed è così anche nel secondo caso perché, per
precipitare all’inferno – ossia nell’eternità senza Dio dell’Aldilà -
bisogna prima scegliere definitivamente e malgrado tutti i richiami e gli
ammonimenti di Dio di voler esercitare il libero arbitrio nella direzione
coscientemente contraria a quella che è la Volontà di Dio, peccando, ossia
scegliendo da sé nell’errore quello che ci pare bene ed invece è male, ed
evitando quello che ci pare male, ed invece è bene.
Nessuno quindi sceglie l’inferno per
l’inferno, perché quando vi è caduto dentro farebbe tutto il possibile per
venirvi fuori se avesse ancora un solo istante di tempo ma non ce l’ha, e
nessuno rifiuta il paradiso per il paradiso perché quando vi è dentro non
gli passa neanche per l’anticamera del cervello il desiderio di venirne
fuori, tanto ci sta benissimo, è cioè felicissimo di esserci.
Sia l’inferno che il Paradiso riguardano
entrambi la vita eterna di Creature che Dio ha dal nulla fatto eterne
per farle però partecipare tutte alla infinita felicità in Lui della Sua
Vita sempiterna.
Dio non ha fatto l’eternità dell’inferno,
ossia una vita eterna di creature viventi per sempre fuori di Lui.
Incomparabilmente diversa è perciò la
vita vissuta per sempre fuori e senza Dio da quella vissuta per sempre
dentro e con Dio!
Eternità di vita infinitamente infelice e
ripetitiva è infatti l’una; eternità di Vita
infinitamente felice (=feconda) e sempre nuova è l’altra.
La prima vita - in quanto eterna ma
infeconda - altro non costituisce che l’angoscia esistenziale delll’eterna
ripetizione dell’uguale, l’altra Vita – in quanto anch’essa eterna
ma infinitamente feconda – costituisce invece, quella Vita
sempre felice, che è la partecipazione alla Vita eterna di
Dio, che Dio vive in Sé nell’infinito interscambio d’Amore tra le Sue Tre
divine Persone.
Il vero Dio è infatti l’Unico Essere
sempre esistente in Cui la stabilità sempiterna della Sua identità
tripersonale di Padre, Figlio e Spirito Santo - si coniuga sempre con la
varietà SENZA FINE della Sua Vita intra-trinitaria d’Amore. Amore assoluto o
di “Carità”, di cui diremo – e che non ripete mai ciò che fa sperimentare.
Senza quindi poter aver anticipata esperienza
della felicità assoluta di Dio prima che tali creature siano state assunte
in Dio da Dio, sappiamo però che se l’essere creato eterno
vuole essere eternamente felice deve entrare in Dio, nella Sua
intimità trinitaria, altrimenti sarà eternamente infelice.
Soltanto Dio, infatti, è l’unico Essere
vivente che è e dà - da sempre e per sempre - Felicità.
Lucifero, alias satana, alias il serpente, alias
il diavolo, alias il maligno…, l’angelo cioè più potente creato da Dio più
vicino a Lui, per essere col suo consenso assunto in Lui, nonché quegli
altri angeli che lo seguirono nella sua tragica diaspora da Dio,
avevano scelto di non fare la Volontà di Dio in merito al progetto che Dio
aveva loro reso manifesto a riguardo della creazione umana.
Essi scelsero quindi - stando ancora
fuori di Lui ma fatti per essere assunti liberamente in Lui – di
lasciare Dio per sempre a motivo della loro sopravvenuta superbia contro
Dio e della loro invidia per l’uomo.
E siccome essi - in quanto angeli -
conoscevano Dio al meglio di come creatura può conoscerlo in grazia della
Sua continua auto-teofania nei loro confronti – e
quindi in modo del tutto chiaro e distinto, questa scelta fu scelta di
rifiuto pienamente responsabile (senza giustificazione alcuna) della
Verità-Dio.
Esso realizzò perciò quella “bestemmia
contro lo Spirito Santo-Dio”, di cui ancora parleremo a riguardo
degli uomini di questo mondo e che Cristo rivelerà essere
irreversibile.
Ciò nel senso che questo rifiuto di chi
conosce indubitabilmente Dio quale vero Dio è ingiustificabile e quindi
irreversibile, perché Dio eleva le sue creature in Lui solo se esse
liberamente lo vogliono e non contro la loro libera volontà.
Per questo Egli conferisce loro il dono del
libero arbitrio che è la libertà di essere liberi scegliendo Dio, o quella
di restare schiavi dell’ego del proprio io scegliendo per qualsiasi motivo
di rifiutarlo.
Dio infatti rispetta – anche nel male –
l’esercizio del dono del libero arbitrio, e cioè anche quando tale esercizio
realizza la scelta di rifiuto - senza giustificazione alcuna - di Dio come
tale conosciuto.
Rifiuto che – per una creatura creata eterna –
diventa - nelle condizioni esistenziali appena descritte -
eternamente irreversibile.
Il progetto che Dio aveva a
riguardo della Creazione umana e che suscitò l’invidia di satana prevedeva
che gli esseri umani fatti da Lui di natura originariamente inferiore
a quella angelica sarebbero stati nel prosieguo elevati da Dio in Lui al di
sopra degli Angeli mediante l’incarnazione dell’unigenito Suo Figlio che li
avrebbe pienamente divinizzati ed innalzati fino ad introdurli nell’intimità
trinitaria del Suo Regno (il famoso Riposo del settimo Giorno).
Tali creature sarebbero
diventate quindi più vicine a Dio – e quindi più perfette - delle
creature angeliche. Per questo - scegliendo la perdizione eterna da
Dio, gli angeli ribelli rifiutarono Dio ed il Suo progetto sull’uomo
profferendo quella celebre frase che suona. “Non serviam”,
ossia: “Non servirò” (gli esseri umani, opponendomi ad essi).
Questo progetto dunque che
prevedeva che Dio nella Persona del Figlio si sarebbe umiliato al punto tale
che da Creatore si sarebbe fatto creatura facendosi uomo e nascendo da una
Donna – la prima Eva, quella del paradiso terrestre della prima creazione
del mondo – rimaneva del tutto inconcepibile alla falsa maestà angelica di
lucifero e &.
Fu quindi decisamente
respinto da questi e da quella parte degli angeli (un terzo), che lo
seguirono ribellandosi a Dio e rifiutandosi di fare la Sua Volontà (Ap
12,1-4).
Da quanto esposto risulta quindi
che lucifero, quando tentò Eva, sapeva, come nessuna creatura mai
poteva sapere perché lo sperimentava in atto, cos’era l’inferno, ma
ne nascose l’eterna tragicità esistenziale ad Eva. Ecco perché viene
chiamato il maligno. Egli cioè era già diventato satana, il diavolo,
l’oppositore eterno di Dio e dei Suoi progetti di sconfinato Amore
sull’uomo.
Eva ed Adamo non solo non avevano sperimentato
l’inferno, ma non sapevano che l’angelo più vicino a Dio, l’angelo di luce
sfolgorante - lucifero - era diventato il capo dei demoni, ossia la persona
più potente e maligna - che pur Dio aveva creato la più buona - dell’intero
creato.
Satana si comportò quindi con i primi Due come
il pescatore che copre l’amo con l’esca affinché il pesce abboccando segni
la sua morte senza saperlo.
Si comprende adesso come sia potuto accadere
che Adamo ed Eva, pur avendo il dono della Scienza infusa, si siano potuti
lasciare ingannare dal luciferismo diabolico di satana, che peraltro aveva
(ed ha) gli stessi poteri detti preternaturali propri
degli angeli, ma rivolti però a fare il male.
> Il peccato originale e le sue malefiche
conseguenze diaboliche incidenti sulla natura umana di Adamo ed Eva, e
quindi poi su quella di tutti gli esseri umani cui essa in seguito alla
caduta dal paradiso terrestre divenne comune.
Dopo che Eva e per Eva Adamo, seguendo satana
nella sua diaspora da Dio, troncarono col peccato originale il cordone
ombelicale dello Spirito Santo-Dio che li legava a Dio, altro non
fecero in verità che bloccare la loro crescita spirituale impedendo
l’effusione della grazia originale, la quale - deificandoli o
santificandoli che dir si voglia - avrebbe altrimenti reso la natura umana
primigenia loro comune idonea ad essere sostanzialmente unita -
mediante l’incarnazione dell’unigenito Dio-Figlio di Dio dalla prima Eva
– alla Natura divina.
L’unione sostanziale della
Natura divina a quella umana operata dal Figlio di Dio col farsi uomo-Dio
nascendo dalla prima Eva - se questa ovviamente non si fosse separata da Lui
col peccato – aveva perciò lo scopo di divinizzare pienamente ed assumere in
Dio, nell'intimità trinitaria dell Suo Riposo del Settimo Giorno (Gn
2,2-3), la natura umana.
Sarebbe insomma
avvenuto già nel paradiso terrestre della prima superiore dimensione
d’esistenza del mondo quello che poi dopo – ma molto dopo! – avvenne in una
città di questo mondo chiamata Nazaret (Lc 1,26-38)
Se questo che fu il progetto
originale di Dio si fosse verificato nel paradiso terrestre della prima
dimensione d’esistenza del mondo – quello di cui in Gn 1,1-31, Adamo ed
Eva sarebbero stati divinizzati ed assunti nell’intimità trinitaria di Dio.
E non solo loro.
Tutti i loro discendenti
infatti (noi compresi) sarebbero stati generati in Dio direttamente da Dio
in anima e corpo e nei modi di Dio, e cioè per l’onnipotenza
di Dio-Spirito, come poi – ma molto dopo! – avverrà per il concepimento di
Gesù dalla semprevergine madre Maria, la nuova Eva senza peccato.
Tutti gli esseri umani sarebbero stati così partecipi da subito a quella
felicità\fecondità infinita che è propria della Vita eterna di Dio dentro
Dio, senza passare come poi sia pure provvidenzialmente avvenne - per la
valle di lacrime di questa dimensione di esistenza del mondo, sviato da Dio
(nel senso che è ancora in mano a satana nei suoi potentati
politico-economici), oltre che caduto, decaduto, crocifisso e mortale…..
Ma a causa però della rottura del cordone
ombelicale con Dio, che è lo Spirito Santo (Gn 3,22), in conseguenza
del peccato originale consumato (Gn 3,6) che – come ogni peccato
mortale o di morte spirituale - separa da Dio -
la capacità d’amare dell’anima umana venne a perdere
purtroppo il dono fondamentalmente più importante ricevuto da Dio,
la sua bussola esistenziale, ossia: il suo retto,
congenito orientamento Uni-verso al Suo Creatore.
La donna e l’uomo primigeni, in altri termini,
voltarono le spalle a Colui – l’Unico - che dal nulla e senza alcun
vantaggio li aveva chiamati ad esistenza soltanto per gratuita
sovrabbondanza d’Amore, immettendo in loro un alito di Vita
– Lo Spirito Santo (Gn 2,7) con l’intento di farli
partecipare in Sé alla fonte infinita della Sua Felicità: a quei fiumi di
acqua viva di cui poi parlerà il Cristo (Gv 7,38-39).
La capacità d’amare - il cuore della natura
umana di Adamo ed Eva nel suo elemento essenziale – l’anima - sviandosi così
dal suo retto orientamento volto ad amare Dio prima ed al di sopra di
tutto – si pervertì purtroppo ad un punto tale da inclinare
la sua retta direzione esistenziale da Uni-versa in ego-versa da umile in
superba.
La connaturazione di questa inclinazione
esistenziale perversa cagionò il loro determinismo a peccare.
Ossia la perdita autonomamente irrecuperabile del dono divino del
libero arbitrio con l’impossibilità antropologica di un loro ritorno a Dio:
ecco l’inferno, o, per meglio dire, la vita
infernale nella sterilità della sua eterna ripetizione dell’uguale.
Lungi dal diventare uguali a Dio, Adamo ed Eva
caddero invece sotto la “cattività” diabolica (=egoversa, superba) di satana
e persero, con la strada che li avrebbe condotti all’incontro
salvifico con Dio facendoli déi in Dio, anche – lo ripetiamo - la
possibilità di ritornare indietro per cui la separazione da
Dio divenne eterna come l’inferno.
Tanto è vero questo che durante il primo
Giudizio universale di Dio (cfr.: Gn 3,9-24 lo
chiamiamo “primo Giudizio universale” perché, come il secondo ed
ultimo, quello dell’Apocalisse, è universale anch’esso in quanto non
riguardò solo Adamo ed Eva ma l’intero Cosmo che Adamo ed Eva in loro due
ciascuno ricapitolavano) i due progenitori del genere umano se ne
rimasero con satana, e, pur riconoscendo il loro errore
perché prospettarono le loro giustificazioni (contrariamente al diavolo
che non aveva nulla da dire per il male perpetrato), tuttavia, la superbia
della loro condizione esistenziale di separati da Dio col peccato mortale
consumato e reiterato restava.
Nella circostanza infatti essi non chiesero
perdono a Dio della loro mancanza di fede, né implorarono di ritornare a
Lui, ma fecero come si suol dire “a scarica barile” e quasi attribuendo a
Dio la responsabilità ultima della loro disubbidienza: Eva infatti disse. –
“Il serpente mi ha ingannata;:ed Adamo: disse: – “La
donna che tu mi hai messo accanto mi ha indotto a peccare” (cfr.: Gn
3,12-13).
I due capostipiti dell’umanità vennero a
perdere così la parte migliore della loro immagine e somiglianza con Dio: il
loro essere stati fatti “molto buoni” da Dio (cfr.: Gn 1,27. 31)
che è Bontà (=”fecondità\felicità) assoluta (cfr.:Mr
10,18), rendendo la natura umana loro comune sospinta in modo
deterministico a restare separata da Dio ed unita col peccato a
satana, il maligno
La situazione che si era venuta a determinare
nel paradiso terrestre era divenuta a dir poco tragica,
se Dio non fosse misericordiosamente e gratuitamente intervenuto.
A parte il danno emergente
dell’impedimento satanico all’Incarnazione che secondo il progetto
originario si sarebbe dovuta verificare già dal paradiso terrestre con la
divinizzazione ed assunzione in Dio dei primi Due esseri umani e di tutti
coloro (noi compresi) che da loro due sarebbero discesi in Dio pieni di Dio
e nei modi di Dio, si aggiungeva pure:
sia la connaturazione
dell’inclinazione ego-versa della loro capacità d’amare che – col
determinismo a peccare - impediva loro l’esercizio del libero arbitrio e
quindi l’impossibilità di auto-liberarsi da satana uscendo dal peccato,
sia l’infecondità generativa ossia
l’impossibilità – dopo la rottura del cordone ombelicale dello Spirito Santo
- che da Eva ed Adamo potesse discendere qualcuno, per
il semplice fatto che nella superiore dimensione di esistenza Uni-versa del
mondo genesiaco culminante nel paradiso terrestre non esisteva la
procreazione umana – di cui diremo - perché era soltanto Dio a
fare dal nulla direttamente non solo l’anima ma anche il corpo anch’esso
immortale, al pari dell’anima.
In questa tragica condizione di eterno
stallo esistenziale si presentava dunque la vita eterna di quei due primi
esseri umani dai quali tutti gli altri sarebbero dovuti discendere (noi
compresi) e che non sarebbero mai discesi (noi compresi) se le cose fossero
rimaste così come sono state descritte.
E questo - detto per chi non riesce a capire
che la presenza del male nel mondo non esclude quella di Dio - fu quello
che satana cagionò contro il progetto di Dio sull’uomo.
Satana - colui che sarà maledetto in eterno dal
Suo Creatore (Gn 3,14) - poteva dirsi soddisfatto …
Ma non lo fu per molto ed alla fine non lo sarà
per nulla, avvalorando in pieno la sapienza del proverbio che dice: “Ride
bene chi ride ultimo”, perché, anche se satana vincerà ancora tante
battaglie contro Dio e l’uomo, prima della resa finale dei conti, alla
fine però perderà comunque la guerra, restando solo con un pugno di mosche
in mano. Ed è quello che mostreremo.
Data la situazione esistenziale infernale che si
era venuta a determinare nel paradiso terrestre della prima superiore
dimensione di esistenza del mondo, solo Dio poteva porvi riparo, ma doveva
la Sua azione oltre che misericordiosa essere anche giusta e condotta come è
proprio della Capacità d’amare trinitaria di Dio.
E – per fortuna nella disgrazia - ci fu
la grazia per via dell’inganno che giocò a favore dei due capostipiti del
genere umano, e quindi, di tutto il genere umano (noi compresi).
La scelta di seguire col peccato satana
separandosi da Dio non fu infatti per Adamo ed Eva una scelta
pienamente libera ma una scelta inficiata dall'errore e quindi non
pienamente responsabile.
Per questo Dio nella sua
giusta misericordia diede loro una prova d'appello, tenendo pure conto che
dal loro "sì" dipendeva la ripresa o la definitiva archiviazione del
progetto trinitario di divinizzare ed assumere in Dio, mediante
l'incarnazione, il genere umano.
> La caduta dal paradiso
terrestre in questo mondo senza paradiso terrestre, ovvero il
depotenziamento antropologico della natura umana – e quindi quello di tutti
gli esseri umani cui tale natura divenne comune - in conseguenza al primo
Giudizio universale
(Gn 3,16-24).
Fermo restando che il
progetto di divinizzare ed assumere in Dio il genere umano mediante
l’Incarnazione dell’unigenito Figlio di Dio rimane, anche se esso, per colpa
di satana, non poté avvenire nel paradiso terrestre dalla prima Eva,
Dio sceglie però un’altra Via, ovviamente diversa da
quella del paradiso terrestre.
Quest’altra Via infatti
rispetto a quella precedente del paradiso terrestre non solo è una Via
necessariamente dolorosa (vedremo perché) ma risulta
essere anche una Via molto più lunga ed impervia, soprattutto
per l’ostilità delle azioni di ritardo frapposte da satana
volto con diabolica (=dal greco “diaballo”= “mi
frappongo”, “divido”: il diavolo infatti si frappone tra l’uomo e Dio
cercando di dividere l’uomo dall’uomo dividendo l’uomo da Dio. è questo
l’odio satanico) puntuale, analitica perseveranza a far perdere tempo
all’uomo ed a sottrarre anime a Dio.
La Via più lunga (per colpa
di satana) e dolorosa per giungere alla Salvezza in Dio
introduce purtroppo un modo di esistere (o regno
d’esistenza) umano in cui è presente l’ignoranza, il dolore,
la malattia….la morte fisica, sia pure in modo temporaneo perché è una
via strumentale e quindi provvisoria.
Tutte limitazioni che nel
modo di esistere - o regno umano - della prima dimensione di esistenza del
mondo culminante nel paradiso terrestre di Adamo ed Eva NON esistevano,
ma che, come vedremo meglio, sono - essendo per l’appunto
strumentali alla salvezza – NECESSARIAMENTE
provvidenziali.
Si
tratta in realtà di un abbassamento peggiorativo di tutto il modo di
esistere dell’essere umano primigenio, che incide e cambia la
natura umana, la quale, in quanto tale, diventa individualmente comune ad
ogni essere umano.
Tale abbassamento riguarda
inoltre non solo il modo di esistere umano o regno umano di esistenza ma
anche quello di tutti gli altri regni inferiori di esistenza subordinati a
quello umano. Riguarda cioè anche: il regno
animale, il regno vegetale e quello fisico-minerale, e quindi l’intero mondo
della prima Creazione, che viene “de-creato” da Dio nel mondo caduto,
decaduto, crocifisso e mortale, che è ancora quello attuale.
Tutto questo deriva dal primo Giudizio
universale così chiamato perché in realtà riguardò l’intero cosmo
della prima Genesi (Gn 1,1-31) che Dio “de-creò”
riducendolo nella valle di lacrime di questo
mondo (Gn 3,9-24).
Mondo questo nel quale ancora viviamo, ma la
cui dimensione di esistenza è come abbiamo detto provvisoria in quanto è
strumentale alla redenzione, e verrà sostituita con una nuova dimensione
della Creazione (2Pt 3,13) che è, a sua volta, omogenea a quella
caduta del paradiso terrestre di Adamo ed Eva, non appena la salvezza,
che ormai sappiamo cos’è, verrà raggiunta.
Ritornando al primo Giudizio universale della
Genesi (il secondo e ultimo è quello dell’Apocalisse, che interverrà
alla fine di questo mondo per quello della nuova Creazione) Dio
“sbloccò” – con la “pro-creazione” - la sterilità generativa – altrimenti
eterna - della natura umana che – essendo stata fatta da Dio in modo tale da
poter generare direttamente per potenza dello Spirito Santo sia in anima che
in corpo (al modo cioè di come poi avverrà per Maria, la nuova Eva
senza peccato, a riguardo di Gesù, il nuovo Adamo senza peccato), non
avrebbe, altrimenti, potuto più proliferare, lasciando Adamo ed Eva nella
loro eterna solitudine infernale, e noi nella inesistenza generazionale.
Che cos’è la “pro-creazione”?
La procreazione è un modo di generare del tutto
diverso da quello che Dio aveva predisposto per la natura umana originale,
se non fosse intervenuta la separazione da Dio del peccato originale.
L’essere umano, che nella
superiore dimensione d’esistenza del paradiso terrestre veniva creato
direttamente da Dio in anima e corpo, entrambi immortali,
diventa pro-creatore, nel senso che il concepimento della
prole non avviene più per opera diretta di Dio sia per l’anima che per il
corpo, ma, per quanto concerne il corpo, avviene
per "causa seconda", ossia: per concomitante causa umana, detta
"procreazione".
Se si osserva ora con la dovuta attenzione il
versetto 1 del cap. 4 del libro della Genesi si vedrà che risulta su questo
punto fondamentale confermata l’interpretazione dei fatti biblici che ne
abbiamo dato.
Ed infatti, da un lato è scritto che -
dopo la caduta – “Adamo si unì ad Eva sua moglie
(=procreazione umana), la quale concepì e partorì un figlio, e disse:
“Ho acquistato un uomo dal Signore”(=generazione divina,
perché l’anima la crea sempre direttamente Dio).
Ecco la pro-creazione, ossia la collaborazione
umana alla creazione divina dell’essere umanano, nel senso che il nascituro
ha inizio ad opera umana per quanto concerne il corpo che viene formato
sulla base delle leggi biologiche di questo mondo e direttamente dal
nulla da Dio per quanto concerne l’anima, che viene creata ed infusa
contestualmente al primo inizio (embrione) della formazione del corpo.
Ne consegue che se non c'è
unione tra lo spermatozoo maschile e l'ovulo femminile, se non c'è
cioè la pro-creazione, non c'è neanche la
proliferazione, perché Dio infonde l’anima - che fa dal nulla (=crea) -
contestualmente alla fecondazione biologica (Gn 4,1).
Il «Siate fecondi e
moltiplicatevi», quindi,
di cui in Gn 1,28/a,
trovò un modo di applicazione diverso ed inferiore da quello
divisato da Dio nel Suo piano originario, il quale prevedeva che esso si
sarebbe dovuto verificare direttamente da Dio-Spirito Santo in anima e
corpo, così come fu concepita Eva dalla “costola” di Adamo dormiente.
Per questo in relazione
alla caduta originale è scritto che la donna avrebbe partorito con dolore
(“Partorirai con dolore..”: Gn 3,16\a) e sarebbe stata istintivamente (non
più “spiritualmente”) spinta verso l’uomo e viceversa, per via della
reciproca attrazione sessuale (Gn 3,16\b).
Questo nuovo modo di generare divenne - in
quanto proprio della nuova natura umana caduta – comune, non solo ad Adamo
ed Eva, ma a tutti gli altri esseri umani di questo mondo che da loro
sarebbero discesi con la stessa caduta natura umana (noi compresi).
> Il recupero del libero arbitrio.
In conseguenza della Parola
di Dio del primo Giudizio universale, venne controbilanciata anche la
superbia, ossia l’inclinazione ego-versa a peccare (=a non fare la
Volontà di Dio, e quindi, a restare separati da Lui col male morale del
peccato ) divenuta propria della capacità d’amare dell’essere umano
primigenio. E questo fu fatto per poter restituire all’essere umano,
a partire dai Primi Due compresi, il dono divino
del libero arbitrio.
Il libero arbitrio è
la capacità di poter senza impedimenti superiori alle proprie forze
scegliere tra il bene rivelato da Dio che è quello di fare la Sua Volontà e
il male a cui seduce satana con le passioni all’avere, al piacere e al
dominare (=potere di sopraffazione sugli altri). In pratica
il libero arbitrio – come abbiamo già avuto modo di dire –
è la Libertà della libertà, ossia la Libertà di essere liberi
facendo la Volontà di Dio oppure la Libertà di NON essere liberi, rendendosi
schiavi di satana col peccato.
Per giungere a questo fondamentale risultato
esistenziale occorreva controbilanciare la superbia che ovviamente
si alimentava dalla superiore potenza della dimensione umana d’esistenza
propria della Genesi (=scienza infusa, sovra razionalità
intellettiva dell’essere umano primigenio).
La superbia infatti è quell’atteggiamento di
megalomania della creatura di fronte a Dio suo Creatore che la spinge a
separasi da Lui col peccato – ossia col non fare la Volontà di Dio. Ciò
disorienta in senso ego-verso la capacità umana d’amare
rendendola incline a mettere al primo posto della vita NON Dio,
ma l’ego del proprio io, con attaccamenti idolatrici condizionati
dall’avere, dal piacere e dal potere di dominio sugli altri, che possono
giungere alla “durezza di cuore”, e cioè ad amare se stessi fino al
disprezzo di Dio (=egolatria propria del diabolismo satanico).
«La superbia e una pustola dell'anima piena
di siero: se è maturata, scoppia, e manda una gran puzza. Il rumore del
tuono preannunzia lo splendore della folgore, e la speranza della vanagloria
annunzia la superbia. L'anima del superbo sale sino ad una grande altezza, e
di là piomba nell'abisso. Malato di superbia è chi si separa da Dio col
peccato, attribuendo alle proprie forze le opere - anche se per caso rette -
che compie», così scrive Evagrio Pontico, ed aggiunge: «Non
consegnare la tua anima alla superbia, e non avrai visioni terrificanti.
L'anima del superbo è abbandonata da Dio perché il superbo abbandona Dio e
diventa oggetto di allegria per i demoni. La superbia scagliò giù dal cielo
l'arcangelo, e lo fece cadere sulla terra, come una folgore. Ma l'umiltà
solleva l'uomo sino al Cielo, e lo predispone nuovamente a danzare con gli
angeli. Perché - continua il nostro Autore - ti inorgoglisci, o uomo,
che per natura sei fango e putredine e perché ti innalzi sopra le nubi? (…).
È cosa grande l'uomo che cerca aiuto da Dio: quando è stato abbandonato, ha
conosciuto la debolezza della natura, perché non possiede nulla che egli non
abbia ricevuto da Dio; perché dunque la tua mente si offusca in ciò
che è di un Altro, come se fosse il tuo? Perché ti fai bello della grazia di
Dio, come di un tuo possesso? Riconosci il Donatore, e non esaltarti oltre;
sei creatura di Dio, non rifiutare il Creatore; hai ricevuto aiuto da Dio,
non rinnegare il benefattore.» E prosegue: «Se sali fino alla
cittadinanza lassù nei Cieli, è Lui che ti ha guidato; hai compiuto opere
virtuose, ma in realtà è Lui che le ha suscitate. Devi riconoscere Colui che
ti ha innalzato, se vuoi rimanere saldo in questa altezza (….)».
Per questo Dio tolse alla natura umana
la cosiddetta scienza infusa che rendeva all’uomo la realtà del mondo
immediatamente comprensibile, ma che Egli – seppure ingannato aveva rivolto
contro Dio, e quindi, contro se stesso.
La scienza infusa
infatti costituiva un modo sovra-razionale di conoscenza in quanto
consentiva all’uomo ed alla donna della superiore dimensione adamitica
d’esistenza di sapere istantaneamente – senza studio e senza lavoro - la
verità delle cose del loro mondo, cui Dio li aveva messi a capo (Gn 1,28).
Senza la scienza infusa
questo divenne normalmente impossibile per cui l’essere umano così
depotenziato - pur senza perdere del tutto la sua razionalità
- dovette però studiare e lavorare col sudore della sua fronte (Gn 3,19\a)
attraverso faticose applicazioni riguardanti più generazioni di lavoratori e
studiosi, per scoprire frammenti di verità, spesso “per caso” e
spesso superando gli errori precedenti, ma, più spesso ancora, utilizzando
male le conoscenze acquisite con atti di barbarie talvolta così spaventosi
(non solo guerre) da far precipitare intere nazioni nell’oblio della loro
estinzione popolare decretandone la scomparsa sulla terra come se si
trattasse di una specie animale estinta.
La riduzione della potenza
sovra-razionale dell’uomo, o riduzione antropologica,
che faceva sentire l’uomo un “dio” - oltre ad abbassare la sua superbia
esistenziale consentendogli di uscire dal suo determinismo a peccare con
l’esercizio del libero arbitrio per poter scegliere tra Dio e satana –
avrebbe pure aumentato l’ignoranza
che sarebbe così diventata salvifica. In questo caso infatti essa
avrebbe incrementato la buona fede
diminuendo di fronte a Dio la responsabilità di scelte peccaminose ma non
come tali conosciute.
Questa
mancanza di malizia nell’azione umana avrebbe infatti giustificato
l’essere umano di fronte alla Giustizia di Dio con incremento della Sua
Misericordia sulla Sua Giustizia. E’ Gesù stesso peraltro, mentre pende
dalla croce, a rivelarci questo quando dice al Padre: “Padre, perdona loro
perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).
L’abbassamento antropologico della natura umana
recò con sé anche la vecchiaia e la morte del corpo
(cfr.: Gn 3,19\b). L’essere umano in altri termini, dopo il peccato e la
caduta originali, indietreggia antropologicamente verso la “bestia”,
diventa, come abbiamo mostrato, natale e mortale come i mammiferi del
regno animale, pur se l’anima – diversamente da quella degli esseri
animali che è mortale e sensitiva - sopravvive alla morte del corpo e
conserva una certa razionalità, che è però, come è comprensibile, molto più
distante dalla razionalità sovrannaturale di Dio di quanto non lo fosse la
sovra-razionalità umana propria di Adamo ed Eva prima del peccato e della
caduta originale (=scienza infusa).
Subentra insomma alla prima
dimensione genesiaca d’esistenza del mondo - che era stata fatta quasi
pronta per essere elevata fino a Dio – la dimensione d’esistenza di
questo nostro mondo normalmente patologico
perché sviato da Dio, caduto, decaduto, crocifisso e mortale, ed i primi
abitanti di esso furono sempre Adamo ed Eva nella loro inferiore natura
umana, incline a peccare ma ridimensionata come descritto.
Poiché dunque la natura umana – anche se ha
conservato una qualche immagine di Dio nella sua capacità d’amare - è sviata
da Dio (=incline congenitamente a peccare), insipiente, fragile, crocifissa
e mortale (normalmente patologica come questo mondo stesso),
il peccato, inteso come responsabilità impenitente di
un'azione peccaminosa, non può certamente riguardare chi non è
per natura, per malattia o per qualsiasi motivo anche contingente
capace di intendere e di volere, sia perché non vi è ancora giunto
per natura (= embrioni, feti, neonati, bambini...), sia perché, pur
essendovi giunto per natura, lo è diventato di fatto (= insani di mente...
ecc.), sia perché, pur essendovi giunto per natura e di fatto, non
sa in perfetta buona fede che quello che fa è peccato
(=ignoranza salvifica).
C’è anche da considerare la
relatività spazio-temporale della responsabilità umana nel peccato.
Gesù, richiesto circa la liceità del divorzio, risponde, che,
così come è scritto nella Genesi
(=“In
principio”.
Se si esamina infatti la genealogia descritta nei primi capitoli del Libro
della Genesi, compresa anche la vita dei primi Patriarchi, si noterà che
tutti i
matrimoni sono monogamici,
tranne le deviazioni peccaminose come quella - celebre - di Davide e
Betsabea),
il matrimonio voluto da Dio è monogamico ed
indissolubile.
Ed avendogli i Discepoli fatto osservare che così Mosè non
aveva prescritto, Gesù non smentisce il Patriarca – che per altro era
rimasto monogamico avendo tenuto in moglie una sola donna per tutta la sua
vita, la medianita Zippora - ma afferma che quel Patriarca – in sintonia con
la pedagogia di Dio con Cui egli era in stretto contatto - aveva disposto
diversamente per la durezza di cuore
degli Ebrei di quel tempo.
Di quel popolo cioè che Dio aveva scelto allo scopo di
affrettare anche per suo mezzo gli obbiettivi della Sua Volontà redentrice
e salvifica in favore del genere umano. Volontà
che avrebbe trovato nell’uomo-Dio Gesù Cristo – dicendente da
quel popolo eletto da Dio - il suo AZIMUT
(Mt 19,8).
È
chiaro che può trattarsi anche di caparbietà nel peccato, ossia di durezza
di cuore conosciuta e voluta - come avvenne quando, al posto del vero Dio
che con mano potente li aveva fatti uscire dalla schiavitù diabolica degli
Egizi – gli Ebrei si fecero un vitello d’oro per adorarlo al posto di Dio,
dicendo: «Ecco chi ti ha fatto uscire dall'Egitto!».
Ma quando si tratta però di
durezza non colpevole, prima di testa e poi di
cuore,
allora essa è giustificata dalla pedagogia della Rivelazione divina, che
attinge soltanto in Cristo
– lo ripetiamo ancora –la pienezza del suo
contenuto.
> La croce, la morte ed il recupero del dono
divino del libero arbitrio.
Va fatto osservare che quanto fin qui mostrato
in relazione alla caduta originale, ossia al depotenziamento del modo di
esistere (o regno d’esistenza) umano e degli altri tre regni inferiori da
quello umano ricapitolati, trova il suo preciso riscontro scritturale nel
Libro della Genesi, laddove si rivela che i discendenti di Adamo ed Eva (noi
compresi) NON furono più creati ad immagine di Dio come Adamo ed Eva
nel paradiso terrestre prima del peccato e della caduta originali (Gn
5,1-2), ma pro-creati ad immagine di come Adamo ed Eva erano diventati
dopo il peccato e la caduta originali (Gn 5,3), e cioè:
- con una capacità d’amare
congenitamente incline al male e con una capacità di comprendere la verità
depotenziata in quanto priva della scienza infusa, mentre, per quanto
concerne il corpo, ogni essere umano risulta natale e mortale come i
mammiferi dell'inferiore regno animale. E’ questo il significato
figurato della vestizione con pelli di animali di Adamo
ed Eva e di tutti coloro (noi compresi) che da loro Due discendono
avendo come retaggio la nuova natura umana (Gn 3,16. 21).
Il riferimento biblico - sia
detto per inciso – chiarisce tra l’altro che non l’uomo deriva dalla
scimmia per “evoluzione”, ma il suo stato corporale - natale e
mortale come quello dei mammiferi del regno animale - deriva dalla
riduzione antropologica provvisoria intervenuta a seguito del primo divino,
per questi aspetti provvidenziale, Giudizio universale.
L’essere umano che Dio nella Genesi aveva fatto
originariamente “molto buono” (Gn 1,31), quindi molto simile a Lui che è
Bontà assoluta (Mr 10.18), perde molto della sua somiglianza con
Dio.
Dopo il peccato e la caduta originale, quindi,
l'anima che Dio crea contestualmente al concepimento – pur essendo come si
sa sempre immortale - è però un'anima che – seppur razionale – sorge dal
punto di vista antropologico depotenziata in tutte le sue facoltà, in vista
di raggiungere lo scopo ormai noto di ridurre – abbassandone il potere
originale - la superbia verso l’umiltà. Superbia che sarebbe stata
la causa altrimenti invincibile ed irreversibile della separazione da Dio
col peccato.
Satana infatti per il dominio acquisito
sull’intero genere umano – e quindi su ogni essere umano – in dipendenza del
peccato originale ha il potere di imprimere nell’anima umana
all’atto del concepimento stesso di ogni essere umano quella inclinazione
alla superbia, ossia quell’orientamento esistenziale ego-verso che,
come un marchio a fuoco, SE NON CALMIERATO, determina coattivamente
l’essere umano a separarsi per sempre da Dio col peccato restando
eternamente con satana all’inferno.
Non è Dio quindi a creare un'anima con una
capacità di amare orientata a fare il male in dipendenza del peccato
originale, ma è satana che ha il potere di inclinare congenitamente ogni
anima al male all’atto stesso del concepimento di ogni essere umano.
E’ chiaro però anche che se
non ci fosse stato satana che, a causa del dominio acquisito sulla natura
umana per il peccato originale, inclina la capacità dell’anima umana di
amare a peccare (=in direzione cioè ego-versa - concupiscente - e non
Uni-versa come era all’origine prima del peccato originale) -
non ci sarebbe stato il depotenziamento antropologico della natura umana
stessa fino alla croce ed alla morte corporale.
Ne viene che la croce e la morte,
propri della dimensione di esistenza di questo mondo - seppur
provvidenziali per il recupero dell’esercizio del libero arbitrio -
costituiscono sempre un male - peraltro
come vedremo provvisorio come questo mondo - non voluto in
origine da Dio (Sap 1,13-14), di cui il
maligno è pienamente responsabile.
Dolore e morte corporale che sono la sintesi
simbolica espressivamente riduttiva di guerre, catastrofi naturali ed
artificiali, malattie, pandemie, pestilenze, efferatezze, schiavitù,
sfortune, cattiverie, persecuzioni, fame…
Certo, la maggior parte di tutti questi ed altri
malanni non sono orientati da Dio allo scopo provvidenziale sovra detto, ma
provocati da satana attraverso i suoi posseduti diabolici (si pensi,
per fare degli esempi recenti, ad un Hitler, ad uno Stalin..), proprio
per far erroneamente pensare (vecchio pensiero, duro ancora oggi a morire!)
che Dio non esiste, perché se esistesse …non esisterebbe il male.
Male che però, comunque – rispetto a
quello definitivamente eterno della morte spirituale prodotta dal peccato
che divide in modo irreversibile l’uomo da Dio nell’inferno di satana da Dio
- rappresenta di gran lunga ben poca cosa, diviso com’è
tra tutti gli uomini, e visto alla luce della Verità finale
quale strumento di salvezza individuale e collettivo. Esso infatti –
abbassando la superbia che causa il peccato, ed impedendo il peccato che
causa la morte spirituale – o separazione da Dio – avvicina l’essere umano
alla salvezza.
Salvezza che
peraltro dopo Cristo avviene – per quanto concerne l’anima - dopo la morte
terrena del corpo e d è costituita da Dio stesso, ovvero dalla
partecipazione della creatura umana divinizzata alla Vita sempiterna del suo
Creatore, così come il dolore che il malato deve sopportare nel corso di
un’operazione chirurgica è strumentale alla guarigione e necessario per
vincere la malattia altrimenti mortale.
In molte delle sue parti la Scrittura ci rende
edotti che siamo congenitamente natura di peccato. E ciò risulta
perfettamente coerente alla Storia cristo-centrica della Salvezza, datosi
che la caduta originale del livello antropologico avvenuto con il primo
Giudizio universale (Gn 3,9-24) non elimina ma contempera
l'inclinazione al male morale (=peccato), che è congenita, e
che abbiamo detto costituire quell’ orientamento ego-verso
della capacità umana di amare, chiamato dai padri “concupiscenza”..
Per raggiungere dunque i due
fondamentali obbiettivi della proliferazione e dell’esercizio del libero
arbitrio a favore del genere umano e a partire, ovviamente, da Adamo ed Eva
compresi, il Signore Iddio, senza annientare il loro io personale,
dovette perciò – detto in altri termini - cambiare –
assieme alla dimensione di esistenza del mondo - la loro natura umana.
Il cambiamento della
natura umana di Adamo ed Eva - che venne realizzato da Dio pur lasciando
intatta la continuità di coscienza del loro io - non fu però un cambiamento
verso l'alto ma – come è stato mostrato verso il basso. Fu cioè un
depotenziamento antropologico riguardante tutto il modo di essere umano,
perché se cosi non fosse stato non avrebbe potuto superare gli ostacoli
esistenziali frapposti in maniera altrimenti definitiva da satana (sterilità
generativa e determinismo a peccare)
Così operando il Signore ha
reso prolifica – per procreazione - la natura umana, aprendo la discendenza
da Adamo ed Eva e quella dei loro discendenti (noi compresi) e rendendo loro
la libertà di decidere se fare la Volontà di Dio facendo il bene o se fare
la volontà di satana facendo il male.
Non solo, ma nel nuovo
contesto esistenziale depotenziato - che è sostanzialmente ancora quello
attuale di questo mondo - Dio vigila attraverso i suoi angeli custodi
sull'uomo per impedire a satana di trarre in inganno o comunque di tentare
l'uomo al di sopra delle sue forze. E questo in modo tale che
l'eventuale scelta di aprire il cuore a satana e chiuderlo a Dio può
avvenire soltanto in dipendenza di una decisione umana libera,
ossia mediante un mal uso del dono del libero arbitrio.
Scelta di peccare che l'uomo però può cambiare, pentendosi e convertendosi a
Dio, MA, come avremo ancora modo di meglio spiegare in seguito NON OLTRE un
certo limite, e comunque non oltre la morte corporale.
Satana quindi non può far nulla contro l’uomo se
l’uomo non cede liberamente alla tentazione aprendogli il cuore.
> Ma satana non demorde: l’opera malefica di
satana per impedire e comunque ritardare l’Incarnazione dell’Unigenito dopo
la caduta del genere umano dal Paradiso terrestre del primo mondo della
Genesi nella valle di lacrime di questo mondo senza Paradiso terrestre.
Questo non vuol dire però che si possono anche
minimamente sottovalutare i poteri preternaturali che satana usa a
fin di male e che vengono spesso contrabbandati e confusi con i
poteri stessi di Dio – stante che il maligno essere impostore si fa scimmia
di Dio per attirare e perdere l’uomo.
Abbiamo già fatto osservare infatti che dalla
Genesi all’Apocalisse l'opera omicida di satana è rilevabile da tutta la
Scrittura.
Inducendo Eva ed Adamo al
peccato originale (Gn 3,1-8), satana impedì che la divinizzazione
del genere umano mediante l'incarnazione dell'unigenito Figlio di Dio
potesse avvenire gia nel paradiso terrestre della prima superiore dimensione
di esistenza del mondo, senza bisogno – come fu necessario quand’essa
avvenne in questo mondo dopo il peccato e la caduta originali - del gran
Sacrificio della Sua redenzione, di cui diremo.
Ma anche dopo il peccato (Gn 3,1-8) e la caduta
originali dal paradiso terrestre in questo mondo senza paradiso terrestre (Gn
3,16-24), satana ha cercato ancora di impedire l'incarnazione
dell'Unigenito, ritardandola in ogni caso considerevolmente.
Per comprendere questo passaggio occorre tener
presente che la Donna da cui l’unigenito Dio avrebbe dovuto nascere
incarnandosi per “schiacciare la testa al serpente” secondo la previsione di
cui in Gn 3,15 non poteva non essere che una creatura di natura
uguale a quella della prima Eva (=pienamente simile a Dio) e con
una capacità d’amare ovviamente esente da ogni conseguenza discendente dal
peccato originale. Una creatura cioè rettamente orientata al vero Dio e
piena della Sua grazia divina (=di Spirito di Santità divina).
Cotanta donna peraltro sarebbe dovuta
diventare la Madre di un nuovo Adamo, il quale però – in questo caso -
sarebbe stato pure Dio. Nel senso che Dio, dopo aver creato questa
nuova Eva, l’avrebbe resa - mediante lo Spirito Santo - consensualmente
incinta del Suo unigenito Figlio.
Sarebbe accaduto così che una
creatura, figlia di Dio, sarebbe divenuta madre del Suo Creatore, madre
di Dio, in quanto il Creatore si sarebbe fatto creatura nascendo da lei
secondo l’antico progetto di divinizzaione ed assunzione in Dio del genere
umano che Dio nutriva per l’uomo fin dalla sua prima origine..
La creazione e lo svolgimento della vita
di una donna dello stesso livello antropologico della antica Eva prima del
peccato originale - ossia di una nuova Eva - richiedeva però in questo mondo
senza paradiso terrestre un’ambientazione religiosa
e sociale idonea e difficilissima da trovare, che solo
Dio avrebbe potuto in questo mondo propiziare soprattutto per gli ostacoli
frapposti da satana che non mancheremo di evidenziare.
Ed a questo traguardo l’onnipotente Iddio
avrebbe dovuto arrivarci con il libero consenso umano.
Doveva cioè l’uomo stesso esercitare il dono
divino del suo libero arbitrio scegliendo di fare la Volontà di Dio per
raggiungere tra una generazione e l’altra quella condizione esistenziale
comunitaria che realizzasse un'ambientazione religiosa in qualche modo
idonea per la vita di una nuova Eva e di un nuovo Adamo: di due essere
viventi, cioè, il cui livello etico-religioso era comunque di gran lunga
superiore a quello di tutti i popoli del mondo dove Dio li avrebbe posti per
fare la Sua Volontà.
Ma a parte ciò, va anche
considerato che questa donna non avrebbe certo potuto nascere
e crescere in un ambiente socio-culturale e religioso pagano, ma in
un popolo il cui Dio doveva essere quello che sarebbe stato rivelato poi da
Cristo come Suo Padre, il Dio dell’antica
Alleanza.
Certo, come
mostreremo, la realizzazione di un ambiente religioso referente ad una
donna piena del vero DIO-Spirito-Santo ed in sintonia esistenziale con il
vero Dio-Padre per restare verginalmente incinta del vero
Dio-Figlio come sarebbe avvenuto per l’antica Eva se questa non si
fosse separata da Dio sedotta da satana col peccato mortale detto
“originale” non sarebbe stata impresa facile
neanche per il vero Dio uno e trino.
Il vero Dio infatti dovrà
tener conto dell’opposizione malefica e diabolicamente
perseverante di satana e del libero arbitrio umano che avrebbe scelto
più la strada larga prospettata dal nemico dell’uomo e di Dio
e meno – molto meno! - la strada stretta della fede in Colui che
dimostra teofanicamente di essere il Vero Dio – e quindi degno della massima
fiducia. (cfr.: Mt 7,13-14).
Mostreremo
infatti agevolmente – proseguendo nella nostra essenziale Storia
cristocentrica della Salvezza - come la diffusione del male nel mondo ad
opera del maligno e per l’adesione dell’uomo che lascia di fare la Volontà
del vero Dio per aprire le porte del suo cuore alla sua tentazione (=la
strada larga), si faccia sempre più predominante.
E lo sarà al punto tale da
far rasentare “l’irreparabile esistenziale” (cfr.: Gn 6,5-7)
continuando comunque fino a far diventare satana
“il principe di questo mondo”, così come avrà poi a rivelare
Cristo stesso.
Quindi, anche se tale
preponderanza diabolica sugli esseri umani di questo mondo non
segnerà mai la vittoria definitiva di satana su di essi (fatto che
consentirebbe al nemico di prevalere su Dio e di raggiungere in opposizione
a Lui lo scopo di separare in eterno il genere umano da Lui),
si può però facilmente capire come essa sarà di grande
ostacolo al divino progetto di preparare in questo mondo un posto che
consenta la nuova creazione di una nuova Eva.
Nuova Eva a cui dovrà essere
reso possibile di poter a sua volta liberamente accogliere
la proposta del Padre di diventare – per mezzo dello Spirito
Santo – la madre verginale del Figlio che Egli invierà in questo mondo per
redimerlo e salvarlo.
Si verificherà allora la
profezia biblica della Genesi chiamata “protovangelo”, secondo
la quale il Figlio della Donna (=Maria), che è pure Figlio di Dio,
sconfiggerà per sempre il serpente, anche se questi – come abbiamo detto e
come mostreremo - tenterà invano di impedirlo, ostacolando l’opera di Dio
(Gn 3,15).
Posto tutto ciò, si può comunque osservare che
Adamo ed Eva dopo il ridimensionamento antropologico della natura umana e la
loro caduta dalla superiore dimensione di esistenza del primo mondo
culminante nel paradiso terrestre nella valle di lacrime di questo mondo
senza paradiso terrestre esercitarono il dono ripristinato del libero
arbitrio facendo la Volontà di Dio.
Tanto è vero questo che - una volta
ridimensionati verso la verità della loro nullità donde Dio li aveva tratti
- Adamo ed Eva, i quali nella prima più potente dimensione di esistenza
erano rimasti – come abbiamo mostrato - con satana, dopo il depotenziamento
antropologico della natura umana (cfr..Gn 3,16-24), che, con l’abbassamento
della superbia, aveva reso possibile l’esercizio del libero arbitrio,
scelsero liberamente di ritornare a Dio, di fare la Sua Volontà (Gn
4,1).
L’espressione, usata da Eva,
infatti, (“Ho acquistato un uomo da Dio”), significa anche, e non
secondariamente, che i due capostipiti del genere umano, caduti dal paradiso
terrestre in questo mondo senza paradiso terrestre, AVEVANO USATO DEL DONO
DEL LIBERO ARBITRIO CHE DIO AVEVA LORO RIPRISTINATO
NELLA DIREZIONE DELLA VERITA’ ossia DI UMILE CONVERSIONE
VERSO DI LUI.
Detto con parole diverse: Eva ed Adamo – messi
in coscienza di fronte alla verità della loro nullità senza Dio col
depotenziamento antropologico di cui abbiamo detto – ridussero la loro
superbia separatrice da Dio conseguente al peccato originale, e, usciti dal
loro precedente determinismo a peccare, scelsero liberamente (=libero
arbitrio) di pentirsi e lasciare il peccato personale per ritornare a fare
la Volontà di Dio.
Il nuovo essere umano
- depotenziato a seguito della caduta originale a cominciare da Adamo ed Eva
stessi, e quindi divenuto naturalmente meno superbo di quello originale che
ormai satana aveva spinto fino al determinismo a peccare - non è più
nella cattività satanica dello spirito diabolico
di separazione da Dio, e quindi non è più egoisticamente
determinato al peccato e può, mentre prima non
poteva, liberamente dominare, se vuole,
l’inclinazione altrimenti invincibile a peccare.
Può cioè, esercitando il dono
divino del libero arbitrio, scegliere, col suo comportamento non
coscientemente peccaminoso, di lasciare la schiavitù di satana e fare
fiduciosamente la Volontà di Dio, che – come
mostreremo – Dio stesso pedagogicamente rivela a seconda di quanto ne può
sopportare il cuore dell’essere umano nella concretezza storica della sua
vita terrena.
Quindi, anche se la capacità d’amare della
natura umana che riguarda l’anima è sempre incline a spingere lo spirito
della vita umana in direzione ego-versa, o concupiscente, ossia a far vivere
l'essere umano nella separazione da Dio del peccato, tale perversa
inclinazione, prima che si concretizzi in peccato, può,
in conseguenza della riduzione antropologica del primo Giudizio universale
che abbassa la superbia umana a livelli sostenibili, essere
dominata dall’essere umano.
Questi infatti - giunto alla capacità
d’intendere e di volere, può, se vuole scegliere – con libera
decisione – di non cadere nel peccato, facendo la Volontà di Dio che
conosce.
Tale possibilità non è una semplice deduzione
teologica riscontrabile dall’esame del comportamento umano in merito, ma è
avallata dalla Rivelazione dell’unico vero Dio delle Origini, il Padre
naturale dell’unico vero Figlio di Dio, che si farà uomo per la nostra
redenzione salvifica:
«Il Signore delle Origini disse
allora a Caino: -Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se
agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto
(=rivolto al Cielo)? Ma se non agisci bene (se non accordi la
tua volontà alla mia), il peccato è accovacciato alla tua porta;
verso di te è la sua bramosia (si tratta di quella che i Padri
chiamano “concupiscenza” o inclinazione ego-versa a peccare, a fare
il male spirituale o morale), ma tu dominala!»
(esercita cioè il tuo libero arbitrio nella direzione di fare la Volontà di
Dio: decidi di non fare il male!). (Gn 4,6-7).
Ma Caino, pur potendo dominare la
sua inclinazione al male, si lasciò dominare da essa ed uccise il
fratello, commettendo “di nascosto” e con l’inganno (come satana, suo
ispiratore, a cui aveva aperto e venduto il suo cuore), il
primo peccato mortale della caduta originale (Gn 4,8).
Anche Dio-Figlio
rivela che è possibile guardarsi e tenersi lontani da ogni cupidigia, che,
non dominata, porta al peccato, considerando che, se anche uno e
nell'abbondanza dei beni di questo mondo, la sua vita in esso è provvisoria.
Mentre la vita che dura sempre non dipende dall’accumulo per sé di beni
mondani o per meglio dire, del denaro-mammona, che in sé le ricapitola tutte
(vedi in particolare più avanti) :
«È sbagliato
- dice Gesù - accumulare tesori per sé in questo
mondo, e non darsi invece pensiero di arricchire davanti a Dio »
(Cfr.: Lc 12,15-34).
> I due scenari
esistenziali fondamentali dopo la caduta.
Dopo la caduta originale si profilano così
due scenari esistenziali in questo mondo:
uno è quello dell'uomo libero,
rivolto
a fare il bene,
a camminare con Dio – come dice la Scrittura (Gn 5,21-24) - facendo quello
che Dio vuole e vincendo l'inclinazione congenita al male conseguente al
peccato originale, che sospinge all’errore esistenziale di percorso – vale a
dire a peccare – dividendo da Dio ed unendo allo spirito ego-latrico di
satana.
E’ da tenere presente che la vittoria sulla concupiscenza da
parte di coloro che scelgono di vivere nella libertà dei "figli di Dio" (si
chiamavano così fin dall’antico Testamento coloro che vivevano in sintonia
con la Volontà di Dio, cfr.: Gn 6,2) non riguarda un
atto “piacevole”
- secondo quanto deriva da questa nostra comune natura umana che come
sappiamo è ferita dalle conseguenze del peccato originale e quindi risulta
meno simile a Dio di quella originaria - ma un
atto decisorio: una decisione.
Una decisione (la parola deriva etimologicamente
il suo significato dal lat. “caedo” = “taglio” ) che la volontà umana prende
con sacrificio, mortificando l'inclinazione naturale a peccare che appare
più appetibile, e che, lo ripetiamo, è congenita, come, per esempio, nota
Sant'Agostino osservando il comportamento istintivo dei neonati fin dai
primi giorni di vita. Né è certo per caso che, a tal proposito, San Tommaso
parli di "ferita della natura umana", che sospinge l’essere umano a vivere
separato da Dio nel peccato. Anche San Paolo parla di questa antinomia
terribile tra inclinazione naturale al male morale (=peccato),
e volontà di fare il bene, che vive all'interno della coscienza
umana e che – nell’eternità dell’Aldilà - riceverà definitiva liberazione,
se non si e colti da morte impenitenti nei propri peccati.
Tuttavia - lo
rimarchiamo – l’inclinazione congenita a peccare della capacità dell’anima
umana di amare può essere dall’uomo liberamente dominata anche se non vinta
mediante il dono divino del libero arbitrio, soprattutto perché, dopo la
caduta originale, il diavolo non può più tentare l’uomo al di sopra delle
proprie forze. Ma non bisogna mai abbassare la guardia, anche se abbiamo
con noi gli angeli custodi, essendo temperanti e vigilando, perché il
diavolo, come leone ruggente, va sempre in giro in questo mondo cercando
chi divorare, se poco poco gli si apre il cuore (cfr.:1Pt 5,8).
L'altro scenario esistenziale - purtroppo ancora il più
diffuso almeno per quanto concerne il periodo
di mezzo
della vita umana (dall’età di ragione fin quasi alle soglie della
senescenza, quando non della morte terrena) - è quello dell'uomo rivolto
a fare il male
in quanto si lascia dominare dall’inclinazione perversa a peccare, vivendo
nel peccato che divide da Dio e facendosi così "cattivo", ossia schiavo di
satana.
Tale prevalenza del male – commesso
responsabilmente da parte di coloro che in questo mondo giungono alla
maturità intellettiva - (purtroppo ancora
attuale) è drammatica, perché arreca grave
ritardo ai piani redentivi e salvifici di Dio sul genere umano.
È chiaro perciò che, affinché l'essere umano
possa collaborare al Bene che Dio gli promette definitivamente di
conseguire, bisogna che ami e faccia il bene che Dio con la Sua Volontà gli
rivela in questo mondo di dover fare.
Abbiamo visto che Caino fu il primo
essere umano dopo le conseguenze del peccato e della
riduzione di potenza originali impressi nella natura umana a
partire da Adamo ed Eva, che fu
concepito per “procreazione”, come avverrà poi per tutti gli altri
esseri umani cui la nuova natura umana spiritualmente e materialmente caduta
sarà comune in questa dimensione d’esistenza inferiore del mondo.
Caino fu anche il primo essere umano che si fece
adoratore di satana, malgrado avesse saputo con chiarezza quale fosse la
Volontà di Dio.
Abele invece sceglie di fare la Volontà
di Dio e viene assassinato dal fratello.
Caino – pur conoscendo con chiarezza
quale fosse la Volontà di Dio (Gn, 5,6-7) - scelse di volgergli le spalle e
non si pentì chiedendo perdono a Dio del suo fratricidio (Gn 4,16) perché –
come poi Giuda - superbamente ritenne il peccato da lui commesso più grande
del perdono misericordioso di Dio, disperando del rimedio
(Gn 4,13). Disperò cioè del perdono gratuito di Dio, di cui Dio
stesso avrebbe pagato lo scotto in vista della redenzione salvifica
dell’Unigenito che – per questo - si sarebbe fatto uomo, nascendo dalla
“Donna”, come già preveduto da Dio fin dalla Genesi (Gn 3,15).
Caino – pur essendo in piena scienza e coscienza
a conoscenza del suo gravissimo peccato - non venne fulminato
dall’Onnipotente, come ci saremmo aspettati. Al contrario venne
invece protetto da Lui in quanto Dio fece in modo non solo che non
venisse a sua volta ucciso come una bestia pericolosa e randagia in quanto
fuori dal consorzio umano (Gn 4,14-15), ma addirittura tollerò che da Caino
venisse fuori una dinastia, quella dei cainiti. (cfr.. Gn 4,17-24).
E questo per il semplice fatto che la
sussistenza del libero arbitrio in questo mondo fa sì che le azioni
peccaminose non ricevano da Dio sanzioni punitive (=penali) immediate in
esso.
Nella prospettiva della futura
Incarnazione dell'unigenito Figlio, infatti, ed alla Sua redenzione
salvifica, che riguarda l'intera umanità (ossia non solo gli esseri umani
che verranno in questo mondo dopo l'incarnazione ma anche quelli vissuti in
esso prima dell'incarnazione), al vero Dio trinitario interessa ovviamente,
più di ogni altra cosa, la salvezza dell'anima di ogni essere umano (= Vita
eterna vissuta eternamente in Dio), e quindi, interessa più come in questo
mondo si muore che come si vive, se ci si pente del peccato fatto e
conosciuto - come quello di Caino - almeno un istante prima del
trapasso.....
D'altra parte si può anche arrivare in questo
mondo ai più alti livelli di santità e perdere l'anima (= vita eterna
vissuta eternamente fuori di Dio) se, cadendo, si muore in peccato mortale.
Si muore cioè senza aver chiesto perdono a Dio almeno un istante prima del
trapasso.
Questo però non vuol dire - ovviamente - che
non conta nulla vivere bene in questo mondo, facendo la Volontà di Dio
durante tutto l’arco della propria cosciente vita terrena e fino alla
perseveranza finale (anche perché nessuno sa – tranne i santi – l’ora della
sua morte corporale).
Il vero Dio
- conosciuto o meno che sia come tale - opera verso tutti gli esseri umani
in modo tale che finché la Sua misericordia non sia stata raggiunta dalla
Sua giustizia, bussa sempre di nuovo alla coscienza del peccatore,
illuminandogli, con la forza della verità, il vicolo cieco che sta
percorrendo e ridonandoli con il libero arbitrio, la possibilità di
sottrarsi a satana e di cambiare strada pentendosi del peccato commesso.
Satana invece fa l'opera
inversa cercando di lasciare l'essere umano finché vive in questo
mondo il più possibile fuori di Dio mediante il peccato nella speranza di
riuscire a farlo più facilmente trapassare in tale stato, ossia impenitente
di peccato mortale, e quindi separato da Dio, in vista della sua separazione
eterna da Lui (= inferno).
> La decadenza nella
caduta.
Subito dopo la caduta dal
paradiso terrestre della prima superiore dimensione di esistenza del mondo,
in questo mondo senza paradiso terrestre, l'essere umano che pur aveva
perduto l'immortalità corporea viveva però una vita molto più lunga di
quella che visse poi successivamente e vive ancora adesso. La durata media
della vita individuale era infatti allora plurisecolare, sfiorando i 1000
anni.
Una vita quindi molto lunga
che purtroppo nella sua gran parte cadeva in mano a satana, al punto tale
che il male dilagò nel mondo di generazione in generazione da divenire
addirittura… un fatto culturalmente endemico (la guerra di conquista,
per fare uno dei tanti esempi, era ampiamente enfatizzata ed inculcata fin
dalla più tenera età, avendo come punto di riferimento, addirittura un dio:
il dio della guerra. Ciò nel senso che chi faceva obiettivamente il male
credeva di fare il bene: bene che perciò si andava restringendo ed oscurando
sempre più con il succedersi delle generazioni.....).
Basta esaminare i primi
capitoli del Libro della Genesi per rendersi conto che Caino – il primo
ministro di satana sulla Terra - ebbe senz’altro più proseliti di Abele, il
primo santo di Dio sulla Terra, che – sol perché tale -
fu assassinato proditoriamente e premeditatamente dallo stesso suo sangue
(cfr.: Gn 4,8-24, circa la prima diffusione del male dopo la caduta in
questa inferiore dimensione d’esistenza del mondo).
Per tamponare e ridurre
allora il dilagare del male nel mondo, il Creatore - nell'intento sempre di
calmierare la inclinazione naturale alla superbia che costituisce la causa
di ogni peccato mortale - ridusse con un primo provvedimento la durata della
vita media individuale sulla terra, portandola dai 700-800 anni circa
precedenti a soli 120 anni. Poiché l'uomo, per la maggior parte della sua
vita terrena viveva nel peccato, la riduzione della vita media individuale
non poteva che portare alla riduzione della diffusione del peccato sulla
terra. Così infatti il Signore motivò il suo provvedimento: «La mia
azione spirituale - malgrado io lasci che la vita umana sulla Terra sia
molto lunga - non sortisce gli effetti benefici che mi propongo perché
l’uomo è carne (= è sempre più materialista e
dimentico di Dio essendo egli idolatricamente sempre più volto a conseguire
l'avere, il piacere e il potere quali attività finali della sua vita
terrena) per cui la sua vita sarà di 120 anni». (Gn 6,3).
Ma bastò questo? Purtroppo
non bastò perché l’umanità si rese materialmente schiava di satana (=”captiva”)
al punto tale da far “pentire” Dio di aver creato l'uomo e di
deciderne la sparizione dalla faccia della terra, che era poi quello
che voleva satana per impedire nuovamente l'incarnazione così come aveva
fatto nel paradiso terrestre della prima superiore dimensione di esistenza
del mondo:
«il Signore vide che
la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno
concepito dal loro cuore non era altro che male e il Signore si pentì d'aver
fatto l'uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore perciò
disse: -Sterminerò dalla terra l'uomo che ho creato; con l'uomo anche il
bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito di averli
fatti.
Ma Noé trovò grazia
agli occhi del Signore»
(Gn 6,5-8).
Dunque solo per un uomo che faceva il bene,
unitamente a quelli della sua famiglia, satana non riuscì nel suo intento
di impedire, con la fine della vita umana sulla terra, l'incarnazione
dell'Unigenito dalla nuova Eva che il maligno, pur non sapendo chi fosse,
ben sapeva che doveva venire, secondo quanto predetto da Dio stesso nella
Genesi (rif. a: Gn 3,15).
Se tutta l'umanità allora presente fosse
scomparsa dalla faccia della terra come una delle tante specie estinte di
animali, satana avrebbe raggiunto il suo scopo. Non avvenendo infatti
l'Incarnazione che, come vedremo, oltre alla funzione primaria della
salvezza - ossia della divinizzazione e della assunzione in Dio del genere
umano, ha pure quella preparatoria della sua redenzione -
le anime dei morti sarebbero rimaste tutte assiepate agli
inferi, ed il progetto divino sull’umanità sarebbe rimasto per sempre
incompiuto, bloccandosi prima della resurrezione universale dei corpi.
Per mezzo di Noè, il Signore salvò perciò la
specie umana che continuò a proliferare sulla terra in vista di quella
pienezza dei tempi che avrebbe consentito a Dio la creazione di quella nuova
Eva da cui l’unigenito Suo Figlio avrebbe preso carne per redimere e salvare
il mondo.
Per quanto riguarda comunque tutti gli altri
esseri umani che perirono sulla terra durante il primo ed unico “Diluvio
universale”, è da ritenere che – di fronte alla morte imminente - tutti
coloro che dopo aver raggiunto la capacità di intendere e volere si
trovavano in peccato mortale conosciuto come tale non siano morti in esso,
ma gran parte di essi - come capita di frequente anche oggi - si siano
pentiti per cui, al trapasso, non sono andati a finire all’inferno, ma si
sono fermati agli inferi\limbo, di cui diremo, in vista della “Discesa in
esso” dell’uomo-Dio, così come lascia intendere Pietro (cfr .:1Pt 3,19-20)
L’azione di satana - in
questa fase della Storia cristocentrica della Salvezza - era perciò diretta
a fare del cuore della nuova umanità caduta un covo di vipere assatanato e
volto all’avere, al piacere ed al dominare (sopraffare)
intesi come scopi fondamentali della vita dimentica
di Dio.
La strategia di questa
tattica di diffusione del peccato in questo mondo era quella di brutalizzare
l’umanità portandola alla sua auto-distruzione per “eccesso di
materialismo” come le tante specie di animali
estinte proprio per questo motivo.
Se satana
fosse riuscito ad estinguere la specie umana come una delle tante specie
animali estinte è ovvio che l’Incarnazione NON sarebbe potuta avvenire…
Ecco perché l'umanità caduta
dal Paradiso terrestre con Eva ed Adamo veniva sospinta da satana verso la
ferocia animale mediante guerre interminabili tra popoli e popoli e tra
uomini appartenenti allo stesso popolo.
Se però la strategia di
satana non fosse riuscita nel suo scopo finale di annientare il genere umano
sulla terra per impedire l’Incarnazione, allora questa tattica diabolica si
sarebbe alla fine tramutata nella sua definitiva sconfitta.
La "brutalizzazione" dell'umanità infatti
portava ad una riduzione della responsabilità personale dei singoli
individui nel peccato (= ignoranza salvifica) di cui, come vedremo, Cristo
avrebbe tenuto conto incontrando queste anime agli inferi ed aprendo loro le
porte del Cielo, una volta portata a termine la sua missione redentrice e
salvifica a seguito della Sua incarnazione (cfr..2Pt 18-20).
Per questo, non avendo potuto impedire
l’Incarnazione di Dio, satana, pur avendo vinto tante battaglie, ha in
definitiva perso la guerra con Dio, e, per Dio, con l’umanità, per cui,
anche se ancora non demorde, ha ormai i giorni contati ed è costretto a
cambiare tattica limitandosi al piccolo sabotaggio delle anime.
In conseguenza del diluvio universale, l'umanità
della terra venne così azzerata per quanto concerne la diffusione del male,
mentre Dio, in considerazione dell’ulteriore rafforzamento
dell’inclinazione congenita al male del peccato originale che si rivelava
sempre più poco vincibile fin dalla fanciullezza (Gn 8,21-22)
stabilì con Noé la prima Alleanza della storia della salvezza, quella
dell'Arcobaleno, riguardante l'intera umanità della terra, che costituiva
allora un solo popolo e una sola lingua.
Dopo il diluvio universale, Dio infatti - per il
raggiungimento del Suo scopo salvifico - abbandona i provvedimenti drastici
(Gn 8,21-22), e comincia ad avvalersi delle "Alleanze" che
Egli propone all’unico popolo dell’umanità in cambio di una vita serena
sulla Terra.
Noè uscito dall'arca dopo che furono calate le
acque del diluvio divenne il capostipite di una nuova umanità in origine più
vicina a Dio, ma poi anche essa se ne allontanò giungendo a quell'atto di
superbia collettiva che fu l'edificazione di una torre così alta che avrebbe
dovuto toccare il cielo, quasi un'auto-deificazione dell'umanità fuori di
Dio e senza Dio (Gn 11,3-4), molto simile al peccato originale di Adamo ed
Eva.
Ed anche qui la coda del diavolo non
fu assente, anche se di lui non se ne parla,
perché lui è come chi lancia la pietra e nasconde la mano quando ciò lo
stima conducente alla perversione dei propri scopi, dovendosi perciò sempre
considerare che dove c'è il peccato mortale (ad esempio l'omicidio) lì c'è
sempre satana (Gv 8,40).
Si arriva così alla confusione delle
lingue che divise l'unico popolo dell’umanità
allora esistente, che parlava una sola lingua (Gn11,1) – e che, si noti
bene! – “migrava da Oriente”, ossia si allontanava da Dio - in
tanti popoli di lingue diverse, sparsi sulla terra, rompendo così la maggior
forza derivante da un’unità purtroppo orientata al male morale del peccato.
In questo caso l'intervento di Dio fu
misericordiosamente preventivo, anche se l'umanità continuò ad allontanarsi
sempre di più da Lui, a cadere sempre più in basso, mentre una terribile
decadenza di civiltà la investiva, al punto tale da lasciare adito a pensare
che quella che noi chiamiamo preistoria, classificandola in varie ere a
seconda dell’uso che i popoli facevano della pietra e dei vari metalli (età
della pietra, età del ferro, del rame…etc), altro non è che una
plurimillenaria decadenza nella caduta originaria dal paradiso terrestre in
questo mondo non solo senza paradiso terrestre, ma che si andava umanamente
trasformando sempre più in un inferno terrestre.
> Satana diventa “principe di questo mondo”.
Ricordiamo che con la sua potenza preternaturale
rivolta al male, l'angelo maligno tendeva ad impedire a Dio la creazione di
quella nuova Eva e di quel nuovo Adamo - uomo-Dio - che avrebbero dovuto
«schiacciargli la testa». Per raggiungere questo scopo egli seduceva
l'umanità al male, cercando di distruggere ogni rapporto religioso sulla
terra e non fermandosi neppure di fronte all’impudenza di presentarsi come
“Dio” (“Giove”) dall’alto di un olimpo di déi falsi e bugiardi.
Costoro altro in verità non erano che demoni come lui, angeli caduti che lo
seguirono nella sua diaspora dal vero Dio, sotto la “bandiera” del
“non Serviam”, di cui abbiamo detto.
Si perse così per lunghissimi periodi di
tempo il volto del vero Dio, mentre l’umanità - tra corsi e ricorsi
storici di popoli che apparivano e sparivano dalla faccia della terra -
sembrava muoversi attorno allo stesso cerchio, come il cane che si morde la
coda o come l’onda del mare che avanza ed arretra senza mai superare la
linea di battigia.
I popoli arrivarono a personificare e
porre sugli altari le creature al posto del Creatore, ossia:
elementi inanimati della natura come il sole e la luna – e – peggio! -
animali feroci (e non) di cui ammiravano certe abilità fisiche.
L’accostamento teocratico a re, satrapi e faraoni si faceva sempre più
ravvicinato.
Satana si andava sempre più
imponendo come il principe di questo mondo
(cfr.: Lc 4,5-6) per mezzo dei suoi ministri uomini, mentre nell’Aldilà
faceva la scimmia del vero Dio mediante un politeismo sfrenato e
caratterizzato da una serie interminabile di déi rappresentativi dei
vizi e delle passioni umane più basse, che assurgevano così a valori
assoluti.
Nell’olimpo pagano c’erano infatti Marte, il dio
della guerra, il dio del danaro, di cui non ricordo il nome, Venere, la dea
dell’amore fisico, ed una selva mostruosa di déi e dee, rappresentativi di
tutti i vizi e le passioni umane…
Ma Dio – ricco di misericordia – in
considerazione anche del fatto che la gran parte delle anime nel trapasso da
questo mondo all’Aldilà non andava perduta perché pur peccando non sapeva
neppure cos’era il peccato (=ignoranza salvifica) - pazienta a
riguardo dell’Incarnazione, senza mai perdere di vista il vero bene
dell’umanità che era indispensabilmente legato a questo Avvenimento. Il
quale, come sappiamo, era volto a salvare in Dio - con la sola
auto-esclusione dei reprobi (di cui diremo) – l’intero genere umano –
dopo aver liberato (vedremo come) ogni essere umano da tutte
le separazioni altrimenti eterne da Dio causate da tutti i suoi peccati
oltre che da tutte le sue miserie e fragilità, rispettivamente dipendenti
dalle conseguenze del peccato (Gn 3,1-8) e della caduta
(Gn 3,16-24) originali.
Si capisce
allora senza alcun dubbio perché la frase di quel filosofo pagano (e di
quelli nostrani) «Se esiste il male non può esistere Dio e se esiste
Dio non può esistere il male», la quale si cita anche attualmente
per dimostrare la contraddittorietà e quindi l'insostenibilità dell'idea di
Dio, è priva di ogni fondamento conoscitivo ed è frutto quindi di
pensiero debole.
Satana – che - allora come ora
- seduceva l'uomo a camminare sulla strada larga della corruzione e della
violenza - riuscì infatti a diffondere in questo mondo il male spirituale
del peccato, allontanando sempre più l'uomo da Dio...
> L'antico popolo del vero Dio.
…..E quando sembrava che tutto stesse in modo
irreversibile andando di perdizione in perdizione, di fronte ad una umanità
idolatra e politeista, ecco che si comincia ad intravedere la mano di Dio
sotto forma di una grande, lenta inversione di tendenza, che
finalmente avvicina quella maturazione religiosa di un popolo
(l’ebreo) che consente a Dio di creare in questo mondo la nuova Eva, da cui
sarebbe nato il nuovo Adamo per una nuova creazione del Mondo, a partire,
questa volta, dal regno umano di esistenza...
Il processo storico-pedagogico di questa
planetaria inversione di tendenza verso il vero Dio che porterà alla
maturazione, o pienezza, dei tempi necessari alla incarnazione di Gesù
Cristo, inizia con il capostipite del popolo ebraico, che è il patriarca
Abramo e parte dall’Egitto.
L’Egitto era un territorio che, dal Nilo al
Golfo Persico occupava Canaan, la Siria, l'Alta e la Bassa Mesopotamia, vale
a dire l'intero mondo biblico. L’Egitto alimentò dal IV° millennio a.C.,
almeno fino all’era cristiana, un ricchissimo centro di irradiazione
culturale.
Tutto cominciò, quindi, 2000 anni circa a.C.
(4000 anni fa), con il grande patriarca Abramo, la cui storia apre la
storia dello stesso popolo di Israele, costituito da un pugno di pastori
nomadi che si insediano su una lingua di terra in Asia e vi restano,
sopravvivendo - nel corso di 2000 anni - al crollo di imperi molto più
potenti.
Abramo apparteneva alla discendenza di Sem,
figlio maggiore di Noè, l'eroe del Diluvio, e più precisamente alla progenie
di Eber, considerato l'antenato degli Ebrei.
Abramo e i suoi abitarono per un certo periodo
al di là del fiume Eufrate dove - senza saperlo - servirono altri déi (Gs
24,2): déi dell'Olimpo politeista, déi pagani, déi falsi e bugiardi,
diavoli….
Ma dopo la morte di Terach, il padre di Abramo,
Dio si mosse verso Abramo, ed Abramo udì il richiamo del Signore, del
vero Dio della Bibbia, che, come aveva fatto con Adamo ed Eva caduti nelle
grinfie di satana, gli prospettava la via della vera esistenza, dandogli la
possibilità di sceglierla liberamente
Ed Abramo scelse liberamente di fare la Volontà
di Dio ascoltando la Sua Voce che lo incitava a lasciarsi dietro le spalle
tutto il sistema di vita disorientato da Dio e proprio del suo paese, che
camminava nelle tenebre della idolatria politeista. Egli infatti
obbedì alla Voce di Dio e lasciò il suo paese per quello della sua
nuova vocazione. Non solo ma credette alla promessa divina di una
benedizione particolare, sia per i suoi discendenti («io farò di te un
grande popolo»), sia per lui stesso, ed attraverso di lui, per tutta
l'umanità («In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra»).
Perciò Abramo partì per il paese di Canaan con
sua moglie, suo nipote, la loro gente e i loro beni, probabilmente intorno
al 1880 a.C.
L'incontro di Abramo con Dio ebbe poi ulteriori
conferme teofaniche (=miracolose) che si riscontrarono con l'incontro di
Abramo con Melchisedeck, re di Salem (=Sion=Gerusalemme) e sacerdote del Dio
altissimo, di quel Dio che gli aveva parlato spingendolo ad uscire dalla
sua terra in vista di quella Terra promessa che, per Gesù Cristo,
sarà il “Cielo” promesso.
Questo Dio concluse con Abramo quell’Alleanza
il cui segno di appartenenza fu – di generazione in generazione, la
circoncisione.
L'impegno di Abramo e dei suoi discendenti si
esprimerà d'ora in avanti con questo segno, finché esso non verrà superato
dalla circoncisione del cuore, ossia dalla Capacità trinitaria
d’amare, che è la “Carità” (Deus caritas est) di Cristo e dei Suoi seguaci.
Nello stesso momento in cui chiese la
circoncisione quale segno di consacrazione a lui, il Signore impose ad
Abramo un nuovo nome: “Abraham”. E se Abramo (Abram) poteva significare
soltanto «il padre è nobilissimo», cioè di buona razza, di stirpe eletta,
invece “Abraham, secondo le Scritture, può significare: «il padre di
una moltitudine di nazioni» (Gn 17,5).
Profezia questa che ha cominciato a verificarsi
per Cristo ed a partire da Lui, se si considera che dalla posterità di
Giacobbe, figlio di Isacco, figlio – per intervento sovrannaturale – di
Abraham, nascerà infine “secondo la carne” il nuovo Adamo, il
Cristo Gesù Signore, che nascerà da una nuova Eva, la
vergine madre Maria.
Attraverso il Cristo, tutti coloro che Gli
crederanno riceveranno la sovrabbondanza dello Spirito Santo ed entreranno
nella nuova ed eterna Alleanza dei figli di Dio e di Maria,
nella comunità cioè del nuovo Israele. Autentica posterità di Abramo
«per la fede» (Rom 9,5): un popolo veramente senza numero…..
All'alleanza di Abramo,
la pedagogia divina della Storia cristo-centrica della liberazione da satana
per la salvezza in Dio del genere umano fa subentrare quella del
Sinai, la quale precisa e rende più chiari i termini della
precedente, superandoli in gran parte in senso evolutivo ed attestandone di
nuovi raccolti nelle tavole di pietra contenenti i 10 Comandamenti,
ottenuti da Dio per mezzo di Mosé.
Al popolo dei figli di Israele, Dio promette
solennemente: «saranno il mio popolo ed io sarò il loro Dio »
(Gr 24,7).
Ma quando Israele si mostra
infedele, quando cioè credendo di star bene ritiene di non aver più bisogno
di Dio e si allontana da Lui seguendo altre vie, allora Dio ritira la Sua
protezione garantita dall'Alleanza che così non vale più:
«Voi non siete il mio
popolo ed io non esisto per voi»
(Os 1,9).
Ne consegue che tutto alla fine ricade in mano
a satana con guerre perdute, schiavitù sotto i vincitori, lunghi periodi di
esilio per deportazione in terra straniera, pestilenze, pandemie e
quant’altro…
L'Alleanza
di Dio con Abramo (Gn 15,17-21) assicura al patriarca la promessa di dare
alla sua discendenza, il possesso della terra di Canaan, la famosa
terra promessa: ovviamente se il patriarca ed i suoi discendenti –
il popolo ebraico - avranno osservato con fiducia i Suoi comandamenti
«camminando alla Sua presenza, e tenendosi integri» (Gn 17,1),
rispettosi cioè della Sua Volontà, e quindi sufficientemente distaccati
dai beni di questo mondo almeno fino al punto di non anteporli a Dio, come i
popoli idolatri circostanti, che adoravano la natura inanimata (il
sole, la luna..), gli animali (lo sciacallo, il toro Api…
considerati ricettacolo di divinità) e gli uomini stessi, i capi
dinastici delle nazioni (teocrazia) .
Ora siccome questa retta condotta religiosa non
sempre è stata tenuta nella giusta considerazione e priorità dai discendenti
di Abramo, soprattutto per colpa dei loro capi politici e religiosi, la
promessa della Terra dove «scorre latte e miele» impiegò otto secoli
per giungere ad effetto. Non solo, ma, per gli stessi motivi,
l'effettiva presa di possesso di Canaan da parte di Israele non ne rese
definitiva la conquista.
La conservazione, in
mano del popolo ebreo, di questa terra - ove sarebbe dovuta nascere
"quella" Donna, Maria, la nuova Eva, il cui Figlio avrebbe schiacciato la
testa serpente mettendolo per sempre fuori causa
(Gn 3,15) - richiedeva infatti l'osservanza della fedeltà all'unico
vero Dio di questo popolo, che avrebbe dovuto fare ciò che è retto ai Suoi
occhi, altrimenti – insieme a Dio - avrebbe perso pure la pacifica
convivenza su quella terra per mano di nemici conquistatori (Dt
28,21,63..... ecc.).
E fu quello purtroppo che
avvenne proprio perché Israele - avendo abbandonato il vero Dio per cedere
all'idolatria politeista, ed essendo rimasta sorda ai richiami dei Suoi
profeti - fu lasciata da Dio al suo doloroso destino di perdita – per
conquista bellica - della terra promessa.
E questo fino a quando, con
il pentimento e la nostalgia, si faranno strada i messaggi di speranza dei
profeti Geremia, Ezechiele e del secondo Isaia, che annunciavano il perdono
di Dio e il ritorno alla terra dei padri.
Non solo,
ma dall'esilio in poi, alla promessa del ritorno e del mantenimento del
possesso della terra, non venne mai disgiunta quella di un discendente
di Davide (=”figlio” di Davide), di un Messia liberatore, che si credeva,
con una interpretazione desiderosa ma non corretta delle Scritture, che
avrebbe restaurato la monarchia gloriosa di Israele (Lc 24,21).
Ma satana non demorde e cerca di impedire la
realizzazione di questa profezia, col suo modo tipico di agire. Tenta cioè,
in primo luogo di paganizzare il popolo ebraico, e, non essendoci riuscito
per la forte presenza spirituale santa del profeta Elia, passa poi alle
maniere forti cercando di assassinare tutti i discendenti del casato
davidico
Verso la fine della seconda
metà dell'anno 800 a.C. infatti fu scongiurata dal grande profeta Elia
una delle più grandi tragedie della Storia cristo-centrica della salvezza
che satana andava ordendo in vista di impedire l’incarnazione del Cristo, da
cui sarebbe dipesa la nuova creazione, mediante la redenzione salvifica del
genere umano da satana.
Si trattava infatti della prima - e per la sua
totalità rimasta unica - apostasia dal vero Dio del popolo di Israele
che a quel tempo pendeva ormai tutto dalla parte di Baal e degli altri idoli
pagani, prefigurazioni di satana, l’anti-Dio, il quale cercava così di
“uccidere spiritualmente” il popolo ebraico per impedire che da esso
potesse venire, in attuazione della profezia di cui in Gn 3,15, quel Messia
di Israele, nato da Donna, che l’inferno temeva più di ogni altra cosa
perchè avrebbe per sempre messo fuori causa satana ed i suoi accoliti ex
angeli dal nuovo mondo umano.
Satana non riuscì in questo suo intento
proprio perché col miracolo del fuoco sollecitato nella preghiera da Elia,
ll profeta del vero Dio – ormai rimasto solo a fronte di circa 450 falsi
profeti di Baal – il vero Dio, per l’appunto, ridicolizzò tutti costoro,
dando la prova certa di essere Lui – quello invocato da Elia - il
vero Dio da adorare e non il pagano Baal (cfr.: 1Re 18,20-39).
Poco più di mezzo secolo dopo, satana torna alla
carica arrivando al punto di ispirare ad Atalia regina di Giuda di far
assassinare (2Re 11,1-3) tutti i componenti della famiglia
reale di Davide a quel tempo viventi: tutti i suoi discendenti
(841-835 a.C.).
Se questo fosse avvenuto la profezia che faceva
discendere Gesù dalla Casa reale di Davide non si sarebbe verificata. Atalia
– che aveva aperto il cuore a satana fino al punto di lasciarsene dominare -
fu un mostro di crudeltà e fece assassinare tutta la discendenza reale di
Davide, cioè i suoi stessi nipoti, per regnare da sola sul paese.
Solo il giovanissimo Ioas fu salvato dal
massacro grazie all'intervento di una zia - rimasta fedele al vero Dio - e
nascosto nel tempio dove fu segretamente allevato secondo i Comandamenti del
vero Dio malgrado un nuovo rigurgito di idolatria politeistica che si
andava diffondendo nel popolo eletto per colpa di Atalia (2Re11,4.
9-18. 20\a).
Da Ioas –
divenuto così l’unico discendente superstite della famiglia di Davide –
riprese poi – dopo che Atalia fu giustiziata - la discendenza del Casato
davidico fino a Gesù, detto Figlio di Davide al modo del parlare semitico
ossia nel senso di discende dal re Davide, ossia di appartenente al casato
di Davide, stante che da Davide a Gesù trascorrono 975 anni circa.
Avvenne
così che la promessa divina fatta a Davide e confermata al popolo ebraico
«per mezzo dei Suoi profeti» di far venire cioè il Suo Messia da Davide per
discendenza umana – profezia richiamata anche da Gesù stesso (Lc 20,41-44..etc..)
– si realizzava pienamente in Lui. Ma non come la vollero intendere gli
scribi (i teologi) di allora, ma come era stata effettivamente profetizzata
e come gli scribi di allora non vollero intendere perché non c’è peggior
sordo di chi - udendo - non vuol udire e peggior cieco di chi - vedendo -
non vuol vedere (Gv 9,39-41).
La profezia davidica
richiamata da Gesù in Lc 20,41-44 ed anche in Mr 12,35-37 afferma infatti
“apertis verbis” che il Messia è Figlio (=discendente) di Davide -
ossia un uomo - ed anche Signore, cioè Dio.
«Come è possibile
questo?
- chiede Gesù agli scribi del Suo tempo.
Come è possibile cioè che una Persona, cioè il Messia, sia
profeticamente indicato non solo come un uomo ma anche come Dio?»
Ma i teologi di quel tempo
non si impegnarono in un dialogo con Gesù su questa apparente contraddizione
e preferirono non rispondere. Se non fossero stati invece
pregiudizialmente ostili a Gesù forse avrebbero saputo da Lui che l’unica
soluzione possibile al problema era quella che il Messia previsto
sarebbe stato non solo “figlio (=discendente) di Davide
– ossia un uomo - ma anche Figlio di Dio, e cioè: un uomo-Dio,
l’uomo-Dio Gesù Cristo: Colui che stava loro davanti.
Dopo intricate vicissitudini
e tempi lunghissimi e difficili da calcolare, l'ambiente religioso e
culturale idoneo per la nascita della nuova Eva in vista dell’incarnazione
del Figlio di Dio era finalmente presente nella storia presso un
popolo, l'Ebreo, a cui Dio – il vero Dio-Padre, quello
delle teofanie miracolose avvenute al tempo di Abramo al “roveto ardente”,
di Mosé in Egitto ed al Sinai, etc… - aveva rivelato il Suo vero Nome ed
aveva eletto a Suo popolo.
> Satana beffato.
Fu così concepito e fu
presente nel mondo Colui che, profetizzato nei secoli, avrebbe schiacciato
finalmente la testa al serpente (Gn 3,15). La profezia della Genesi si era
finalmente e realmente verificata.
Ecco come la
venerabile mistica, madre Maria di Gesù di Agreda, vissuta nel
diciassettesimo secolo in Spagna, descrive, nella sua "Mistica città di
Dio", il comportamento di satana circa la nuova Eva, la vergine madre
Maria:
«Intanto il grande drago e serpente antico lucifero stava
attento alle opere eroiche di Maria Santissima e, sebbene di quelle interne
non potesse essere testimone oculare, perché gli rimanevano nascoste,
tuttavia guardava a quelle esteriori troppo sublimi e perfette per non
tormentare la superbia e lo sdegno di questo invidioso nemico. Soprattutto
lo bruciavano inconcepibilmente la purezza e la santità della bambina Maria.
Mosso dunque da questo furore, radunò un conciliabo nell’inferno per
consultare su questo affare i più ragguardevoli principi delle tenebre e,
riunitili, propose loro questo ragionamento: - Il gran trionfo che
oggi abbiamo nel mondo con la possessione di tante anime che abbiamo
soggiogato alla nostra volontà, temo e sospetto che si debba vedere disfatto
e annientato per mezzo di una donna e non possiamo ignorare questo pericolo,
avendolo saputo al momento della nostra creazione ed essendoci stata in
seguito notificata la sentenza che la "donna" ci avrebbe schiacciato il capo
(cf.: Gn 3,15). Per questo ci conviene stare all'erta e non essere affatto
trascurati. Avete già notizia di una bambina che è nata da Anna, va
crescendo in età e ad un tempo si va segnalando nelle virtù. Ho posto tutta
la mia attenzione alle sue azioni ed opere e non ho riconosciuto, nel tempo
in cui comunemente gli altri cominciano a ragionare e a sentire le passioni
naturali, che in lei si scoprono gli effetti del nostro seme e della
nostra malizia, come si scorge negli altri figli di Adamo. La vedo
sempre composta e perfettissima senza poterla piegare né indurla ai
trastulli peccaminosi ed umani o naturali agli altri bambini. Da questi
indizi ho il sospetto che questa sia l'eletta ad essere la Madre di Colui
che deve farsi uomo».
«Però non posso persuadermi
del tutto di ciò, perché ella è nata come gli altri, soggetta alle leggi
comuni della creatura e i suoi genitori hanno fatto l'offerta e hanno
pregato affinché a loro ed a lei fosse condonata la colpa, quando è stata
portata al tempio come tutte le altre bambine.
Ciononostante, benché non
sia l'eletta contro di noi, nella sua infanzia si scorgono grandi principi
che promettono per l'avvenire celebri virtù e santità. Né io posso tollerare
il suo modo di procedere con tanta prudenza e discrezione. La sua sapienza
mi fa ribollire, la sua modestia mi irrita, la sua pazienza mi fa sdegnare,
la sua umiltà mi opprime e mi annienta, e in tutto ella mi provoca ad un
intollerabile furore, così che io la aborrisco più di tutti gli altri figli
di Adamo. Ha un non so che di virtù speciale, per cui alcune volte, volendo
avvicinarmi a lei, non posso, e se le insinuo delle suggestioni, non le
riceve. Insomma, tutta la mia solerzia con lei sino a ora si è
vanificata, rimanendo senza effetto alcuno. Qui importa tutti trovare un
rimedio a impiegare la massima cura affinché il nostro principato non vada
in rovina. Io desidero più la distruzione di quest'anima sola che non quella
di tutto il mondo. Or dunque, ditemi voi: quali mezzi, quali provvedimenti
prenderemo noi per superarla e per farla finita una volta per tutte con
costei? Io da parte mia offro i premi della mia liberalità a chi sappia
farlo».
«Si
esaminò il caso in quel confuso conciliabolo, organizzato soltanto a danno
dell'umanità, e, tra i molti pareri, uno di quegli orribili consiglieri
disse: -Principe e Signore nostro, non ti crucciare per una cosa così da
poco, perché una debole donnicciuola non sarà tanto potente ed invincibile
quando lo siamo noi tutti che ti seguiamo. Tu ingannasti Eva, precipitandola
dal felice stato in cui si trovava, e per mezzo di lei vincesti il suo capo
Adamo. Dunque, come non supererai questa sua discendente, nata dopo la sua
prima caduta? Ripromettiti fin d'ora la vittoria e per ottenerla si
determini, benché resista molte volte, di perseverare nel tentarla; se sarà
necessario che deroghiamo perciò in qualche cosa alla nostra grandezza e
presunzione, non vi si badi, purché la inganniamo; e se ciò non basterà,
faremo in modo di toglierle l'onore o anche di troncarle la vita». Altri
demoni aggiunsero questo consiglio: -Abbiamo esperienza, o principe potente,
che per rovinare molte anime è mezzo efficace l’avvalerci di altre creature.
Questo è un ottimo espediente per operare tutto ciò che con le nostre sole
forze non possiamo. Per questa via disporremo e provocheremo la rovina di
questa donna, osservando perciò il tempo e le circostanze più opportune che
ci presenterà ella medesima col suo procedere. Ma soprattutto importa che
applichiamo la nostra sagacia ed astuzia per far sì che cominci a perdere
una volta la grazia di Dio con qualche peccato. Così, appena le mancherà
questo appoggio e questo scudo dei giusti, la perseguiremo e tra tutti la
cattureremo come colei che, trovandosi sola senza Dio in se stessa, non ha
chi possa liberarla dalle nostre mani. Quindi ci daremo da fare per farla
disperare del rimedio».
(cfr: Maria di Gesù di Agreda “Mistica Città di Dio, Vita
della vergine madre di Dio”, pag. 483-485. – Edizioni Porziuncola).
Ma non ci
riuscirono!
L’incarnazione
infatti si verificò comunque, e si verificò, come è noto, circa 2000 anni fa
per il “si” dalla sempre vergine Madre Maria, la nuova Eva della nuova
umanità dei salvati.
«Maria diede alla luce il
suo Figlio unigenito, Lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia
(.....) È una scena semplice: Maria e Giuseppe con il bambino, deposto in
una mangiatoia. L'avvento della nascita del Redentore e Salvatore del mondo
ha cambiato il corso della storia: l’ha divisa in prima e dopo Cristo….
Ma prima di parlare di
questo che riguarda il primo Avvento di Cristo in questo mondo, dalla
Sua incarnazione (= verginale concepimento di Maria) alla Sua
ascensione al Padre, dobbiamo però accennare, all'Aldilà umano
precedente all’Incarnazione.
> L’Aldilà delle anime dei
trapassati prima dell’incarnazione del Cristo.
Abbiamo considerato che se
il progetto salvifico di Dio concernente il genere umano si fosse concluso
nel paradiso terrestre della prima superiore dimensione di esistenza del
mondo, non ci sarebbe stato un “Aldiquà” riguardante gli
esseri umani incarnati di questo mondo ed un “Aldilà”
concernente le loro anime disincarnate, perché la morte individuale del
corpo non ci sarebbe stata.
Ma dopo la
caduta originale dal paradiso terrestre in questo mondo senza paradiso
terrestre e per di più crocifisso e mortale, le cose cambiarono perché il
corpo umano muore mentre l'anima individuale sopravvive alla morte del corpo
in un nuovo Aldilà delle anime che prima di Cristo veniva chiamato "inferi".
Senza dimenticare che esisteva già - come abbiamo già mostrato nella I^
parte - un‘Aldilà diabolico, chiamato inferno, inaugurato da lucifero e dai
suoi accoliti ex angeli, nel quale precipitano anche tutte quelle anime che
muoiono in peccato mortale conosciuto come tale e non potranno quindi
accogliere mai i frutti della - a questo punto ancora futura - redenzione
salvifica di Gesù Cristo.
Gli "inferi" non sono
quindi da confondere con l'inferno di satana,
che è eterno per lui, per gli ex angeli che lo seguirono e per le anime che
vi precipitano (= quelle che trapassano impenitenti di peccato mortale
responsabilmente conosciuto come tale). Gli inferi infatti - a cominciare
dalla loro parte superiore detta "lembo" (= poi limbo) - sono provvisori. In
essi vi sostano infatti tutte quelle anime di tutti quegli esseri umani che
non sono morti in un atteggiamento di responsabile contrapposizione a Dio, e
quindi, divisi da Lui in conseguenza di peccato mortale conosciuto come tale
(circa gli inferi confronta: 1Sam 2,6; 2Sam 22,6; 1Re 2,6; Gb 21,13; Sal
89,49.....).
Queste anime di morti in
grazia di Dio (comunque in buona fede l'abbiano potuto conoscere) - in vista
della (allora) ancora futura redenzione salvifica di Cristo - vengono subito
dopo la morte corporale rigenerate all'antico livello antropologico
originale: quello primigenio posseduto da Adamo ed Eva antecedentemente al
peccato e alla caduta originali (cfr.: Gn 1,26-31; 2,7-8. 21-25:
così infatti Dio fece dal nulla (=creò) l’essere umano in Adamo ed Eva
al fine di divinizzarlo ed assumerlo in Sé) e vivono in vista
della “Discesa agli inferi” di Gesù Cristo che aprirà loro le porte del
Paradiso celeste, rimaste chiuse fin del peccato originale (Gn
3,1-8) ed a causa di esso.(Gn 3,24).
Quando questo Avvenimento si
sarà verificato (come si è poi in effetti verificato), queste anime che
avranno potuto accogliere i frutti della redenzione salvifica di Cristo
vivranno in Dio uguali agli angeli del Cielo in vista di riprendere i loro
corpi. Corpi che saranno trasfigurati dalla Gloria di Dio come quello di
Cristo risorto dai morti al terzo giorno dalla Sua morte terrena ed asceso
al Padre, dopo essere stato 40 giorni da vivo addestrando i Suoi apostoli
sul Regno di Dio (At 1,3).
Che poi la redenzione
di Cristo sia universale, riguardi cioè tutti gli esseri umani di
ogni tempo e di ogni luogo – anche quelli venuti al mondo prima
dell’Incarnazione, lo rivela implicitamente Cristo stesso in più parti del
Suo Evangelo ed esplicitamente nel passo seguente:
«In verità, in verità
vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti
(le anime dei morti)
udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l‘avranno ascoltata (quelli
cioè che avranno potuto accogliere i frutti della Sua redenzione salvifica
in quanto morti in grazia di Dio, vale a dire fuori dall’impenitenza finale
da peccato mortale), vivranno (parteciperanno cioè alla
Vita eterna di Dio dentro Dio.») (Gv 5,25).
Questi morti quindi – venuti
al mondo prima di Cristo - vengono pre-redenti (riportati al
livello antropologico primigenio prima del peccato e della caduta d’origine)
in vista di Cristo e restano in attesa che Cristo, scendendo
agli inferi, apra loro le porte del Cielo
Le due nuove dimensioni umane di esistenza:
corporea – e quindi visibile - quella di questo mondo, ed incorporea – e
quindi invisibile - quella ultraterrena - sono di norma
incomunicabili, come è peraltro ovvio trattandosi di dimensioni di
esistenza sia pure umane ma di diverso livello antropolpogico.
Dalla non
comunicabilità consegue che tutto quello che della Vita eterna
nell’Aldilà sappiamo, lo sappiamo per Rivelazione, sia pure
altamente avallata dalla Parola di Dio che trova la Sua conclusione ultima
nell’unica Persona divina che oltre che uomo ha dimostrato e dimostra
tuttora di essere Dio: l’uomo-Dio Gesù Cristo.
Lo
sappiamo cioè per Fede nella Parola del vero Dio: Fede che,
con riferimento a tutto ciò che trascende questo mondo, si chiama meglio:
“Speranza”..
Pur ammesso infatti che –
per divino miracolo, come per esempio accadde a San Paolo, riuscissimo ad
avere una qualche esperienza provvisoria diretta dell’Aldilà, una volta
ritornati in questo mondo, non riusciremmo a poter esprimere nulla di quello
che abbiamo visto..
Ecco perché gli gnostici
ossia coloro che cercano di studiare – a prescindere dalla Rivelazione e
senza tener conto dei limiti evidenti della scienza di questo mondo queste
realtà trascendenti (sufi di religione musulmana, buddisti, induisti,
teosofici, antroposofici etc..etc..) - o coloro che tentano in vari modi di
mettersi in contatto con le anime dei morti (“medium”), toppano.
Toppano sia perché la loro
mistica è definita di pura auto-illuminazione, e non è invece, in primo
luogo, come quella cristiana, incontro di amore con Qualcuno - dialogo
trinitario - con la Persona divina, sia perché in questo campo, fuori dalla
Rivelazione divina, che in Cristo è auto-rivelazione divina, gli gnostici
altro non possono fare che fantasticare a ruota libera (molto a ruota
libera: v.: Steiner, ad esempio, e altri), o cadere in mano a grossi inganni
del nemico, tenendo conto del fatto che tali “studi” ed attività
pseudodivinatorie sono in abominio a Dio e sconfinano molto facilmente
nell’eresia.
Tali opere infatti danno a
satana la facile occasione di poter far uso dei suoi falsi ragionamenti che
insieme ai suoi poteri preternaturali sono capaci di ingenerare nell’uomo
pericolose illusioni sotto apparenza di realtà e quindi in grado di
trascinarlo fino alla tragedia esistenziale finale della morte in peccato
mortale che – nell’eternità dell’Aldilà – consegna per sempre l’essere umano
alla cattività diabolica del suo nemico eterno all’inferno.
CAPITOLO 6
II^ PARTE DELLA STORIA
CRISTOCENTRICA DELLA SALVEZZA: Dall’incarnazione del Figlio di Dio dalla
semprevergine Madre Maria fino alla Sua Ascensione compresa
(=resurrezione e ritorno al
Padre in corpo anima e Divinità).
In questa parte prevale la
presenza di Dio-Figlio,
il Quale incarnandosi si è
fatto Causa efficiente di redenzione e salvezza dell’intero genere umano e
del suo mondo.
Se l’Unigenito Figlio di Dio da sempre si era
potuto fare Figlio di Maria millenni e millenni dopo la caduta di Adamo ed
Eva dal Paradiso terrestre per i ritardi che l’opera diabolica di satana
faceva accumulare all’umanità riempiendo il mondo di peccatori, pur se
penitenti dell’ultima ora prima della morte incombente o della malattia o
disgrazia devastante, tuttavia la Trinità aveva da subito dopo il
peccato e la caduta originari predetto la sconfitta di satana e
l’annientamento del peccato (Gn 3,15).
Dio infatti non aveva nascosto, ma - com’è
proprio del modo d’agire del vero Dio – esternato fin da quel primo momento
a satana che la sua vittoria conseguita sulla natura umana col peccato
originale si sarebbe in definitiva rivelata soltanto come una vittoria
di Pirro.
> Le numerosissime,
precise profezie sull’Avvento di Gesù Cristo.
“Io –
è Dio che parla – porrò inimicizia tra te (=satana, il
serpente) e la Donna (Maria) tra la tua stirpe
(quella dei peccatori che vivono divisi da Dio) e la sua stirpe
(Cristo ed i cristiani); questa, (cioè Cristo essenzialmente:
ma anche Maria ed i cristiani, su mandato di Cristo) ti schiaccerà la
testa (ti toglierà per sempre di mezzo) e tu gli insidierai il
calcagno” (la tua reazione avrà effetti marginali) (Gn 3,15).
L’esegesi moderna conferma l’interpretazione che
di questo passo aveva dato la Tradizione cristiana, per cui, non a torto,
questo versetto della Genesi viene chiamato “proto-vangelo”,
ossia la prefigurazione più antica della Buona Novella, contenente in
nuce tutti gli elementi fondamentali dei Vangeli.
Si tratta quindi – millenni
e millenni prima - dell'annuncio che il male\peccato - che divide da
Dio, ed il maligno, ovviamente, che ne è autore e padre
(Gv 8,41-44) - sarebbero stati sconfitti per sempre da un
essere umano, da “Uno” cioè che sarebbe nato da una donna (Gn
3,15).
In che modo? Lo vedremo qui
di seguito. Ci preme però evidenziare prima che questo essere umano – figlio
della (Ma)Donna - nel corso dei tempi successivi a questa
previsione e secoli prima del Suo effettivo avvento - sarebbe stato
profetizzato con una precisione a dir poco fotografica
nella Persona di Gesù Cristo
sia per quanto concerne la Sua Figura di Figlio di Dio e Figlio
dell’uomo, sia per quanto concerne la Sua missione di Redentore
sofferente e nello stesso tempo di Salvatore glorioso del genere umano
dall’inferno di satana a causa del peccato con il quale satana tiene l’uomo
separato da Dio come un cane al guinzaglio, sia, infine, per
l’esemplarità della Sua Vita terrena che Egli avrebbe vissuto sulla terra
per l’imitazione di coloro che avrebbe chiamato alla Sua sequela nei modi e
nelle vie più diverse.
“Circa trecento
– nel corso dei secoli - sono le profezie sul Messia – il Figlio di Dio che
auto-svuotandosi si fa uomo pur conservando la Sua identità divina - e tutte
si sono realizzate nella Vita (e nella morte) di “Gesù”, il cui nome
significa come abbiamo già fatto sopra osservare: “Dio-Salva”
(cfr.: “INDAGINE SU GESU’’”, di A. Socci.- Ed Rizzoli 2008, pag 154 ss).
L’uomo-Dio, il Messia, l’Atteso delle Nazioni,
fattosi uomo e nascendo dalla sempre vergine e Madre Maria circa 2000 anni
fa a Betleem di Giudea (secondo una precisa profezia di Michea dell’VIII°
sec a. C.) (5,2) avrebbe sconfitto satana (Mt
12,22-30; Mr 3,22-27) togliendo – quale Agnello di Dio - il
peccato dal mondo umano (Gv 1,29).
> L’opera di satana durante Cristo e dopo
Cristo (in generale).
Come abbiamo mostrato, anche
se con enorme incalcolabile ritardo, l’incarnazione di Cristo si è comunque
verificata, malgrado la ferma opposizione e le contro-azioni malefiche di
satana.
Ma procediamo con ordine. Saputo
dell’Incarnazione senza averla potuta impedire, ma solo ritardare, satana si
scatena prima contro l'uomo-Dio per impedirgli in tutti i modi
di portare a compimento la sua missione redentrice e salvifica, e poi, non
essendoci riuscito, si volge - come mostreremo nell’ultimo capitolo -
contro i Discepoli di Cristo, cercando di farli prevaricare (e
purtroppo spesso ci riesce soprattutto quando colpisce al cuore la Chiesa
con la seduzione dei suoi ministri gerarchicamente più elevati).
Questo
comportamento perverso e pervertitore è volto ad ostacolare i cristiani per
impedir loro di portare a compimento la missione che Cristo stesso ha
demandato loro sulla terra allo scopo di affrettare - con
l’aiuto dello Spirito Santo-Dio e la conversione precoce delle anime al
Vangelo - la fine dei tempi necessari
all'accoglimento dei frutti della Sua redenzione salvifica in vista della
resurrezione universale della carne e della vita del mondo che verrà.
In un periodo di tempo come
quello attuale in cui di satana non si parla quasi mai, e quando se ne
parla, si cerca sempre di relegarlo nell'archivio dei miti, come si tende a
fare anche con i miracoli di Cristo nei Suoi Santi, la parte invece cospicua
che qui gli viene assegnata come protagonista di una contro-storia
della salvezza potrebbe sembrare eccessiva e venire tacciata di
“medievalismo”, se non fosse che è Cristo stesso
a mettere in evidenza l’opera temibile del nemico irriducibile dell’uomo.
Nell'antico Testamento,
l'azione antiumana di satana - potenza preternaturale diabolica di male -
non appare in modo personale e diretto, ma sta comunque e sempre dietro le
quinte attendendo, attraverso gli uomini, agli scopi malefici di cui abbiamo
parlato.
Nel nuovo Testamento invece
è l'Uomo-Dio che rivela apertamente il ruolo anti-umano di satana fin dalle
origini (Mt 13,19; Mc 1,13; 4,15; Lc 10,18; 13,16; Gv 13.2. 27...) Per fare
un esempio, Pietro stesso, avendo tentato, certamente in buona fede, di
opporsi al compimento drammatico della missione del Maestro fu da Lui
richiesto di allontanarsi e chiamato addirittura con l’appellativo di
«satana» (Mc 8,33).
> Quando satana seppe del
Bambino Gesù.
Una volta avvenuta l'incarnazione, quando
satana seppe del Bambino Gesù, non si pensi che si sia dato per
vinto di fronte al fatto compiuto ed ormai ineluttabile dell’avvenuta
incarnazione di Dio, di cui satana sapeva esattamente il motivo che era
quello di liberare l’umanità dalla sua “cattività” per riportarla -
riedificata come alla prima origine – nell’intimità trinitaria di Dio.
Non appena infatti satana (Erode) seppe dai “Re
Magi”, alcuni stranieri venuti da “Oriente” (=l’Oriente indica il
punto ove sorge il sole, che in quanto Luce piena, simboleggia la pienezza
della Verità che è Dio: Verità totale – o assoluta - ove si ricompongono
tutte le verità parziali) che il Messia era presente nel mondo,
la prima cosa che pensò "astutamente" di fare fu quella di cercare di
togliere subito di mezzo il Bambino uccidendolo...
Ma non ci riuscì, pur avendone uccisi tanti per
cercare di ucciderne uno solo (Mt 2,16).
Nel libro dell'Apocalisse questo passaggio è
riportato in questi termini: «Il drago - ossia il "grande" drago, il
serpente antico, che chiamiamo il diavolo (Ap 12,9) - si pose davanti
alla Donna (= Maria) che doveva partorire il Bambino, per divorarlo
appena nato, ma non ci riuscì (Ap 12,4-5). Mentre il
Messia, terminata la Sua missione, fu «subito rapito presso il suo trono
accanto a Dio» (Ap 12,5/b) .
Ma non solo questo, perché satana cercò di
impedire che il Cristo portasse a compimento la Sua missione anche durante i
tre anni della Sua Vita pubblica.
Ricordiamo, a questo proposito, i tentativi di
corruzione che satana - cercando di eccitare con la tentazione del potere
la superbia del Redentore - Gli rivolse apertamente nel deserto. Ma non ci
riuscì.
Ci provò ancora cercando di ucciderlo più volte,
ma Gesù gli era sempre sfuggito "misteriosamente" di mano perché non
«era giunta ancora la "Sua Ora"» - ossia il compimento della
missione per la quale si era fatto uomo e che satana non poteva sapere né
come, né quando esso sarebbe avvenuto, per cui riteneva di impedirne
comunque il verificarsi uccidendo Colui che di questo compimento sarebbe
stato l’autore..
È chiaro che satana non voleva assolutamente che
Cristo giungesse a quella "Sua Ora", mentre Cristo «non
vedeva l'ora che questa "Sua Ora" giungesse (Lc 12,50).
Per questo satana cercò in più occasioni di
uccidere Colui che sapeva essere il Messia - Figlio unigenito di Dio e di
Maria - e fu per questo che egli attese che Giuda gli aprisse il cuore
(Giuda era ladro dei poveri, perché prendeva per sé dalla borsa che
amministrava quello che era destinato a loro) per entrare in
lui e muoverlo a suo piacimento (per questo Gesù aveva
predetto di Giuda che era “un diavolo”: Gv 6,70).
L’ “Ora” di Gesù cominciò a scoccare e scorrere
a cominciare dall’orto degli Ulivi (gli alberi di ulivo, teatro del
sudore di sangue di Gesù sono tutt’ora esistenti!) proprio
quando – attraverso Giuda, di cui satana si era impossessato (Lc
22,3-4) - sembrò al diavolo di essere finalmente e definitivamente
riuscito ad incastrare nell’uomo l’uomo-Dio.
Giuda sapeva che Gesù era più volte sfuggito
alla cattura (es.:Gv 8,59), per questo si presentò per catturarlo alla guida
di un vero e proprio piccolo esercito onde evitare che potesse sfuggire come
aveva già fatto più volte (rif. a: Gv 18,3). Ma Gesù – pur mostrando di
poter miracolosamente respingere questo e qualsiasi altro attacco armato (Gv
18,6) – si lasciò catturare senza opporre resistenza alcuna.
Anzi – nella circostanza «a Simon Pietro
che aveva una spada e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli
l'orecchio destro....» (Gv 18,10), Gesù disse: -Rimetti la tua
spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?!»
(Gv 18,10), che equivale a dire: «È proprio questa l’Ora che per me
doveva giungere».
Noi adesso sappiamo bene che per Gesù fare la
Volontà del Padre fino in fondo - ossia il compimento dell’Ora dell’Uomo-Dio
– vuol dire vincere satana sottoponendosi a satana,
anche se questi non aveva alcun potere sul Cristo (Gv 14,28-31),
come nessun potere aveva su di Lui l'inferno per trattenerlo allorché
vi era sceso quale Agnello di Dio per espiare l'inferno delle separazioni da
Dio di tutti peccati mortali del mondo, senza averne commesso neppure uno.
Satana di fronte a Cristo è come
«quell'uomo forte e ben armato che fa la guardia al suo palazzo, per cui
tutti i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo
vince (=il Cristo), gli strappa via l'armatura nella quale
confidava e ne distribuisce il bottino» (Lc 11,21-22).
Ma come mai satana - di natura luciferina
(sovra-razionale) non vide tutto questo per poterlo in qualche modo
ostacolare? Eppure egli conosceva che il Messia - Figlio naturale di Dio -
era nel mondo.
La risposta è sempre la stessa: satana è
un essere egolatrico per natura ed, in quanto tale, è cieco all'umiltà che
è propria della capacità d'amare onnipotente di Dio.
Rispetto a Gesù, l’immagine di satana è quella
del gigante Golia rispetto al piccolo Davide, che Golia pensava di
schiacciare più facilmente di una pulce. Ed invece…(cfr.: Sam17).
Mai infatti satana avrebbe potuto con la sua
sconfinata superbia immaginare che per vincerlo e sottrargli il genere umano
a lui assoggettato dalla caduta di Adamo ed Eva in poi, Cristo si sarebbe
messo nelle sue mani:
«Non parlerò più a lungo con voi,
perché viene il principe di questo mondo; egli non ha nessun potere su di
me, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che
il Padre mi ha comandato. Alzatevi. Andiamo via da qui»
(Gv 14,30-31).
Vincere satana per mezzo di satana, penetrando
vittoriosamente fin nelle viscere più infime del suo regno
infernale: Ecco la grande opera di Dio!
I Vangeli sono pieni della presenza del diavolo
che teme per il suo regno infernale, riconosce in Cristo il Messia, Figlio
di Dio prima e meglio di scribi, farisei e sommi sacerdoti, ma Lo rifiuta
(Mc 5,6-7..etc), ed è pronto ad ucciderlo per impedire in tutti i modi che
Egli porti a compimento la Sua missione, anche se, come vedremo subito
appresso e come già sappiamo, quando vi riuscì non fece altro che fare il
giuoco di Dio.
Dunque, satana uccidendo Gesù per cercare di
impedirgli di portare a compimento la Sua missione, si è invece rovinato con
le sue stesse mani.
Credeva infatti di trattenere l'anima di
Gesù agli inferi come tutte le anime umane dei millenni e millenni trascorsi
da Adamo ed Eva fino a Cristo, se non addirittura all’inferno, se Gesù
avesse disperato.
Ed invece Gesù – l’Agnello di Dio -
non solo non disperò mettendo il Suo Spirito nelle mani del Padre
(Lc 23,46) malgrado sentisse come l’abbandono del Padre (Mt
27,46) e l’abisso di dolore e di tenebre che avrebbe dovuto
attraversare bevendo fino alla feccia l’amaro calice (Mt 26,39),
ma addirittura risorgendo dai morti ed ascendendo
al Padre, ha aperto le porte del Cielo a tutte le anime di coloro che
prima, durante e dopo di lui non fossero morte nei loro peccati, e che,
altrimenti, avrebbero continuato a restare bloccate agli inferi\lembo.
Egli, cioè, senza peccato alcuno,
scendendo vittorioso agli inferi fino all’imo abissale dell’inferno,
sperimenta in espiazione vicaria per l’intero genere umano ed
annienta gratuitamente a suo favore tutte le separazioni spirituali
altrimenti eternamente irreversibili da Dio causate da tutti i peccati
degli esseri umani di ogni tempo e di ogni luogo …fino alla fine di questo
mondo.
Questo significano le espressioni di Gesù:”
l’anima mia è triste fino alla morte…”Padre mio, Padre mio, perché mi hai
abbandonato?… Padre nelle tue mani consegno il mio Spirito (Santo).. Ora
viene il principe di questo mondo, egli non ha alcun potere su di me ma
bisogna che io faccia la Volontà del Padre, ossia compia la mia missione
di morte, discesa vittoriosa all’inferno e resurrezione.
Con queste parole, infatti, dette da Gesù poco
prima di morire, Egli vive l'estrema kenosi d'Amore, ossia l'estremo
auto-svuotamento di Sé che va molto oltre l’incarnazione e la morte in
Croce, pur tenendo fermamente presente che questo non significa per nulla
l’abbandono della Sua Natura divina. La Sua onnipotenza, cioè, è tutta come
contenuta allo stato potenziale anche se può essere richiamata in atto da
una semplice Parola del Redentore, così come in effetti è stata richiamata
quando - dopo la sua vittoriosa discesa agli inferi fino all’imo
profondo dell’inferno – Egli, pur essendo morto,
auto-risorse dai morti, vittorioso di satana, del peccato e
dell’inferno.
Egli infatti ha il Potere
sovrannaturale di morire per offrire gratuitamente la Sua Vita divina a
tutte le Sue pecore (=all’intera umanità, con la sola auto-esclusione dei
reprobi) ed ha anche il potere di risorgere riprendendosela di nuovo
immortale unitamente a quella dell’intera umanità:
«Per questo - Egli
dice in proposito - il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi
riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché
ho il potere di offrirla ed il potere di riprenderla di nuovo. Questo
comando ho ricevuto dal Padre mio»
(Gv 10,17-18).
Quando satana si accorse di aver - proprio lui -
….dato una mano al Cristo perché era con La Sua morte e discesa vittoriosa
agli inferi fino all’imo del profondo inferno che Egli avrebbe portato a
termine la Sua missione di redenzione e salvezza del genere umano, fu
troppo tardi per tornare indietro, malgrado il “pentimento” suscitato a
Giuda. Questi infatti cercò invano di convincere i mandanti di
liberare il prigioniero restituendo pure i 30 danari del tradimento.
Fu troppo tardi malgrado le provocazioni
che - per bocca degli uomini del Sinedrio, satana lanciava a Gesù
appeso sulla Croce: “Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso?
E’ il Re di Israele, scenda ora dalla Croce e Gli crederemo”
Ha confidato in Dio; Lo liberi Lui ora, se Gli vuol bene. Ha detto infatti
sono il figlio di Dio!» (Mt 27,41-43).
Ma non è finita: l'ultima tentazione portata da
satana a Cristo fu quella fatta attraverso uno dei due malfattori, quello
impenitente, crocifissi insieme a lui sul Calvario: «Non sei tu il
Cristo? Salva te stesso ed anche noi» (Lc 23,39).
Ormai però il piano divino di redenzione e
salvezza del genere umano - una volta che Cristo nell’orto degli ulivi aveva
acconsentito a bere l'amaro calice facendo la Volontà del Padre,
nessuno più Lo avrebbe potuto fermare (Lc 22,42).
Gesù infatti lungi dal raccogliere la
provocazione satanica, rassicurò invece uno dei due malfattori crocifissi
insieme a Lui - che Gli si raccomandava dicendo: «Gesù, ricordati di me
quando entrerai nel tuo Regno» - con questa Parola di Dio: «In
Verità, in Verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso» (Lc
23,39-43).
Vedremo ancora meglio più avanti in che consiste
questa promessa.
> Cristo: missione compiuta!
Gesù fu crocifisso alle nove del
mattino (Mc 15,25-26) e morì alle
tre del pomeriggio dopo 6 ore di terribile agonia (Mt
27,46-50).
«Da mezzogiorno fino alle tre del
pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Verso le tre del pomeriggio Gesù
gridò a gran voce: - Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Ed
emesso un alto grido spirò (Mt 27,45-50).
Poco prima della morte di Gesù il
velo che custodiva il Santissimo nel Tempio di Gerusalemme si squarciò nel
mezzo. E Gesù, gridando a gran voce disse: - Padre, nelle Tue mani
consegno il mio Spirito», ossia lo Spirito Santo.
(Lc 23,44-45).
«Gesù è andato incontro alla Sua croce ed alla
Sua terribile morte nella certezza che la onnipotenza della Sua divina
Capacità d’amare avrebbe trionfato. Ma questa divina certezza non Gli ha
alleviato di nulla la ineffabile sofferenza della Sua espiazione vicaria
Ecco la “sistole” o svuotamento
del Suo divino Cuore, seguita dalla “diastole” – o riempimento
(=resurrezione) – del Suo stesso sacro Cuore.
Ecco come si muove la “Carità”
ovvero la bontà infinita della Capacità trinitaria d’amare di Dio in
favore del quasi nulla verso cui era sprofondato l’essere umano di peccato
in peccato sotto satana.
Così facendo Gesù si fa Causa efficiente
di redenzione per la salvezza del genere umano dai suoi peccati che tale
salvezza altrimenti impediscono. In questo senso Egli è
l’Agnello sacrificale di Dio, ovvero il Figlio incarnato di Dio che toglie
gratuitamente i peccati del mondo, espiandoli però tutti Lui al posto del
mondo, senza averne commesso neppure uno, ossia del tutto innocente, come
l’Agnello di ebraica memoria che ha reso possibile l’esodo ebraico dalla
“cattività” egizia (Gv 1,29. 34)
E’ questa l’espiazione vicaria, ossia
il prezzo pagato da Cristo per la redenzione gratuita dell’umanità dalla sua
cattività di satana col peccato. E’ questo il prezzo
sovrabbondante del riscatto che Egli paga “invece e per”
ogni essere umano che è passato, che passa e che passerà per questo mondo
fino alla sua fine, allo scopo di farlo risorgere come Lui è risorto al
Terzo Giorno.
L’ICONA DELLA REDENZIONE SALVIFICA è
Barabba colpevole - che rappresenta tutti noi – il quale
viene liberato al posto di Gesù innocente – l’Agnello di Dio - che
così prende per Amore il posto di ogni “Barabba”, ossia di ogni essere umano
colpevole.
Cristo con la Sua Croce – simbolo di ogni
vicaria sofferenza espiatrice di ogni dolore del genere umano - si fa così
parafulmine di ogni essere umano.
Ed ecco perché – come afferma sant’Antonio di
Padova - il diavolo – protagonista dell’antistoria della Salvezza, il quale
a causa della Croce ha perso la sua egemonia sull’essere umano, ha il
terrore di avvicinarsi alla Croce
Vedendolo morire come è morto. Un pagano ebbe a
dire di Lui «Davvero Costui era figlio di Dio!" (Mc 15,39; Mt
27,51-54).
Ma non finì così.
All’alba de 9 di Aprile dell’anno 30, dopo avere
lasciato il suo corpo morto nella tomba ed essere disceso vittoriosamente
agli inferi fino all’imo profondo dell’inferno, Gesù Cristo RISORSE DALLA
MORTE, e, «mostrandosi vivo ai Suoi Apostoli con molte prove,
apparve loro per 40 giorni ammaestrandoli sul Regno di Dio (At 1.3
+13,31), ossia sul modo di esistere divino che veniva gratuitamente
partecipato al modo di esistere umano.
> Gesù racconta Se stesso.
E’ interessante conoscere
come Gesù durante un colloquio con un certo Nicodemo parli della Sua
Persona e della Sua missione redentrice e salvifica in favore dell’umanità.
Un certo
Nicodemo, uno dei capi dei Giudei tra i farisei più influenti (Gv 3,1-2),
viene a trovare nottetempo Gesù per avere dei chiarimenti circa il Suo
stupefacente, miracoloso operato, perché era evidente che Egli si
manifestava «per un Maestro venuto da Dio»
in quanto, a dire
dello stesso Nicodemo,
«nessuno può fare i segni
(=i
miracoli) che Egli fa,
se Dio non è con lui»
(Gv 3,2).
Nicodemo aveva
secondo verità dovuto riconoscere che Gesù Cristo era – quanto meno – un
grande profeta, e perché no, fors’anche il Messia liberatore tanto atteso.
All’epoca di questi fatti,
Gesù si trovava a Gerusalemme per la Pasqua. Durante la festa molti
del popolo, vedendo i miracoli (= i segni della Sua divinità) che Egli
faceva, credevano nel Suo Nome (Gv 2,23): che in ebraico significa, per
l’appunto: "Dio-salva”.
Ma anche se a Gerusalemme molti la pensavano
così di Gesù, come anche Nicodemo, tuttavia Gesù, leggendo nei loro cuori,
non si confidava con loro (Gv 2,24-25), non rivelava cioè pubblicamente ed
in anticipo – come invece avrebbe fatto privatamente con Nicodemo, e con i
Dodici (Mt 16,13-23; Mr 8,27-33; Lc 9,18-22) – Chi era e che cosa era
veramente venuto a fare in questo mondo, qual era cioè la Sua missione, e
come l’avrebbe portata a compimento.
A Nicodemo infatti Gesù rivelò che Egli
era venuto a portare il Regno di Dio agli uomini: era quindi Dio
stesso che era venuto a portare il Suo stesso Regno o Modo divino di
esistere. Ma per poter “vedere (=entrare=vivere)
il Regno di Dio” era necessario che l’uomo nascesse nuovamente dall’Alto
(Gv 3,3) – venisse cioè ri-generato da Dio alla sua
prima origine.
Era necessario cioè che Dio – come abbiamo già
detto - operasse una nuova Creazione dell’essere umano, che, senza
annientare il suo “io personale” (=la sua continuità di coscienza
individuale), avesse come risultato fruttifero di liberarlo – oltre
che da ogni conseguenza di peccato personale, dalle conseguenze,
soprattutto, sia del peccato (Gn 3,1-8) che
della caduta originali (Gn 3,16-24). Conseguenze che avevano
offuscato l’immagine e somiglianza di Dio con le quali l’essere umano era
stato creato originariamente “molto buono” (Gn1,26-27. 31).
Abbinando due passi della Scrittura: il primo in
cui si legge che l'uomo fu creato molto buono a immagine e somiglianza
di Dio, e il secondo che presenta Gesù Cristo come «immagine
(visibile) del Dio invisibile» (Col 1,15), gli antichi Padri della
Chiesa insegnavano che in origine - prima del peccato e della caduta
originali - l'uomo era stato creato ad immagine e somiglianza di Gesù
Cristo, il Figlio di Dio incarnato, il cui archetipo era nella mente di Dio
fin dal principio della Creazione umana, e quindi a questa immagine –
rinascendo – doveva ritornare.
In altri termini Adamo ed Eva – prima del
peccato e della caduta originali - erano stati creati a immagine e
somiglianza del Figlio incarnato di Dio.
«Ma come si può nascere di nuovo - sia pure
dall’Alto (ossia per intervento miracoloso di Dio),
cambiando la realtà della natura umana con la quale siamo stati
concepiti, entrati in gestazione e nati, per ri-farla ad immagine e
somiglianza di quella dell’uomo-Dio Gesù Cristo?” - chiede
stupito a Gesù Nicodemo: Può forse – ribadisce
il maestro di Israele - quando un uomo è già nato e diventato vecchio
entrare una seconda volta nel seno di sua madre e nascere di nuovo ?» (Gv
3,4).
«No,
precisa Gesù, perché questo è come si nasce in questo mondo
con la procreazione umana, mentre invece la rinascita
dall'Alto a cominciare dall’anima, vale a dire ad opera di Dio-Spirito,
è tutt’altra cosa».
«Chi infatti nasce da “acqua”
(=annientamento redentore dei
peccati; v.: Gv 1,33) e da Spirito Santo-Dio, non nasce
di nuovo da sangue, né da volere di carne, o volere di uomo, come avviene in
questo mondo con la pro-creazione» (cfr anche: Gv 1,13).
Ne consegue – spiega Gesù – che lo
Spirito agisce come il vento che, anche se non è visibile,
tuttavia lo si sente all’opera in tutta la sua potenza (Gv 3,5-8). (Vogliamo
qui far notare che il paragone dello Spirito Santo-Dio con il vento, con
l’aria, è appropriato, perché è proprio il vento che rigenera la faccia
della terra e fa fisicamente vivere respirando uomini animali e vegetali,
pur essendo materialmente inconsistente e del tutto invisibile).
Ma Nicodemo insiste: «Come
può accadere questo?» (Gv 3,9).
Eppure al Maestro di
Israele – che comunque era alla ricerca della Verità a differenza
dei suoi colleghi di Sinedrio, a cui la Verità non interessava proprio per
niente perché volevano continuare a fare i loro porci comodi –
non avrebbe dovuto sfuggirgli che a Dio tutto è possibile
nella Sua onnipotenza d’Amore.
Gesù risponde infatti che,
essendo Nicodemo teologo in Israele, queste cose avrebbe dovuto saperle
anche perché erano già state preannunciate ampiamente dai profeti e previste
nella Scrittura più antica (circa la missione di Cristo che avrebbe
schiacciato la testa al serpente, si risale addirittura al cosiddetto
“proto-vangelo” della Genesi; cfr.: Gn 3,15, di cui abbiamo già detto).
“Capita”
invece, commenta addolorato Gesù, che pur essendo la Sua una testimonianza
di prima mano, essa non viene accolta soprattutto da coloro che appartengono
al potere politico-religioso di quel tempo (e purtroppo non solo di
quel tempo…!). “Ora – prosegue Gesù – se non mi
volete credere nemmeno quando vi parlo di cose della terra
(ovvero di cose religiose fattibili all’essere umano di questo mondo,
ossia di osservare almeno i 10 Comandamenti facendo la Volontà del Padre)
come mi crederete se vi parlo di quelle del Cielo?” (=di
verità sovrannaturali che riguardano l’onnipotenza di Dio e la Sua attività
di creazione e di redenzione salvifica) (Gv 3,10-12).
“Eppure – prosegue Gesù -
nessuno – “salvo che Il “Figlio dell’uomo” (=il
Figlio di Dio incarnato, cioè Dio stesso nella Persona di Gesù Cristo) -
è mai salito al Cielo (=Resurrezione dai morti di Gesù
Cristo ed ascesa al Padre, alla pienezza cioè del Regno o modo di esistere
di Dio in Dio…) dopo essere disceso dal Cielo sulla terra (Gv
3,13) ed essersi lasciato appendere su di una croce come il serpente
di Mosè”.
Il serpente di bronzo di Mosè è una
prefigurazione del Cristo crocifisso. A Nicodemo Gesù dichiara che
come Mosé innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il
Figlio dell'uomo» (Gv 3,14). Il termine "innalzato" significa
"appeso alla croce", ma evoca anche l’ascensione e la glorificazione
del Cristo che passano per la croce per giungere alla gloria della
resurrezione (Gv 8,28).
Il serpente poi è stato fin
dal paradiso terrestre ed è ancora e sarà fino alla fine del mondo, la causa
di tutti i peccati e di tutte le angoscianti separazioni da Dio che ogni
peccato mortale porta con sé, per cui il serpente innalzato sulla
Croce rappresenta l’annientamento - per mezzo della croce - di satana, il
serpente, autore e padre del peccato.
Ed il risultato finale di questo processo sarà
costituito dalle anime di tutti quegli esseri umani che – non essendo morti
in questo mondo separati da Dio nei loro peccati mortali (Gv 8,23-24) ed
avendo perciò le loro anime potuto accogliere nell’eternità dell’Aldilà i
frutti della redenzione salvifica di Cristo (anche se in questo mondo non
l’hanno mai potuto conoscere) vivono in Dio uguali agli angeli del
Cielo (dal greco: “isangeloi”), e, in quanto figli della
resurrezione, risorgeranno – per Cristo – quali figli di Dio - come
Egli è risorto al Terzo Giorno (cfr.: Lc 20,36-38).
> Il meraviglioso scambio.
Il Redentore e Salvatore del mondo, risorto ed
asceso al Padre in corpo anima e divinità, da un lato, soffre
ogni limitazione e sofferenza di ogni essere umano (=prezzo della
redenzione), e dall’altro, trasmette gratuitamente ad ogni
essere umano (con la sola auto-esclusione dei reprobi che seguono
sorte diversa di cui diremo) sia la liberazione da ogni limitazione e
sofferenza che la Sua resurrezione ed ascensione al Padre (=salvezza
definitiva dell’umanità nella sua integrità di anima e di corpo).
Incarnandosi, l'unigenito Dio Figlio di Dio
assume su di Sé la natura umana unendola in modo irreversibile
(=sostanzialmente) – pur senza confonderla - alla Sua Natura divina. Ma
non nel senso però che Egli, come ogni essere umano, appartenga alla
natura umana che Lo condiziona, ma nel senso che la natura umana
appartiene a Lui per cui può mettersi al posto di ogni essere umano cui
essa è comune quando opera come Redentore e mettere ogni
essere umano redento al posto Suo quando opera come Salvatore.
Il tutto senza annientare l'uomo
in Dio e senza confondere Dio nell'uomo.
Ma come può essere, ci si
potrebbe chiedere ancora che Cristo possa espiare in anticipo -
annientandola a favore degli esseri umani che verranno dopo di Lui e che
quindi non sono venuti ancora in esistenza – anche la sanzione della
separazione da Dio che consegue ai loro peccati personali, posto che nei
confronti di costoro, non essendo appunto venuti ancora in esistenza – Dio
non può prevedere come eserciteranno il loro libero arbitrio?
Si risponde a questa domanda tenendo presente
che, soprattutto per l’opzione diabolica acquisita da satana sulla
inclinazione congenita della natura umana al male, nessun essere umano viene
concepito esente dalla propensione ego-versa a peccare, ossia a separarsi da
Dio omettendo di fare la Sua Volontà per fare la propria, per cui è facile
prevedere anche sulla base delle strutture istituzionalizzate di peccato che
si sono venute determinando nella società umana come si comporteranno gli
uomini verso Dio.
Ma
a parte questo, l'Unigenito Figlio di Dio facendosi uomo in Gesù (con
tutto ciò che ne è derivato fino alla Sua discesa vittoriosa all’inferno)
– realizza - pur NON perdendo la Sua identità di Figlio di Dio e di Maria –
un’impensabile movimento di autoriduzione (i Padri
della Chiesa parlano di “Kenosis” = svuotamento)
che basterebbe a redimere in modo sovrabbondante non soltanto
il mondo umano ma mille altri mondi, se fosse stato necessario.
Anche se, come
vedremo subito appresso, c’é purtroppo chi – seppur ampiamente redento da
Cristo, non può accogliere, per come si è liberamente comportato in questo
mondo, la redenzione salvifica di Cristo nell’eternità dell’Aldilà.
La Redenzione è quindi il prezzo
elevatissimo per il riscatto del genere umano
che l’uomo-Dio ha voluto pagare alla Sua Giustizia distributiva per
estendere in modo sovrabbondante la Sua gratuita Misericordia di perdono che
è tendenzialmente infinita.
Prezzo carissimo quindi che Dio ha
umilmente pagato di Persona, espiando nel Figlio Suo unigenito che
si fa uomo tutte le angosce esistenziali di tutte le separazioni da Dio di
tutti i peccati mortali commessi da ogni essere umano: da Eva ed Adamo
compresi fino alla fine di questo mondo per quello della nuova Creazione.
Per questo l’uomo-Dio è Redentore e Salvatore
del mondo, o, per meglio dire è: Redentore (Colui che toglie i
peccati del mondo) e contestualmente Salvatore, Colui che
divinizza ed eleva nel Riposo trinitario di Dio (nella Casa del Padre Suo…in
Paradiso, in Cielo) tutte le anime di coloro che nell’eternità
dell’Aldilà possono accogliere i frutti della Sua attiva redenzione
salvifica.
Attenzione però che non si
tratta di prezzo pagato dal Redentore a satana per redimere da satana il
genere umano e poterlo cosi elevare fino a Dio: Tutt’altro! Satana – come
precisa Gesù stesso - NON ha alcun potere su di Lui (Gv 14,30-31) anche se
Lo tenta con tutte le corruzioni (Lc 4,1-13) e lo perseguita fino ad
ucciderlo mediante crocifissione (Lc 22,1-6). Anzi, cosi facendo satana -
lo ricordiamo - altro non fa che facilitare il Redentore nella Sua opera di
redenzione misericordiosamente gratuita per l’umanità ma anche perfettamente
giusta per la Trinità in quanto pagata di Persona dal Figlio di Dio
fattosi uomo anche per questo.
> Maria, la nuova Eva - senza inclinazione
congenita al peccato discendente da quello originale e senza peccato
personale alcuno - è la nuova madre di tutti i viventi di una nuova
creazione dell’universo (cfr.: Gn 3,20).
L’incipit del cristianesimo
in questo mondo, ossia l'inizio della Vita pubblica di Gesù Cristo, che
rivela la Sua Persona da adorare ed imitare, è Maria.
É lei infatti che invitando i servi a fare
quello che il Figlio diceva loro di fare ed esortando il Figlio a fare il
Suo primo miracolo, quello del vino - è cioè ad annientare nel nulla la
realtà dell'acqua presente nelle giare ed a sostituirla con quella fatta dal
nulla del vino - dà inizio con un miracolo che solo Dio può fare e far
fare alla diffusione del Regno di Dio, che è Cristo, in questo mondo.
Prima di morire, tra gli spasimi crudeli dalla
croce dalla quale pendeva, indicò ai suoi veri discepoli colei che fin da
questo mondo – sarà la loro vera madre, costituendo in modo eminente
Maria, Sua madre, in nuova Eva, in nuova madre cioè senza peccato di
tutti gli esseri umani in sostituzione della vecchia Eva peccatrice
(Gv 19,25-27).
Va ritenuto quanto in
proposito fa rivelare l’Abate Guerrico che dice:
«Generando Gesù Cristo, che è il capo di tutti i cristiani, la vergine madre
Maria è diventata madre di tutti i cristiani. Se infatti un «servo di
Cristo, come San Paolo» può dire di generare i suoi figlioli in Cristo per
le premure e l'amore che porta loro
(cfr.:
Gal 4,19: «figliuoli miei, che di nuovo io partorisco nel dolore finché sia
formato Cristo in voi»),
quanto più la madre stessa di Cristo.
Infatti
Paolo li ha generati predicando la Parola; Maria invece li genera generando
lo stesso Figlio di Dio
(se non ci
fosse stato Cristo che si e fatto uomo per il “SI” di Maria non ci sarebbero
di certo stati nemmeno i cristiani, Suoi fratelli).
Io lodo certo
in Paolo il ministero della predicazione, ma ammiro e venero di più in Maria
la realtà della generazione».
Noi cristiani perciò
(e
non solo noi: perché, in ordine all’esito finale, la redenzione di Cristo è
- con la sola auto-esclusione dei reprobi - universale)
siamo in modo eminente e
fin da
questo mondo
in
gestazione da Maria - sia spiritualmente
per quanto concerne la riedificazione dell’anima mediante lo Spirito Santo
di cui ella è dispensatrice, sia anche
corporalmente
alla fine dei tempi per quanto riguarda la resurrezione
gloriosa dei corpi che si leveranno trasfigurati in conformità a quello di
Gesù Cristo Risorto.
Traguardo quest’ultimo che l’umanità - con la
sola auto-esclusione dei reprobi – raggiungerà alla fine di questo mondo per
quello della nuova creazione in Dio. Traguardo che però Maria ha ormai
raggiunto, essendo stata assunta anche col corpo nell’intimità trinitaria di
Dio, alla Destra del Figlio Suo e di Dio, Gesù Cristo, già alla fine del
corso della sua vita terrena.
Si capisce allora pienamente – lo si sappia o
meno – che non si può essere veri cristiani senza essere veri mariani.
Grazie Maria, Madre dell’uomo-Dio e
Madre di ogni essere umano che per incarico del Figlio tuo e di Dio rigeneri
in figli di Dio i figli degli uomini (Gv 1,12-13),
prima, nell’ordine dello Spirito fin da qua, e poi, anche nell’ordine del
corpo che risorgerà glorioso in un Universo nuovo di una nuova creazione del
mondo iscritta per sempre nell’eternità trinitaria dell’Aldilà ove è gioia
di Vita divina e fecondità senza limiti beata.
> Chi sono i reprobi?
Questo – ovviamente NON vuol dire che la
redenzione e la salvezza – che per l’umanità sono comunque gratuite e
immeritate - siano automatiche ed accessibili anche a coloro che
responsabilmente muoiono nell’impenitenza finale da peccato mortale.
No, esse sono certamente gratuite ma non automatiche!
Abbiamo – al contrario - mostrato come la
Rivelazione attesti che per coloro che muoiono nei loro peccati come tali
conosciuti esiste una dimensione di esistenza, un Regno, un modo di
esistere eternamente tragico che è caratterizzato dalla
definitiva perdita di Dio, chiamata inferno (“Fuoco eterno,
geenna).
Tale modo di esistere eternamente tragico dura
per sempre (Mc 9,47-48) e coinvolge – prima l’anima – subito dopo la morte
del corpo, e poi anche il corpo alla resurrezione universale dei corpi
(cfr.:Mt 25,41), per cui c’è una resurrezione beata ed una
resurrezione dannata dei corpi.
Entrambe le resurrezioni avverranno quando Dio
decreterà, con la fine dell’accoglimento umano della Sua redenzione
salvifica, la fine di questo mondo…..
Rivela infatti Gesù in merito:
«Non vi meravigliate
di questo, poiché verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri
udranno la voce del Figlio dell'uomo e ne usciranno
(=risorgeranno):
quanti fecero il bene, per una resurrezione di Vita (eterna
in Dio) e quanti fecero il male, per una resurrezione di condanna
(vita eterna fuori di Dio, detta anche. “morte eterna”)» (Gv 5,28).
Quindi
pur avendo Cristo redento ogni essere umano, non
ogni essere umano può accogliere, nel trapasso dall’Aldiquà all'Aldilà, i
frutti della Sua redenzione salvifica, ma solo chi ha fatto il bene.
Dopo la caduta originaria,
ogni essere umano concepito in questo mondo è
da Dio – col dono del libero arbitrio - posto nella condizione – come
abbiamo già mostrato - di poter accogliere nell’Aldilà ultraterreno i frutti
della Sua redenzione salvifica a partire dalla sua anima, MA ad un’unica
condizione:
- che la morte non
l’abbia colto in un atteggiamento di deliberata contrapposizione a Dio,
ossia nell’impenitenza finale di peccato mortale, conosciuto come tale
(Mt
24,42; 25,13; Mr 13,35; Lc 12,40; 21,36; Gv 8,24), vale a dire:
facendo il male morale, chiamato “peccato”. Parola che sembra derivi
etimologicamente da “peccus”= “sbagliato di piede”= proprio di chi si
mette nelle condizioni di mancare il raggiungimento di un traguardo
fondamentale per la sua vita stessa, in quanto, trovandosi in mezzo ad una
foresta, esce volontariamente dal sentiero rettamente tracciato per
raggiungere la salvezza rischiando di perdersi in mezzo a essa… In modo
analogo, sembra, “mancus” significa “mancino”= “sbagliato di
mano”, maldestro.
Si tratta di tutti
quegli esseri umani che – abusando del dono divino del proprio libero
arbitrio – hanno gravemente peccato facendo coscientemente la propria
volontà perversa fino al disprezzo di quella di Dio (omicidi, ladri, falsi
testimoni, lussuriosi, adulteri, avari o prodighi…)
Sono queste le anime dei
reprobi, ossia di coloro che non potendo accogliere per come si sono
comportati in questo mondo i frutti della redenzione salvifica di Cristo
nell’altro, vengono per sempre rigettati all’inferno..
Ma come avviene che queste anime – pur
se così si sono comportate nell’Aldiquà - non possono mai più accogliere i
frutti della redenzione salvifica di Cristo nell’Aldilà, restando quindi
fuori per sempre (cfr.: Mr 9,47-48, Mt 18,8;
25,46…) dalla Vita eterna in Dio per un’altra vita
eterna fuori di Dio, che in realtà è una morte spirituale eterna?
Non possono in eterno accogliere nell’Aldilà i
frutti della redenzione e quindi la salvezza del Cristo perché,
queste anime - che escono da questo mondo ed entrano nell’eternità schiave
responsabilmente di satana, ossia in aperta contrapposizione a Dio ed unite
a satana nel peccato di morte spirituale, eterificano questa loro situazione
esistenziale restando eternamente separate da Dio e schiave di satana per
sempre.
E questo avviene perché alla capacità d’amare
dell’anima umana – divenuta ormai preda di satana – rimane per sempre la
congenita inclinazione alla superbia di vita discendente dal peccato
originale. Ne consegue che è essa stessa a non desiderare mai alcun
rapporto con Dio allo stesso modo di satana e dei suoi accoliti ex angeli.
Sarà anzi predisposta a portare – in modo uguale a satana ed ai suoi demoni
- un odio inestinguibile verso Dio e l’uomo che Dio ama.
E tutto ciò malgrado soffra le” pene
dell’inferno” vale a dire l’angoscia esistenziale dell’eterna ripetizione
di una vita immortale MA ciclicamente sempre uguale, perché vissuta
fuori dalla partecipazione alla infinità novità\felicità della Vita
sempiterna - ma sempre nuova - di Dio dentro Dio.
Ecco perché questi peccatori
duri di mente e di cuore che – mentre vivono in questo mondo - usano
male del loro libero arbitrio e responsabilmente non si pentono dei
loro peccati lasciandosi cogliere dalla morte corporea in
contrapposizione con Dio (Mt 24,42; 25,13; Mr 13,35; Lc 12,40;
21,36), ovvero nell’impenitenza finale anche se di un solo peccato
mortale (Gv 8,21-24), restano eternamente fuori di Dio
all’inferno (Ap 20,14-15) assieme a satana ed agli
altri spiriti malvagi in rivolta contro il loro Creatore (Ap
12,7-9).
Costoro non
potendo accogliere i frutti della Redenzione salvifica del Cristo perdono
prima la Salvezza dell’anima e poi anche quella del corpo, rendendo così
inutile il Suo Sacrificio di redenzione per loro.
Questo modo
di esistere infernale viene descritto dall’Apocalisse come “stagno di
fuoco e zolfo”: immagine che evoca la sterilità infeconda
della dannazione eterna, di una vita subumana (cfr.: Ap 19,20;
20,10.14.15; 21,8), cioè, detta anche “seconda morte”
(Ap 20,14) o “morte eterna” (a Dio). Essa nei Vangeli è
raffigurata come “Geenna”, ossia come il luogo sotto
Gerusalemme ove veniva bruciata la spazzatura (cfr.: Mt 5,22; 10,28; 18,9;
Mc 9,43-48, che cita: Is 66,24).
Dei reprobi è scritto così nel Libro
dell’Apocalisse: «Ma per i vili e gli increduli, gli abbietti
e gli omicidi, gli immorali, i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i
mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. E questa la
seconda morte», vale a dire l’eternità del modo di esistere infernale, o
Regno di satana. La morte eterna (Ap 20,8).
A conclusione del Suo primo Avvento, dunque,
Gesù Cristo - dopo aver pagato il prezzo del riscatto (redenzione) - apre le
porte del Cielo nell’eternità dell’Aldilà sia a tutte le anime di
quegl’esseri umani del limbo\inferi che Lo hanno preceduto in questo mondo
(At 2,27-28; 1Pt 4,6; Ap 1,18; cfr.: CCC, nn. 632-637) sia a
quelle che sono venute e verranno dopo di Lui fino alla fine del mondo
(con la sola auto-esclusione - purtroppo - dei reprobi): l'angelo con
la spada folgorante che - fin dalla caduta genesiaca - custodiva la via
all'albero della Vita, ossia l'accesso alla vera Vita eterna, quella di Dio
dentro Dio, viene tolto (Gn 3,24).
> L’Aldilà delle anime dei
trapassati dopo l’incarnazione e la redenzione salvifica di Cristo.
In conclusione, facendosi
Causa efficiente di redenzione e salvezza dell'intero genere umano e del suo
mondo, l'uomo-Dio, Gesù Cristo ha reso possibile ad ogni essere umano
di qualsiasi tempo e di qualsiasi luogo - con la sola
auto-esclusione dei reprobi (=peccatori impenitenti di cui abbiamo detto)
- di potere nell'eternità dell'Aldilà accogliere – per
partecipazione gratuita – i frutti della Sua redenzione salvifica.
A tal fine
Egli ha riaperto loro le porte del Cielo (= Paradiso... intimità
trinitaria di Dio... pienezza della Suo Regno o modo divino di esistere...
Visione beatifica di Dio ecc.) - che erano rimaste chiuse (Gn
3,24) fin dal peccato (Gn 3,1-8) e dalla caduta (Gn 3,16-24) originali.
Dopo il compimento della redenzione salvifica di
Cristo con la Sua ascensione al Cielo da risorto (At 1,9) e fino alla
resurrezione universale dei corpi con la fine di questo mondo per quello
della nuova Creazione (Ap 21,1-5), la situazione esistenziale umana
dell’Aldilà cambia nel senso che gli inferi finiscono – e - a
seconda se l’anima è capace di accogliere la redenzione salvifica di Cristo,
oppure no, essa o viene accolta in Cielo passando anche, se
necessario, da una specie di anticamera purificatrice per il Cielo, detta
Purgatorio, oppure precipita nel regno
eterno di satana, all’ “inferno” dal quale non si esce MAI PIU.
> Maria assunta in Cielo in corpo, anima e
santità.
Dunque Gesù ha mantenuto la
promessa che prima di essere crocifisso – parlando con i Suoi discepoli –
aveva fatto a tutto il mondo dicendo loro: «Nella casa del Padre mio
vi sono molti posti. Se no, ve lo avrei detto. Io vado a prepararvi un
posto.....» (Gv 14,2).
Questo “posto”
è il Cielo alias la dimensione d’esistenza trinitaria di Dio, alias il
Suo riposo del settimo giorno di cui si parla nella Genesi (Gn 2,2-3), alias
il Regno di Dio nella Sua pienezza, di cui parla Cristo, e quindi Cristo
stesso che dimostra evidentemente di esserlo. Sono tutte espressioni che
vogliono indicare lo stesso concetto:
Il Redentore - con la Sua
Resurrezione ed Ascensione al Padre dopo la Sua innocente e tremenda
espiazione vicaria riguardante ogni conseguenza di male a cominciare da
quello morale del peccato mortale (Gv 13,33) - ha redento il mondo e
l’ha gratuitamente salvato aprendo all’umanità l’accesso alla Sua
divina dimensione trinitaria di Esistenza – o Regno (Gv 14,2). Accesso che –
lo ricordiamo – era rimasto sbarrato fin dal peccato e dalla caduta
originali
Non solo, ma, dopo aver
detto: «vado a prepararvi un posto», ha aggiunto:
«quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò (si
tratta della seconda venuta di Cristo della fine di questo mondo per quello
della nuova Creazione) e vi prenderò con me, perché siate anche voi
dove sono io (dopo la Sua resurrezione ed ascensione al Padre)» (Gv
14,3)
Maria ha già raggiunto
questo definitivo traguardo finale.
Finito infatti il corso
della Sua Vita terrena, Maria è l’unico essere umano che non è
morto – ossia la sua anima non si è separata dal suo corpo
rimasto nel sepolcro - ma ella è stata assunta in anima e corpo
direttamente laddove è suo Figlio risorto ed asceso al Padre (cf DS
3900-3904; FCC 5.027-5,030).
Situazione esistenziale di
piena beatitudine celestiale che l’umanità di tutti coloro che potranno
accogliere i frutti della redenzione salvifica di suo Figlio Gesù e vivono
provvisoriamente come angeli in Cielo potranno appresso a Maria
raggiungere allorquando Egli verrà di nuovo alla fine di questo mondo
per la resurrezione universale ed il Giudizio finale.
In pratica, Gesù, attraverso
i Suoi discepoli, fa al mondo la seguente promessa:
«Vado a prepararvi un posto in Cielo
affinché dopo la vostra morte possiate vivervi come angeli di Dio; poi, alla
parusia (seconda venuta
di Cristo alla fine dei tempi e nella gloria della Sua resurrezione a tutti
visibile), quando farò
risorgere i vostri corpi nella trasfigurazione gloriosa dell'immortalità,
verrò di nuovo e vi prenderò con me affinché siate anche voi dove sono io,
ossia: nei nuovi cieli e nuova terra del nuovo mondo della nuova Creazione
culminanti in un nuovo paradiso terrestre ed iscritti per sempre nella mia
intimità trinitaria» (Gv 14,2).
Abbiamo allora fin qui mostrato - come avevamo
premesso e promesso - che cos’è la creazione (fare
MIRACOLOSAMENTE dal nulla la realtà dell’esistenza), che cos’è la
salvezza (la partecipazione del genere umano all’Assoluto, la sua
elevazione al Cielo e cioè alla felicità\fecondità senza fine della Vita
trinitaria di Dio dentro Dio, alla pienezza del Suo Modo di esistere o Regno
di Dio, di cui Gesù Cristo ha mostrato in Sé stesso il massimo di quello che
di tale Regno possiamo capire mentre viviamo ancora nella dimensione di
esistenza caduta e provvisoria di questo mondo), che cos’è il
peccato (vivere, finché ancora si vive in questo mondo, in
contrapposizione alla Volontà di Dio, ossia in modo irreligioso o empio),
donde esso trae origine (da satana che l’ha inaugurato,
inaugurando l’inferno), e come, Gesù Cristo, liberando il genere umano da
satana che lo tiene in cattività col peccato, lo redime, e, se ciascun
essere umano non muore impenitente da peccato mortale e può quindi
accogliere i frutti della Sua redenzione, lo salva rendendolo uguale agli
angeli in vista della sua gloriosa resurrezione corporea.
Abbiamo con tutto ciò anche chiarito in
che senso l’uomo-Dio col Sacrificio di Se stesso al posto di quello
dell’intera umanità salva il mondo dai suoi peccati consentendo
all’anima di ogni essere umano che non muoia in peccato mortale
conosciuto come tale di poter accogliere nell'eternità
dell'aldilà i frutti della Sua redenzione salvifica. Per essi
l’anima viene rigenerata esente dalla sua congenita
inclinazione a peccare discendente dal peccato originale, riportata
alla sua originaria immagine e somiglianza col suo Creatore, divinizzata
(=inabitata dallo Spirito Santo-Dio) ed assunta infine nella
intimità trinitaria di Dio (=Cielo, Paradiso, etc..) in vista della
resurrezione gloriosa del suo corpo per un nuovo mondo di una nuova
Creazione, ove il Bene sarà per sempre separato dal male perché in
esso avrà stabile dimora la Santità di Dio (cfr.: 2Pt. 3,13).
L’uomo-Dio - che ha
unito alla propria Natura divina quella umana di Maria – è il prototipo
della nuova umanità e fa da ponte tra l’uomo e Dio al fine di elevare l’uomo
a partecipare per grazia dell’onnipotenza trinitaria di Dio dentro Dio.
Certo: è Dio che è tutto e
precede e sostiene tutto, ma l’uomo appresso a Dio può – per Dio – entrare a
far parte di ogni beata novità della Sua Vita sempiterna perché è Dio stesso
a servirlo al banchetto della vera esistenza, quello della beatitudine senza
fine (cfr.: Lc 22,28-30).
Gran Destino questo, di una importanza colossale
per il genere umano in generale e per ognuno di noi in particolare. Siamo
infatti destinati a diventare déi in Dio, partecipi per
grazia dell’Assoluto. Chi si comporta in questo mondo in modo tale
da non poter prendere nell’altro questo treno, rimane nel quasi nulla di chi
– vittima della sua prevalente superbia – aveva preteso di farsi dio da sé:
dio senza Dio e contro Dio, come satana.
> I 40 giorni dell’attività terrena di Gesù
risorto: “E’ questo il tempo.. ?! “.
Gesù - dopo la resurrezione
- si mostrò vivo agli Apostoli con molte prove, apparendo loro per 40 giorni
e parlando loro del Regno di Dio,
In una di queste riunioni
pedagogiche, dopo la Sua resurrezione, «mentre si trovava a pranzo con
loro, ordinò ad essi di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che
si adempisse la promessa del Padre, quella, Egli disse, che voi avete udito
da me: - Giovanni ha battezzato con acqua (battesimo che - sempre
per Cristo - annienta i peccati commessi di cui ci si pente, aprendo la
strada alla Sua accoglienza), voi invece sarete battezzati in
Spirito-Santo-Dio, tra non molti giorni» (At 1,4-5).
Essendosi
ancora una volta venuti a trovare insieme a Gesù risorto, gli apostoli Gli
chiesero se era quello il tempo in cui Egli avrebbe «ricostruito Il
regno di Israele» (At 1,6).
Questa domanda viene posta
dagli Apostoli (cfr.: Atti 1,2-3) a Gesù mentre Egli si accinge a ritornare
al Padre dopo aver compiuto la Sua missione per la quale incarnandosi era
disceso da Lui.
Missione pienamente
compiuta (cfr.: Gv19,28-30) e costituita - come sappiamo - dalla redenzione
dell'intero genere umano allo scopo di salvarlo in Dio con la sola
auto-esclusione dei reprobi. Salvezza che avrebbe elevato l’uomo a vivere,
prima, uguale agli angeli del Cielo, e poi, alla seconda
venuta del Cristo – quella del Cristo risorto – anche col corpo, che – in
quanto figlio (adottivo) di Dio - sarebbe risorto come quello del Figlio
naturale di Dio e di Maria (cfr. tra l’altro in particolare: Lc 20,28-38).
Questo processo però pur non
durando indefinitamente non sarebbe stato né immediato né automatico, ma
avrebbe raggiunto la sua completezza finale nella “pienezza dei tempi” con
la seconda venuta di Cristo risorto. Questi “così come
all’Ascensione, era stato visto elevarsi verso il Cielo da quei pochi uomini
di Galilea Suoi discepoli storici di allora, allo stesso modo sarebbe stato
visto un giorno ridiscendere dal Cielo” (cfr.: Atti 1,11 e la
parte finale del “Credo”)
A questo proposito va detto
che prima della Sua ascensione al Padre in corpo risorto, anima e Divinità
(Atti 1,9), Gesù Cristo dopo la Sua resurrezione è rimasto 40 giorni ancora
sulla terra per spiegare a discepoli e ad apostoli tutte queste cose (Atti
1,3). E’ da presumere quindi che essi fossero stati ben istruiti
sull’argomento, anche se non era avvenuta ancora l’effusione pentecostale
dello Spirito Santo, che, in costanza della loro fede nel voler imitare
Cristo, avrebbe reso possibile tale imitazione
fino ai più alti livelli miracolosi registrati nei Suoi Santi.
E’ certo però che se tutto
Israele si fosse allora convertito la diffusione planetaria del Regno di
Cristo si tutta la terra, che è condizione della Sua venuta finale
per la resurrezione “della carne” (V “Credo”), si
sarebbe già verificata, mentre è ancora da verificarsi per tutto
ciò che di diabolico è derivato ed ancora deriva da quell’originario,
ingiustificato rifiuto ebraico di quei tempi fondanti.
La domanda posta dagli
Apostoli circa la restaurazione del Regno di Israele non ha più quindi
attinenza alla sorte politica dello Stato teocratico che era
allora vigente in Israele, pur occupata dai Romani (ai quali per altro
interessava soltanto che venissero pagate le tasse d’occupazione), ma
si riferisce - stante anche a come risponde ad essa il Signore Gesù – alla
conversione prioritaria di tutto Israele di allora che era (ed è ancora)
considerata propedeutica a quella dell’intera umanità (cfr.: Mtt
15,21-28).
In pratica gli Apostoli - che dovevano andare per il mondo a
convertire il mondo, sapendo che tale universale conversione a Cristo quale
unico e solo vero Dio in tre divine Persone doveva essere preceduta ed
enormemente facilitata da quella di tutto Israele a cominciare dai suoi capi
politici e religiosi - chiedevano a Cristo se
fosse stato quello il tempo in cui Egli avrebbe fatto in modo di operare la
conversione di tutto Israele prima di cominciare la loro opera di
catechizzazione del mondo.
Non si chiedeva quindi a Gesù risorto e chiamato “Signore” –
ovvero ormai conosciuto quale Dio - del
ripristino dello Stato di Israele con la fine dell’occupazione romana,
ma la conversione spirituale di Israele a quel Dio che si era fatto
conoscere come il vero Dio, anche perché Gesù in altra occasione aveva già
anticipato loro la messa a sacco di Gerusalemme, del cui Tempio non sarebbe
rimasta pietra su pietra (Mt 24,2; Mr13,2; Lc 21,6).
Gesù infatti
rispondendo su questa linea interpretativa alla domanda dei futuri Apostoli
rende loro noto che neanche la conversione di Israele sarebbe avvenuta
automaticamente per intervento divino, ma solo per libero convincimento,
come quella di tutti gli altri popoli del mondo.
Ne conseguiva che - sia pure con la forza onnipotente dello
Spirito Santo che sarebbe gratuitamente sceso
su di loro
- spettava (e spetta) agli apostoli il compito di convertire il mondo a
cominciare da Israele, passando ovviamente oltre (Samaria e fino agli
estremi confini del Regno) se tale conversione prioritaria di tutto Israele
(come in effetti capitò) non si fosse liberamente realizzata.
Nel qual caso il
popolo eletto da Dio fin dall’antichità avrebbe per il solito “piatto di
lenticchie” perso la Sua primogenitura. Circostanza questa peraltro che
Gesù - in modo particolare con la parabola del banchetto di nozze del Figlio
del Re, disertato dai primi invitati (Mt 22, 1-10) - aveva già prefigurato
agli scribi ed ai farisei ebrei di quei tempi e di tutti i tempi.
Questo in concreto può voler dire che se quella
conversione ebraica ci fosse stata così come era fortemente auspicato dal
Cristo, Dio avrebbe certamente con la Parusia già chiuso questo mondo per
quello della nuova Creazione iscritto per sempre nella Sua intimità
trinitaria.
In esso allora anche noi -
che a nostro rischio e pericolo viviamo ancora nella vale di lacrime di
questo mondo, saremmo esistiti, perché
saremmo stati concepiti in Dio al modo di Dio – ossia come Gesù da Maria -
sia in anima come in corpo.
Comunque sia, considerando che
molti Ebrei di allora
- anche se non tutti e tra questi purtroppo il gruppo dirigente di allora
che era prevalentemente in mala fede – avevano
creduto alla Buona Notizia,
la diffusione cristiana diretta ai non ebrei - malgrado l’opposizione e la
persecuzione dei potentati ebraici di allora - si verificò in modo
indubbiamente sorprendente.
Per questo – non a
torto - si considerò allora, malgrado l’inconversione ebraica, imminente la
conversione di tutto il mondo, e quindi imminente la venuta finale di
Cristo.
Ma fu un’illusione, sia pure giustificata dagli eventi, ma
poi corretta da Pietro (cfr.:2Pt 3,3-10), perché il processo di
mondializzazione del Cristo subì a seguito dei successi iniziali un
rallentamento, quando addirittura non anche un arretramento (vedi ultimo
capitolo di questa sintesi) dilatandosi nel
tempo di generazione in generazione fino a ancora ai nostri giorni.
E mentre il popolo di Israele nel suo complesso rimane ancora
fuori dal Regno di Cristo sulla terra, a coloro che oggi si fanno la domanda
degli apostoli storici di allora, Cristo non risponde che con le stesse
parole di allora: «Non sta a voi conoscere i
tempi e di momenti
(= la data precisa) che il Padre ha riservato
alla Sua scelta.
Pur nondimeno, non vi scoraggiate, ma sappiate
che voi stessi potete affrettare
(e
purtroppo anche ritardare, come è successo ed ancora succede)
questo evento di conversione planetaria
(che
presuppone però quello di tutto il popolo ebraico)
perché riceverete potenza dallo Spirito Santo
(che è
Dio)
e mi
sarete testimoni
(=
potrete imitarmi) a Gerusalemme, in tutta la
Giudea, la Samaria e fino agli estremi confini della terra»
(Atti
1,7-8).
Dopo di ciò, fu elevato in Alto sotto i loro
occhi ed una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano
fissando il cielo mentre Egli se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti
si presentarono a loro e dissero:
«Uomini di Galilea, perché state a
guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato tra voi assunto fino al Cielo,
tornerà un giorno allo stesso modo in cui lo avete visto andare in Cielo».
Si conclude così con la Pasqua di resurrezione
ed ascensione al Padre dell'uomo-Dio, la penultima fase della Storia della
salvezza, durante la quale abbiamo ricordato, insieme con San Tommaso, che
Gesù Cristo si è fatto Causa efficiente di redenzione e salvezza per
l’intero genere umano (con la sola auto-esclusione dei reprobi, di
cui abbiamo detto).
E cosa dobbiamo dire?
Dobbiamo dire:
Grazie Gesù, infinite
grazie, perché con i fatti onnipotenti che ancora fai e fai fare ti sei
fatto e ti fai conoscere quale nostro vero Dio, Che, dopo averci redenti a
carissimo prezzo da satana, hai aperto, con la tua
ascensione al Padre seguita alla Tua resurrezione da ogni morte,
il Tuo paradiso trinitario donando un posto a tutti coloro che. dal primo
Adamo caduto in poi, non sono morti – impenitenti - nei loro
peccati mortali conosciuti come tali (v.: Gv 14,2 + 20,17).
Grazie, infinite
grazie, ancora
perché mediante il dono dello Spirito Santo presente sulla terra dopo la Tua
Ascensione e la Sua effusione pentecostale fai pregustare fin da qua
ai Tuoi chiamati che diventano cristiani il
Tuo Paradiso se essi - corrispondendo con perseveranza al dono
della fede nell’adempimento della Tua Parola scitta nei Vangei,
desiderano, malgrado ogni diabolica opposizione e persecuzione
imitare la Tua Vita terrena. Badando bene che devono collocare tale
decisione esistenziale al di sopra di ogni altra che non presenti le
caratteristiche dello stato di necessità.
È’ questa l'ultima fase della Storia
cristocentrica della Salvezza che comincia con il realizzarsi della promessa
dell'invio dello Spirito-Santo-Dio, che come vedremo non tardò a verificarsi
al 50° giorno dalla resurrezione dell’uomo-Dio.
Tale ultima fase è quella che ancora viviamo in
questo mondo e finirà con la Parusia del Signore Gesù (= seconda venuta di
Gesù Cristo risorto nella gloria a tutti visibile della Sua divina
onnipotenza). Essa è caratterizzata dall’immanenza dello Spirito Santo
Dio in questo mondo e soprattutto sui discepoli di Cristo per elevarli con
la loro libera collaborazione all’imitazione di Cristo come degli altri
Cristi in Cristo
Di questa ultima fase, che
corrisponde alla terza parte dell'opera, parleremo qui di seguito.
CONTINUA SECONDA PARTE DEL LIBRO....
LETTERA AI CRISTIANI DEL XXI
SECOLO
" DALLA GENESI ALL'APOCALISSE
"
Sintesi essenziale della
storia e dell'antistoria cristocentrica della salvezza
di Virgilio Fichera
INDICE
DELL’OPERA
CAPITOLO 1
INTRODUZIONE ALLA TEOLOGIA DELLA CONOSCENZA:
a)
Come il vero Dio prova con evidenza di essere Dio: Che cos’è il miracolo?
Premessa
-
Miracolo e fede: col miracolo si conosce chi è il vero Dio, con la corrispondenza al dono della fede si fa la Sua Volontà.
-
Se Gesù Cristo è realmente Dio, come dimostra, allora la Sua Parola è veramente Parola di Dio, ossia: Verità assoluta.
CAPITOLO 2
INTRODUZIONE ALLA TEOLOGIA DELLA CONOSCENZA:
b)
Storia e contro-storia della salvezza.
Miracoli divini e
prodigi diabolici.
-
Dio e la scimmia di Dio.
-
L’impotenza dell’onnipotenza.
CAPITOLO 3
INTRODUZIONE ALLA TEOLOGIA
DELLA CONOSCENZA:
c) Come anche al di fuori delle descrizioni evangeliche
(v.: n° 1) Gesu’ Cristo continua a dimostrare da 2000 anni a questa
parte di essere Dio e non il “fu Gesu’ di Nazaret”.- Validità
universale della Verità evangelica.
-
Oltre a quelli descritti nei Vangeli innumerevoli sono fino a noi I miracoli fatti e fatti fare da Cristo ai cristiani dopo la Sua resurrezione ed ascensione al Padre. Miracoli e miracolismo. Fede e fideismo.
-
I miracoli eucaristici e quello della sacra Sindone.
-
L’esorcismo è un miracolo.
-
Come le teofanie cristologiche dei miracolii garantiscono la Verità assoluta dei Vangeli che riguardano la Verità – come dice Gesù - “tutta intera” dell’Esistenza, sia di quella increata che di quella creata.
-
Ancora su miracolo e fede.
-
Teofania e Parusia.
CAPITOLO 4
PREMESSA ALLA STORIA
CRISTOCENTRICA DELLA SALVEZZA MEDIANTE LA REDENZIONE:
Metodo di
trattazione e tripartizione dell’opera.
CAPITOLO 5
I^ PARTE
DELLA STORIA CRISTOCENTRICA DELLA SALVEZZA:
Dalla
genesi della prima creazione del mondo culminante nel Paradiso terrestre (Gn
1,1-31 + 2, 1-25) fino alla caduta del genere umano a partire Adamo ed Eva
in questo mondo senza Paradiso terrestre (Gn 9,16-24), e da questa
drammatica caduta esistenziale fino all’Incarnazione (esclusa).
In questa parte
prevale la presenza di Dio-Padre,
la prima Persona divina di un unico e solo ma in Sé non solitario Dio in
tre divine Persone.
-
La perdita del libero arbitrio di Adamo ed Eva dopo la loro seduzione diabolica nel paradiso terrestre.
-
Chi è satana, lucifero, il diavolo, il maligno o comunque lo si voglia chiamare?
-
Il “modus operandi” di satana (la bugia e la violenza) e le categorie degli esseri umani che egli prende particolarmente di mira (“i principi di questo mondo).
-
Cosa vuole satana e come comportarsi per tenerlo a bada. - Il combattimento spirituale continuo.
-
L’opera di satana nel paradiso terrestre della prima creazione “Uni-versale” del mondo. L’inganno del serpente impedisce il disegno salvifico di Dio sul genere umano.
-
Il peccato originale e le sue malefiche conseguenze diaboliche incidenti sulla natura umana di Adamo ed Eva, e quindi poi su quella di tutti gli esseri umani cui essa in seguito alla caduta dal paradiso terrestre divenne comune.
-
La caduta dal paradiso terrestre in questo mondo senza paradiso terrestre, ovvero il depotenziamento antropologico della natura umana – e quindi quello di tutti gli esseri umani cui tale natura divenne comune - in conseguenza al primo Giudizio universale (Gn 3,16-24)
-
Il recupero del libero arbitrio.
-
La croce, la morte ed il recupero del dono divino del libero arbitrio.
-
Ma satana non demorde: l’opera malefica del maligno per impedire e comunque ritardare - anche in questo mondo caduto e privo di paradiso terrestre - l’Incarnazione dell’Unigenito.
-
I due scenari esistenziali fondamentali dopo la caduta.
-
La decadenza nella caduta.
-
Satana diventa “principe di questo mondo”
-
L’antico popolo del vero Dio.
-
Satana beffato
-
L’aldilà delle anime dei trapassati prima dell’Incarnazione di Cristo.
CAPITOLO 6
II^ PARTE
DELLA STORIA CRISTOCENTRICA DELLA SALVEZZA:
Dall’incarnazione del Figlio di
Dio dalla semprevergine Madre di Dio. Maria santissima, fino alla Sua
Ascensione compresa (=resurrezione e ritorno al Padre in corpo anima e
Divinità). In questa parte prevale la presenza di Dio-Figlio,, il Quale
incarnandosi si è fatto Causa efficiente di redenzione e salvezza dell’inero
genere umano e del suo mondo.
-
Le numerosissime, precise profezie sull’Avvento di Gesù Cristo.
-
L’opera di satana durante Cristo e dopo Cristo (in generale)
-
Quando satana seppe del Bambino Gesù.
-
Cristo: missione compiuta!
-
Gesù racconta Se stesso.
-
Il meraviglioso scambio.
-
Maria, la nuova Eva senza inclinazione congenita al peccato discendente da quello originale e senza peccato personale alcuno.
-
Chi sono i reprobi?
-
L’Aldilà delle anime dei trapassati dopo la redenzione salvifica di Cristo.
-
Maria assunta in Cielo in corpo, anima e santità
-
Come Gesù risorto si mostra vivo ai Suoi discepoli ed Apostoli (di ieri, di oggi…)
CAPITOLO 7
III^ PARTE
DELLA STORIA CRISTOCENTRICA DELLA SALVEZZA: L’IMITAZIONE DI CRISTO:
Dalla
effusione pentecostale dello Spirito Santo con la nascita della Chiesa
apostolica e cattolica fino al futuro ritorno a tutti visibile (Parusia)
di Cristo risorto alla fine dei tempi (2Pt 3,10) con il Giudizio
finale, la resurrezione universale e la partecipazione (con la sola
auto-esclusione dei reprobi) alla pienezza della Vita divina (cfr.:
Rm 1,17; 3,21-22; 10,3) in un nuovo mondo di una nuova Creazione iscritto
per sempre nell’intimità trinitaria della Vita eterna di Dio dentro Dio
(cfr 2Pt 3,13+ Ap 21,1-7…). In questa parte - il
cui compimento è stato anticipato dalla Madre di Dio assunta in Cielo in
anima e corpo alla fine del corso della sua vita terrena - prevale la
presenza di Dio-Spirito Santo, la terza Persona divina di un unico e solo ma
in Sé non solitario Dio in tre divine Persone.
-
Premessa
-
Come malgrado tutto si diventa veri cristiani vivendo felici fin da qua in vista di esserlo pienamente nell’eternità divina dell’Aldilà.
-
Cristo Causa esemplare di imitazione per coloro che Egli chiama alla Sua Sequela. Che cos’è l’Amore di Carità. Ovvero l’attitudine fondamentale della Capacità d’amare – o “Cuore” - dell’uomo-Dio?
-
Il comportamento religioso dell’umanità e la Capacità divina d’amare di Cristo detta “Carità” (=Deus caritas est).
-
L’incredulità e la credulità: Miracolo e miracolismo, fede e fideismo.
-
Il tempo della Storia della Salvezza che viviamo è quello post-pentacostale dello Spirito Santo (Dio).
-
Maria madre di Cristo e dei Cristiani e lo Spirito Santo.
-
Lo Spirito Santo e questo mondo.
-
Cristo segno di contraddizione per “il principe di questo mondo”.
-
Perché Cristo vuole essere imitato.
-
L’avvento dell’anticristo della fine, la seconda ed ultima venuta del Cristo, la resurrezione dei morti e la fine di questo mondo per quello della nuova creazione.
-
Il Giudizio finale o secondo Giudizio universale (ossia quello dell’Apocalisse, dopo il primo della Genesi).
-
Questo mondo non finirà per il nulla.
-
Alla fine dei tempi saranno molti quelli che si salvano?
CAPITOLO 8
APPENDICE DELL’OPERA: PERCHÉ ANCORA
ATTUALMENTE I CHIAMATI ALL’IMITAZIONE DI CRISTO SONO MOLTI E GLI ELETTI CHE
LO IMITANO MOLTO POCHI? (Mt 22,14).- QUALI SONO GLI OSTACOLI DIABOLICI PER
UNA PIÙ RAPIDA DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO PRIMA.…TRA GLI STESSI CRISTIANI
E POI IN TUTTO IL MONDO AFFINCHE CRISTO RITORNI PER DAR DEFINITIVO
COMPIMENTO ALLA STORIA CRISTOCENTRICA DELLA SALVEZZA CON LA RESURREZIONE
UNIVERSALE, IL GIUDIZIO FINALE E LA VITA DEL MONDO CHE VERRA’?
-
Premessa
-
La rapida diffusione della Chiesa originariamente fondata da Cristo sotto il manto di Maria e sulla “pietra” di Pietro.
-
“il pesce puzza sempre dalla testa”. L’opera di satana dopo Cristo : 1) i grandi traditori di Dio.
-
” Il pesce puzza sempre dalla testa” . L’opera di satana dopo Cristo: 2) i grandi traditori di Cristo.
-
Il pesce puzza dalla testa. L’opera di satana dopo Cristo: 3) Ancora sui grandi traditori di Cristo. La Chiesa di Cristo dilaniata tra scismi, eresie ed apostasie.
-
Satana ed il rigurgito diabolico di cultura pagana che era morta e stramorta da più di qualche millennio.
-
L’impostura più grave della condivisione cristiana: il fslso “comunismo” di Marx e dei suoi epigoni.
-
Le due bestemmie contro l’evidenza della Verità.
-
La situazione attuale dei popoli anagrafati come “cristiani”
-
”Guai a voi !”
-
Pietro e Giovanni: Rapporto tra gerarchia e santità nella Chiesa terrena di Cristo.
-
Che fare allora per rimuovere lo stallo e propiziare una nuova stagione di Spirito Santo su tutta la Chiesa?
-
”Perché le nazioni si agitarono ed i popoli tramarono cose vane? Si sollevarono i re della terra ed i principi si allearono insieme contro il Signore e contro il suo Cristo?” (Atti 4,25-26)
CONCLUSIONI
Fonte :
Virgilio Fichera , Lettera ai Cristiani del XXI secolo : dalla Genesi all'Apocalisse (aggiornata al 15 ottobre 2009) .
E-mail: virgiliofichera@libero.it . Websito : www.teologiaevita.org .
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